Il Consiglio di Stato non si pronuncia sul caso Airbnb e lo rinvia alla Corte di Giustizia Europea per il giudizio sull’applicazione della cosiddetta cedolare secca da parte di Airbnb. Una decisione, o forse è meglio dire una “non decisione” che indubbiamente non è stata gradita da Federalberghi: “A più di due anni dall’entrata in vigore della norma che ha previsto l’applicazione di una tassazione agevolata al 21% sui redditi da locazioni brevi, Airbnb continua a rifiutarsi di applicare la cosiddetta cedolare secca e di comunicare i dati all’Agenzia delle Entrate”, fa sapere il presidente Bernabò Bocca.
Federalberghi non fa mistero del proprio disappunto e Bocca, senza far troppi giri di parole, sollecita una svolta: “Confidiamo che la Corte di Giustizia metta fine a questa commedia, che vede Airbnb appigliarsi ad ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato. Siamo stanchi di assistere a questa esibizione indecorosa dei colossi del web, che realizzano nel nostro Paese utili milionari ma dimenticano di pagare quanto dovuto al fisco italiano, con un comportamento a dir poco opportunistico”.
“Federalberghi – ricorda Bocca – è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
La questione viene seguita con particolare attenzione in Sicilia, una della regioni dove il turismo ha un ruolo centrale nel panorama economico dei territori e la linea di Bocca viene in particolare condivisa da Federalberghi Taormina, l’Associazione Albergatori di Taormina presieduta da Italo Mennella, che opera nel primo polo turistico siciliano.
“Anziché attendere passivamente l’esito del giudizio per anni, confidiamo che il rinvio possa riaccendere il dibattito e il confronto con gli operatori per una soluzione legislativa più moderna, equa ed applicabile a tutti”, è invece la posizione di Airbnb, che fa sapere di “aver inteso offrire ampia collaborazione al legislatore” e che ha espresso i propri “dubbi sia sulla fattibilità tecnica, sia sulla discriminatorietà e la incompatibilità con il diritto europeo della ‘Legge Airbnb’. E’ evidente che l’attuale impianto non è per nulla adatto allo scopo, largamente condiviso nella società e nella politica, di ravvivare l’economia italiana sviluppando quei pagamenti digitali e tracciati che solo una piattaforma come la nostra garantisce”.
Intanto, sempre a margine del caso Airbnb, anche la Property Managers Italia, principale associazione italiana dei proprietari di appartamenti, sollecita una decisione, ritenendo che questa ordinanza del Consiglio di Stato rischia di allungare in maniera indefinita i tempi di una risposta conclusiva sulla questione. Per questo l’associazione si rivolge direttamente ad Airbnb perché “ponga fine al balletto di ricorsi che va avanti dal 2017, dal Tar del Lazio al Consiglio di Stato”.