E’ stato rinviato a giudizio il presidente dell’Anfe Sicilia, Paolo Genco, finito agli arresti domiciliari nel gennaio scorso nell’ambito dell’operazione della Guardia di Finanza denominata “Dirty Training”. Secondo i magistrati Genco avrebbe distratto dalle casse dello storico ente di formazione una cifra che ammonta a circa 200 milioni di euro attraverso delle fatturazioni false. Soldi che sarebbero stati spesi a fini personali per l’acquisto di un’auto di grossa cilindrata, gioielli, orologi e per investimenti come l’acquisto di immobili, titoli e forzieri all’estero, polizze assicurative.
Adesso dovrà rispondere ai giudici di Trapani dove il 6 dicembre prossimo inizierà il processo. Insieme a lui sono stati rinviati a giudizio Paola Tiziana Monachella, responsabile dell’Anfe di Castelvetrano, Aloisia Miceli, direttore amministrativo dell’ente, e Rosario Di Francesco, direttore della Logistica della delegazione regionale Sicilia Anfe. Tra i banchi degli imputati anche l’imprenditore Baldassare Di Giovanni amministratore di una società, La Fortezza, da cui Genco avrebbe comprato degli edifici.
Il Tribunale dovrà prendere in considerazione anche le ragioni di 80 ex dipendenti che nel frattempo si sono costituiti parte civile dopo il fallimento dell’ente. Questi si ritengono vittima della gestione fraudolenta portata avanti dai vertici dell’Anfe Sicilia. Alla giustizia è affidata l’ultima loro speranza di recuperare parte degli stipendi non ricevuti.
“Se è vera la truffa da 200 milioni di euro di Genco, bisogna interrogarsi sulla ‘rete di protezione e coperture’ di cui lo stesso godeva all’interno della Regione Siciliana”, dichiara il parlamentare del Pd all’Ars Pino Apprendi. “Chi, in quel periodo, si occupava dei controlli – aggiunge – non poteva non accorgersi di quanto emerge dalle indagini. Il tutto a spese dei lavoratori e di coloro che dovevano essere formati per trovare una occupazione. Le colpe dei ‘proprietari e dei loro complici’ le stanno pagando le migliaia di famiglie che sono vittime della macelleria sociale”.