In questa Pasqua differente dalle altre, sicuramente più intimista, riflessiva e che non dimenticheremo mai, vogliamo lo stesso trasportarvi nel mondo delle bontà della nostra tradizione perché, stando a casa, potrebbe essere divertente, con le mani in pasta e seguendo la nostra ricetta, preparare l’Aceddu cu l’ova, chiamato anche Pupi cu l’ovu, Cuddura, Ciciliu, Palummedde, Campanaru, Cannatuni, Cannileri, Panareddu, tante sfumature di nomi per unico dolce della nostra tradizione contadina che compare, sulle nostre tavole, proprio in questo periodo.
LE ORIGINI
Si narra che la loro origine sia da ricercare nel mito di Demetra, protettrice della fertilità della terra, e di sua figlia Persefone che, dalla sua dimora negli inferi, col suo ritorno salvava gli uomini dalla fame. Da qui nascerebbe questa suggestiva tradizione cristiana. Il campanaru richiama la campana, il panareddu il panierino, la palummedda la colomba della pace, l’aceddu cu l’ovu l’uccello con l’uovo. Da non dimenticare il cuore che, nei tempi antichi, veniva preparato dalle future spose per portarlo in chiesa, durante la funzione pasquale, farlo benedire e donarlo ai fidanzati come pegno d’amore. Un discorso a parte è la cuddura per la sua etimologia.
La “Cuddura” deriverebbe dal termine greco κολλύρα, kollura, che significa pagnotta e corona. I greci, con questo termine, definivano dei pani che venivano offerti agli dèi per chiedergli e ottenere benevolenza durante alcuni riti religiosi. La sua forma tonda, raccontavano i nonni, aveva lo scopo di poterlo infilare, a mo’ di borsa, nel braccio o in un bastone per trasportarlo con facilità nei lunghi spostamenti. L’ inserimento delle uova era per renderlo più sostanzioso.
Per quanto riguarda “U Ciciliu“, invece, nella pagina della Pro Loco di Lentini, abbiamo scovato che era un dolce che si usava regalare a Pasqua perché le uova di cioccolato erano, al tempo, troppo costose. Il Giovedì Santo, in ogni casa, ci si riuniva per la preparazione dei cicilii o aceddu cu l’ovo o, ancora, cuddure cu l’ovu. La differenza stava solo nella forma che si dava al dolce e, soprattutto, al numero delle uova che lo decoravano. Il “ciciliu”, di solito, era a forma di cestino e poteva contenere anche due uova, mentre “l’aceddu cu l’ovu” e la “cuddura” dovevano avere uova di numero dispari. Più uova c’erano, più il dolce assumeva importanza e rispetto nei confronti della persona a cui si donava: quello del fidanzato era ornato con 9 o più uova, quello della suocera con 7, dei cognati con 5 e dei nipotini con 3.
Ad accomunare tutte queste versioni è la presenza costante delle uova, rigorosamente sode, simbolo di vita e di rinascita, che vengono fissate nella pasta solitamente con tutto il guscio.
INGREDIENTI:
- 500 kg di farina 00
- 200 g di zucchero
- 100 g di strutto
- 5 g di ammoniaca per dolci o 2 bustine di lievito
- 150 ml di latte tiepido
- scorza di 1 arancia
- 2 uova
- uova sode
- zuccherini colorati
PROCEDIMENTO:
1. Disponete a fontana la farina, al centro aggiungete gli ingredienti e impastate fino a ottenere una pasta morbida; se dovesse risultare appiccicosa, aggiungete un altro poco di latte o di farina.
2. Stendete la pasta dello spessore di circa 1 cm, dando la forma che desiderate, adagiate uno o più uova sode, spennellare con uovo sbattuto e cospargete di zuccherini colorati.
3. Infornate a 200 °C per circa 30 minuti, controllate perché ogni forno ha la sua potenza, l’importante è che siano dorati.
Sicilia, isola di tradizioni.