Meglio tardi che mai, dicono i saggi: ma realisticamente quanto senso può avere immaginare un futuro meraviglioso a Messina a 50 giorni dalle elezioni e tanto più se la fonte magica dell’onirica proiezione urbanistica arriva dopo 5 anni di Amministrazione?
L’interrogativo è tanto legittimo quanto ineludibile all’indomani della presentazione dello schema preliminare del Piano Regolatore Generale di Messina proposto dalla Giunta di Renato Accorinti a Palazzo Zanca. La visione della Messina del futuro presentata dal sindaco e dall’assessore all’Urbanistica, Sergio De Cola e dal consulente dell’Esecutivo, docente di Urbanistica all’università di Napoli, Carlo Gasparrini disegna la Messina di un domani che rischia evidentemente di finire già in un cassetto il 10 giugno perché un’Amministrazione avrà presumibilmente altri intendimenti.
Le “cinque strategie per cinque città“, tracciate in questa iniziativa, ipotizzano per l’esattezza:
1) Messina città mosaico di paesaggi eccellenti. La forza del paesaggio è trainante, l’agricoltura deve tornare ad avere un ruolo di primo piano;
2) Messina città resiliente ed anti-fragile, in grado di contrastare tutti i rischi, sociali, sismici con la riduzione dell’esposizione ai rischi per le nuove abitabilità;
3) Messina città policentrica rigenerata e abitabile. Ampio uso di rigenerazione della città e di capacitazione sociale ed imprenditoriale. Gran parte della città è stata ricostruita nel dopo guerra e la riqualificazione e riconversione del settore edilizio deve essere orientata al riciclo ed all’innovazione;
4) Messina città snodo, interconnessa e accessibile. Dotata quindi di nuove reti infrastrutturali che tengano conto dei flussi crescenti di persone, merci, informazioni e culture. Ampio spazio deve essere data alla mobilità ciclabile soprattutto per i turisti con fome di bike sharing;
5) Messina città attrattiva, accogliente e creativa. L’obiettivo è renderla innovativa per i turisti. Il settore è in calo costante, a Messina non c’è neanche un albergo a 5 stelle ed anche l’offerta degli alberghi è in diminuzione costante. Capo Peloro potrebbe diventare il cuore di un distretto della creatività artistica e dell’innovazione.
I progetti illustrati prospettano anche un iter di valorizzazione del Parco dei Peloritani, i paesaggi costieri, le eccellenze sui due mari e la ferrovia dismessa che diventerebbe una sorta di greenway, con i torrenti che vengono definiti “infrastrutture blu”.
Ma tra tanti bei propositi, probabilmente, il collante dei “sogni” che si scontrano frontalmente con la cruda realtà odierna è nel crollo demografico a cui sta andando incontro, senza pause, la Città dello Stretto. Prima di portare il paziente Messina in vacanza su Marte, occorre fermare l’emorragia della crisi abitativa, sociale ed economica.
Nel censimento del 2001 gli abitanti erano 252mila 026 a Messina, adesso sono scesi a 235mila 368, con altri 1600 residenti persi tra il 2016 e il 2017. Il crollo demografico che non si presta a molte interpretazioni riflette la crisi economica ed occupazionale che attanaglia il territorio peloritano, dove la classe che prevale attualmente nelle fasce di reddito a Messina ora è quella da 15mila a 26mila euro (27,12%).
Le statistiche sono ancora più terrificanti se si va ricordare che nel vecchio Prg oggi Messina dovrebbe essere abitata da oltre 284 mila persone e all’appello, insomma, mancano 50 mila unità abitative. La Messina delle strategie e delle idee si scontra con la necessità ineludibile di riflettere, prima di tutto, sul perché la gente va via, sul perchè i giovani scelgono una vita lontani dalla loro terra d’origine, e sul perchè l’economia locale è crollata sino a toccare i minimi storici in un territorio che ancora adesso non ha risolto l’atavico problema delle baracche e di una vita dignitosa per una parte dei suoi abitanti.
Messina città attrattiva, accogliente e creativa e attrattiva per i turisti è quello che ci si augura, presto o tardi, avvenga davvero in una città mortificata, senza distinzioni di colori, dalla pochezza assoluta della classe politica che l’ha amministrata senza avere la forza, la lucidità e l’orgoglio di dirimere le criticità di quella che potrebbe e dovrebbe essere una perla del Sud ed invece è rimasta impantanata nel limbo delle città in crisi nera. Serve una scossa di eccezionale concretezza per lasciarsi alle spalle l’apatia collettiva che ha messo le radici nella stagione ultraventennale di una crisi senza fine.