Nell’Estate del 1575 Palermo fu colpita da un’epidemia di peste, le cui origini sono poco chiare: probabilmente il morbo si diffuse in città dall’arrivo di navi e mercanti provenienti da Tunisi o da Alessandria d’Egitto, ma è anche verosimile che la malattia si propagò dalle campagne circostanti, dove erano presenti diversi vivai, fino al tessuto urbano.
In tale situazione, emerse la figura di Giovanni Filippo Ingrassia, protomedico di Sicilia (carica altamente prestigiosa a cui erano legate funzioni relative al controllo dell’attività medica nel Regno), nato a Regalbuto nel 1510, le cui politiche sanitarie permisero di mantenere il controllo della situazione in città, di sconfiggere l’epidemia ed evitare un’ecatombe di grandi dimensioni, tant’è vero che quando la peste fu debellata,i morti si aggirarono intorno ai 3100, un numero relativamente basso.Ma quali furono gli interventi proposti dallo scienziato?
Innanzitutto, Ingrassia ordinò l’isolamento dei malati, facendo costruire lazzaretti e imponendo la quarantena, infatti, aveva intuito la natura contagiosa della malattia, cosa non del tutto pacifica all’epoca. Pertanto, attraverso queste misure, diminuirono drasticamente le possibilità di contagio e sempre a tal fine lo scienziato proibì gli scambi commerciali con l’esterno e il raduno di folle in piazze, strade e luoghi pubblici (ad esempio, vietò le processioni).
Inoltre, decretò l’incendio di tutti quegli oggetti che erano entrati in contatto con i contagiati allo scopo di disinfettare l’interno delle case. Oltretutto, incentivò la sepoltura dei morti al di fuori delle mura cittadine ed emanò una legislazione relativa all’igiene: chiunque non l’avesse osservata sarebbe stato condannato finanche alla forca.
Grazie a questi interventi, nell’Estate del 1576, Palermo era riuscita a sconfiggere l’epidemia. Tali vicende furono raccontate dallo stesso Ingrassia nel suo scritto “Informatione del pestifero et contagioso morbo” nel quale lo scienziato ne sottolinea le caratteristiche, cercando allo stesso tempo di contrastare le credenze dell’epoca, in base alle quali le malattie erano causate dal movimento delle stelle o dall’ira divina o ancora fossero generate da categorie di persone, considerate alleate di Satana, come gli Ebrei o le streghe.
Ingrassia fu un medico stimato e apprezzato non soltanto per il ruolo avuto nell’epidemia del 1575-76 ma anche per i suoi studi, che gli permisero di diventare protomedico di Sicilia. Infatti, nel 1544 il vicerè Pedro de Toledo lo volle all’università di Napoli dove insegnò Anatomia e Medicina teoretica. Qui, si dedicò al perfezionamento delle proprie teorieche furono messe per iscritto in numerosi trattati dove emerge tutta la modernità del pensiero di Ingrassia, attento a neutralizzare molti di quei concetti, di quei pregiudizi e di quelle credenze di cui si nutriva la medicina dell’epoca, sentendo anche l’esigenza di sganciarla dalla filosofia e legarla sempre più alle pratiche chirurgiche. Fu un attento studioso dell’anatomia ossea, concentrandosi sul cranio, lo sviluppo dei denti, sulla colonna vertebrale e sulle difformità tra il bacino maschile e quello femminile.
La notorietà di Ingrassia crebbe fortemente, anche perché riuscì a guarire alcuni pazienti di grande importanza, come il duca di Terranova, la cui fistola toracica non era stata adeguatamente trattata neppure da Vesalio, medico personale di Filippo II.Quest’ultimo, nel 1563, lo nominò protomedico di Sicilia. Inoltre, lo scienziato di Regalbuto si occupò del riordino dei trattati di medicina legale, curando con particolare attenzione il volume delle “Constitutiones”, risistemato e integrato con nuove norme, alcune delle quali regolavano scrupolosamente i vari mestieri dell’area sanitaria: come il medico, il chirurgo, il farmacista, il barbiere, l’ostetrica e il veterinario.
Insomma, Giovanni Filippo Ingrassia fu un uomo di scienza che riuscì a rinnovare gli studi in campo medico, percependo la necessità di avvicinare la medicina alla chirurgia, uno scienziato che diede il proprio importante contributo nel progresso delle conoscenze anatomiche (soprattutto in relazione alle strutture ossee),e nel progressodella legislazione sanitaria (pensiamo, ad esempio, alle norme relative alla medicina legale). Ma soprattutto, contribuì a purificare la medicina da molte credenze di carattere trascendentale e cosmologico, favorendo lo sviluppo di un graduale e parziale cambiamento di cultura e di mentalità: anche in tal senso, fu fondamentale il suo intervento nella peste palermitana, nell’ambito della quale si potettero diffondere più capillarmenteidee come quelle di igiene e prevenzione. Quella di Giovanni Filippo Ingrassia è una storia di scienza, innovazione e progresso,una storia della medicina siciliana che superò ben oltre i confini della Sicilia.