“Un territorio complesso, crocevia nazionale e internazionale delle organizzazioni criminali, con connessioni legate sia alla mafia palermitana che a quella maltese, calabrese e campana, e dove vige un principio di ereditarietà nelle famiglie mafiose che è quasi di tipo nobiliare, con ‘titoli’ che si tramandano di generazione in generazione, ma dove è anche forte l’azione di repressione e prevenzione dello Stato: nella sola provincia di Catania, in 14 mesi, si sono registrati 5000 arresti tra operazioni antimafia e criminalità comune“. Lo ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia, che con gli altri componenti ha incontrato alla prefettura del capoluogo etneo i vertici istituzionali e gli amministratori della provincia.
Dall’audizione di oggi, che conclude la prima mappatura antimafia delle province siciliane, è emerso un altro dato importante: “Nel Catanese siamo passati da 40 segnalazioni di abbandono scolastico a oltre 1000, e non perché qui siano aumentati gli abbandoni, ma sono piuttosto in aumento le segnalazioni – ha aggiunto Cracolici – Qui il magistrato Di Bella ha esportato il protocollo ‘Liberi di scegliere’ applicato in Calabria, un modello che, insieme al lavoro di sinergia tra istituzioni scolastiche, forze dell’ordine e servizi sociali comunali ha funzionato. Contrastare l’abbandono intervenendo sui nuclei familiari è una frontiera importante della lotta all’evasione scolastica, il decreto Caivano trae ispirazione dal modello Catania che, pur avendo un’alta incidenza di abbandono scolastico, sta sperimentando strumenti che sono un esempio per il resto del Mezzogiorno. Il punto è isolare i boss sul piano della reputazione e colpire quella capacità attrattiva che la mafia ancora esercita su alcuni giovani, come emerso anche dall’ultima relazione della Dia. Sul fronte della prevenzione, non basta il rigore amministrativo: bisogna sottrarre alle organizzazioni criminali l’acqua in cui si abbeverano, cioè il consenso. Il mio auspicio – ha concluso il presidente Cracolici – è che il rapporto tra le prefetture e le istituzioni locali si diffonda, consentendo ai protocolli di legalità di rafforzare le politiche anticorruttive nei vari territori”.
A margine della visita della commissione antimafia regionale in prefettura, a Catania, il deputato e vicepresidente Ismaele La Vardera, ha deciso di sollevare un quesito che riguarda la politica catanese, parlando della vicenda anche con il prefetto di Catania.
“Fino a qualche anno fa – dice il presidente di ‘Sud chiama nord’ – l’attuale vicepresidente del consiglio comunale di Catania pensava che se ci fossero stati i vecchi boss ci sarebbe più tranquillità. È inaccettabile, deve dimettersi dal suo incarico”. La Vardera, infatti, si riferisce alla questione specifica che riguarda “la parentela scomoda di Riccardo Pellegrino ma anche le gravi parole che ha affermato il numero due dell’attuale consiglio comunale di Catania, la seconda città più grande in Sicilia” continua il deputo che subito entra nel merito.
“Il fratello di Pellegrino – spiega La Vardera – ha subito una condanna in via definitiva dopo l’operazione ‘Ippocampo’ che ha sgominato i vertici del clan Mazzei”.