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Si scrive Conte, si legge Renzi: se nasce il governo l’ex segretario Pd si pappa l’Italia

lunedì 26 Agosto 2019

Prodi, Franceschini, i vescovi italiani, le cancellerie europee, a partire da Merkel e Macron: In queste ore sono tantissimi gli ambienti italiani e internazionali che hanno praticamente cinto d’assedio il segretario Dem Nicola Zingaretti, per indurlo ad accettare l’accordo con il Movimento 5 Stelle e soprattutto il nome di Giuseppe Conte quale premier del futuro governo. All’elenco “manca solo Bergoglio” scrive Alessandro de Angelis su “Huffington post”, ma poco ci manca.

Per adesso Zingaretti tiene la posizione, dopo che ieri Fico si è sfilato dall’offerta che gli era giunta dal Pd, di accettare lui l’incarico di presidente del Consiglio di un ipotetico esecutivo giallo-rosa. Il Movimento 5 Stelle targato Di Maio ha respinto al mittente l’eventualità di ritrovarsi il presidente della Camera quale nuovo premier, evidentemente per non rafforzare l’area interna di Roberto Fico che da tempo muove critiche nei confronti dello stato maggiore grillino. E così, muro pentastellato per blindare Conte e caos nel Pd, dove i luogotenenti fedelissimi a Matteo Renzi stanno letteralmente assediando il fortino del segretario Zingaretti, per farlo cedere.

Infatti, a ben guardare, nell’eventualità che il Partito Democratico dovesse accettare il nome di Giuseppe Conte, è chiaro a tutti che si darebbe vita a un governo di fortissima impronta renziana, con i ministeri chiave (questa è la proposta ventilata dal Nazareno) che andrebbero a uomini Dem vicini all’ex segretario e con una sconfitta sul nascere del progetto di rinnovamento del Pd che stava cercando di attuare in questi mesi Zingaretti, per liberare il partito dalla zavorra renziana ancora presentissima nei gruppi parlamentari, dove i fedelissimi del politico fiorentino sono la stragrande maggioranza.

Un governo Conte targato 5 Stelle + Pd, in pratica sarebbe nient’altro che una sorta di “Renzi bis” sostenuto dai 5 Stelle e con Giuseppe Conte (folgorato sulla via dell’europeismo targato Francia e Germania), che da capo di un governo “populista” e di rottura con i vecchi schemi del passato, qual era quello Lega + 5 Stelle, si ritroverebbe a premier di un esecutivo filo-Ue e filo banche, vista la determinante influenza renziana che a quel punto diverrebbe totalizzante. Prova ne è la ventilata nomina di Maria Elena Boschi nella commissione di controllo sulle banche.

Ma c’è di più, lo stesso Renzi (che più volte aveva accarezzato l’idea di creare un nuovo partito più moderato rispetto al Pd), in caso di nascita di un tale governo non avrebbe più alcun interesse a una simile operazione, perchè – come scrive sempre Alessandro De Angelis su Huffington – “l’ex segretario (Renzi) ha capito che se parte il governo non ha più neanche bisogno di fare la scissione. E’ il Pd che, se così dovesse andare a finire, al primo vero passaggio politico si scinde dal suo segretario, tornando sulla linea del precedente”. Insomma, dietro al volto pulito e apprezzato di Giuseppe Conte, ci sarebbe il grande manovratore fiorentino a fare il bello e il cattivo tempo.

Molto più coraggiosa sarebbe per il Pd un’altra mossa. Rifiutare questa ipotesi di governo farlocco che riesumerebbe lo spettro di Renzi e di tutti i suoi e andare alle urne con un patto di governo coi 5 Stelle su alcuni punti cardine, per fermare l’ondata leghista.

Avrà il segretario Zingaretti questo coraggio? O preferirà piegarsi alle pressioni che in queste ore si stanno facendo asfissianti? Fra poche ore lo sapremo.

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