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Per scoprire un buon libro puoi seguire “La Traccia” di Luciano Zaami

sabato 2 Giugno 2018
Traccia 2

La vostra Patti Holmes, generosa più che mai, ha deciso di regalarvi tante emozioni e farvi penetrare dentro “La Traccia“, un romanzo non ancora edito, ma che potrà esserlo anche grazie a voi, che è un vero e proprio mistero che racconteremo, però, senza svelare.

Ne parleremo con l’autore, Luciano Zaami, scrittore nisseno, oggi trapiantato a Bruxelles per lavoro, classe 1979, laureato in Lingue e Civiltà Orientali a Napoli e con una permanenza in Ungheria che, forse, sarà stata la fonte di ispirazione di questa sua opera.

Luciano Zaami

Intanto, prima di conoscere Luciano e sottoporlo al fuoco di fila di domande, penetriamo tra le pieghe del libro in cui trama e ordito, intessendosi, danno un tessuto di grande pregio. Al centro di questa avvincente storia vi è un paese dell’Est Europa non ben identificato e soffocato da una feroce dittatura, a cui si contrappone una strenue Resistenza guidata dal misterioso Lupo, capo carismatico di cui non si conosce l’identità. Qual è il vero motivo che spinge Antonio, il protagonista, a visitare un paese dilaniato da una guerra fratricida?

La Traccia

Qual è il fil rouge che lo lega a Eva, enigmatica creatura; al Maestro, autore dell’opera “La Traccia”, che dà il titolo al libro, e a Lupo, l’uomo senza volto, nascosto sulle montagne, in un quartier generale noto a pochi? E, soprattutto, chi interpreterà il ruolo di “Arianna” che trarrà il protagonista fuori dall’intricato labirinto? Una spy story dal ritmo concitato in cui nulla è come sembra e che ha una vicenda madre che ne contiene altre, perfettamente incastrate come i tasselli di un puzzle.

Numerosi i colpi di scena, che sparigliano le carte, e i personaggi, con un sottotesto che potrebbe sovvertirne il testo, che vi terranno fino all’ultimo col fiato sospeso.

Benvenuto Luciano. La prima domanda che mi viene in mente è da quale esigenza sia nata “La Traccia” e di cosa sia metafora.
“Il senso del libro è racchiuso proprio nel titolo, ovvero l’esigenza dell’uomo di lasciare un messaggio ai posteri, appunto una “Traccia”. E’ un testo molto intenso, dove si intrecciano le vite drammatiche dei personaggi che alla fine hanno solo lottato come tutti per consumare quanto più possibile quel tempo che viene dato ad ognuno di noi, e che cerchiamo di rendere unico”.

La tua fonte d’ispirazione è stato il tuo periodo ungherese, visto che il romanzo è ambientato in un paese dell’Est Europa?
“Mi sono divertito a confondere le carte, i nomi dei personaggi hanno diverse origini, ci sono nomi italiani, slavi, francesi e ungheresi. Volevo che questa nazione fosse senza una precisa collocazione o tempo, però è indubbio che sia stato influenzato da Budapest e dal suo tocco mittleeuropeo”.

A quale genere appartiene? Io l’ho vissuto come una meravigliosa commistione, ma tu, che ne sei il creatore, dove lo incapsuleresti?
“Questa è sempre la domanda alla quale rispondo con maggior difficoltà. Per me quello che importava durante la scrittura non era la trama, che per me rappresentava solo un contenitore, ma le vicende dei singoli personaggi, e soprattutto le storie di quelle persone che compaiono per brevi ma intensi momenti del racconto. Mi piace definirlo un “Noir esistenzialista”, ma sono sempre aperto a nuovi suggerimenti!”

Questo romanzo di cui, essendo fan sfegatata, voglio sapere tutto, ha avuto una lunga incubazione o è sgorgato improvvisamente?
“La Traccia ha avuto una gestazione molto lunga, la prima idea mi venne durante gli anni universitari, agli inizi del 2000, avevo scritto un racconto breve autoconclusivo dal titolo appunto “La Traccia”, che fu poi pubblicato in una raccolta di scrittori esordienti. Nel corso degli anni attorno a quel racconto ho iniziato a costruire una storia più complessa, e per molto tempo ho immaginato cosa potesse succedere in quel piccolo mondo. Fu solo attorno al 2007 che capii che avevo abbastanza materiale per scrivere un romanzo, e quel piccolo racconto è oggi un romanzo”.

Il protagonista è Antonio che, stranamente, si reca in un paese straniero in piena rivoluzione. Senza rivelare troppo, puoi tratteggiare la figura dell’affascinante antiquario italiano?

“Antonio è sicuramente una figura ambigua, come del resto lo sono le altre. Benché cerchi di domare il suo destino ne sarà travolto e potrà solo constatare la fragilità dell’uomo di fronte alla storia”.

Sul suo percorso incontra vari personaggi. Per ognuno ti chiedo una suggestione che lo faccia immaginare ai nostri lettori. Cominciamo con Eva. Di lei scrivi: “Eva sapeva d’autunno, dell’odore dei boschi dopo la pioggia, di tisane in tazze scottanti, tazze che forse lei afferrava con le maniche dei maglioni, mentre i piedi scalzi uscivano dalla lunga gonna rossa”. Qual è il volto di Eva? La cosa strabiliante è che abbiamo pensato alla stessa attrice. Ne riveli il nome e hai incontrato una “Eva” nella tua vita? (Un po’ di gossip non guasta mai).

“Non mi sono ispirato a nessuna persona in particolare, non caratterialmente, credo che Eva sia piuttosto la donna che ancora aspetto. Ha un bel carattere, forte, determinata, molto colta e raffinata, ma nasconde anche una grande fragilità”.

Aspettando Eva, come descriveresti, invece, il Maestro, artista di grande fama?
“Il Maestro è una figura estranea ai fatti che si susseguono. Benchè più volte interpellato da Antonio sulla imminente rivoluzione, lui preferisce dedicarsi alla sua arte. Ma il suo rifiuto non sarà dettato da una leggerezza, ma da una grande disillusione. Come molti, anche lui da giovane aveva lottato per cambiare il mondo, ma si è dovuto arrendere ed è finito così a chiudersi nel suo mondo”.

Personaggio minore, un’apparizione di grande spessore umano, è la signorina Katia che tratteggi così: “Forse per civetteria aveva atteso, come molte fanno, l’uomo giusto, finché un giorno si era ritrovata vecchia e sola”. Nell’immaginarla ti hanno ispirato le tante giovani fanciulle in fiore di una Sicilia che fu, appassite di speranza per un amore mai nato? (La mia parte melassosa ha vinto la fredda razionalità).

“La Signora Katia non ha origini siciliane, ma molto ungheresi. Per il suo personaggio mi sono ispirato ad un fatto realmente accaduto. Anni fa fui invitato da amici a casa loro, la condividevano con il padrone dell’immobile che era un giovane musicista biondo e riccioluto che aveva ricevuto quell’abitazione in eredità dalla sua vicina. In pratica questa signora era una musicista e abitava sola in quella grande casa, così era diventata amica di questo bambino che abitava nel suo palazzo e col tempo credo che fosse diventata come una madre. Alla sua morte lasciò quella casa in eredità al giovane che nel frattempo aveva imparato ad amare la musica. Quello che mi colpì di quella casa è che sembrava di essere tornati indietro nel tempo, infatti ogni cosa dell’arredamento, dai mobili ai quadri, a tutti gli oggetti presenti, erano dei primi del ‘900 e soprattutto ancora in uso, c’erano sparsi ovunque anche fogli e documenti scritti a mano risalenti al secolo scorso, ma tutto in ottimo stato, come se fossero stati appena prodotti, sembrava come se da un momento all’altro la padrona di casa dovesse irrompere sulla scena. Un’esperienza meravigliosa per me che vivo con un piede nel passato. Tra le tante cose c’erano anche le foto della defunta padrona, una donna che da ragazza era stata bellissima, slanciata e bionda, stretta nel suo abito lungo. Guardando quella foto mi sembrava incredibile che non avesse trovato un marito, però così è stato, e di lei restavano solo quelle foto e i tanti oggetti che l’avevano accompagnata durante la sua esistenza”.

Lupo, il capo carismatico e operativo della Resistenza, invece, lo dobbiamo immaginare simile al personaggio di Hermann Hesse, complesso e nascosto sulle montagne, o confuso tra la folla e per questo al sicuro? Puoi anche depistarci, tanto sappi che siamo tutti investigatori e sgameremo il tranello.

“Lupo l’ho sempre immaginato come un antieroe, un uomo con qualche chilo di troppo, di bell’aspetto ma abbastanza ordinario. Di professione fa l’architetto, ed ero incuriosito nel capire come una persona normale possa trasformarsi in un eroe rivoluzionario. Del resto la storia è piena di questi casi, pensate alla seconda guerra mondiale dove sono stati mandati in battaglia geometri, maestri, panettieri, che poi sono stati costretti a vestire i panni del guerriero. Lupo sembra essersi trovato per caso in quel ruolo, ma ha deciso di portare sulle sue spalle il peso di quella responsabilità”.

Ne “La Traccia” il mistero regna sovrano, così come il carico di dolore che avviluppa i protagonisti che, per me, sono descritti così bene da non vederne uno stagliarsi sugli altri, ma tutti parte indispensabile della coralità. Questa condizione di disperazione, che aleggia, è legata alla drammatica situazione circoscritta del libro o è, purtroppo, una condizione che accompagna l’umanità, in questo mare in tempesta che è il mondo in cui vive?
“Credo sia più la condizione dell’uomo, sono le sue paure davanti alla morte. Credo che tutti ogni tanto ci fermiamo, e messi da parte i problemi del quotidiano, ci rendiamo conto che ci toccherà morire. Allora cosa ci resta di un’intera esistenza? Alla fine della corsa saranno più i rimorsi o i momenti felici? Ecco, ne “La Traccia” cerco di delineare questa angoscia che ci accomuna tutti”.

Mi ha colpito un tuo concetto che contrappone “Rivoluzione” ad “Evoluzione” e cade a fagiolo in questo contesto. Vorresti spiegarlo ai tanti Watson che ci leggeranno?
“Nella storia le rivoluzioni sono solo servite a cambiare i vertici del potere, ma di fatto non hanno mai un vero impatto positivo sulle persone. Allora dobbiamo cambiare il paradigma e cercare di evolverci, perchè sono le evoluzioni (in campo, scientifico, tecnico, culturale, etc..) che hanno davvero migliorato il mondo e appartengono al genere umano. Se tendessimo all’evoluzione e non alla rivoluzione, forse avremmo un mondo migliore”.

Siccome vedo “La Traccia” già proiettato sul grande schermo, ti dirò chi ho immaginato nei singoli ruoli e tu mi dirai i tuoi. Eva, Andrea Osvart; il Maestro, Jeremy Irons o Toni Servillo; Antonio, Carmelo Galati, Lino Guanciale o Pierfrancesco Favino; il il dittatore, Luca Zingaretti o Ennio Fantastichini; Lupo, Orio Scaduto, Ninni Bruschetta o Marco Giallini; la signorina Katia, Valeria Fabrizi, Loretta Goggi oppure io, che sono zitella e bionda.  Insomma ho creato il cast; tu, hai degli aggiustamenti?

“Un film sarebbe sicuramente lo scenario adatto a questo testo, credo che i suoi personaggi potrebbero avere degnamente il volto in diversi attori italiani e stranieri. Tutti i nomi da te proposti sono ottime scelte, e in molti casi mi trovi d’accordo, ma credo che parlare di un film sia ancora presto anche se è un bel sogno ad occhi aperti”.

Vedrai che la mia sarà profezia autoavverante. Pur essendo investigatrice inside, ho fiutato, annusato, immaginato di cogliere e, poi, ogni nuovo capitolo mi ha sorpreso e depistato. Insomma, mi hai tenuto dall’inizio alla fine su “La Traccia”. Chapeau, zio Sherlock si complimenta, ma hai avuto uno scrittore come punto di riferimento?
“Quando ho iniziato a scrivere “La Traccia” ero stato colpito da “Il libro nero” di Orhan Pamuk, un romanzo inquietante per certi aspetti, oscuro, con continui cambi di ambientazioni. Anche in questo caso il libro si tinge di giallo, ma quello che resta è Istambul e le sue storie che si intrecciano. Poi ci sono altre influenze”.

Ora, però, andiamo al canale con cui hai deciso di pubblicarlo. Hai scelto di rivolgerti alla rete, puoi spiegarci meglio?

“Ho deciso di non utilizzare i canali di pubblicazione convenzionali, ho scommesso su bookabook, una piattaforma editoriale che si basa sul crouwdfunding per promuovere un testo. In pratica saranno i lettori, con i loro pre-ordini, a decidere se un libro sarà pubblicato. Per farlo basta raggiungere la quota di 200 copie ordinate e il libro inizierà il suo percorso di editing e promozione che lo porterà alla definitiva pubblicazione”. Per ordinare la propria copia basta cliccare su questo link: https://bookabook.it/libri/la-traccia/

Visto che, senza “La Traccia”, sono priva di mordente, a quando il prossimo libro?

“Sto già lavorando ad un nuovo romanzo, questa volta ambientato nella mia Sicilia, ma devo ammettere che gli impegni di lavoro e le tante distrazioni stanno rallentando questa mia opera. Ma vi assicuro che a piccoli passi va avanti. Chissà che un buon successo de “La Traccia” non faccia da spinta alla mia creatività”.

Ringraziando Luciano Zaami, augurandogli il successo che merita ed essendo innamorata pazzamente di questo progetto, vi invito a cliccare sul link e comprarlo. Ci sono libri del momento e libri per ogni tempo e questo, credetemi, appartiene, sicuramente, alla seconda categoria. Parola di Patti Holmes.

Buona lettura e restate su “La Traccia”.

Ecco il link per acquistarlo: https://bookabook.it/libri/la-traccia/

 

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