In un mondo che prova a costruire un argine comune contro le pandemie future, l’Italia sceglie l’astensione. Ha deciso di non sostenere il Patto pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un accordo pensato per rafforzare la cooperazione globale in caso di emergenze sanitarie.
Una scelta che il professor Matteo Bassetti, direttore delle Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, definisce senza mezzi termini:
“Vedere l’Italia che si astiene, come hanno fatto altri Paesi fuori da logiche cooperative, non fa certo piacere. È una posizione che ci isola e ci indebolisce”, ha detto intervenendo a Palermo.
Cos’è il Patto pandemico e perché è fondamentale
Il Patto pandemico è un accordo multilaterale in discussione dal 2021, nato su impulso dell’Unione Europea con l’obiettivo di evitare gli errori commessi nella gestione della pandemia da Covid-19. Dopo tre anni di trattative tra i 194 Paesi membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Patto si propone di definire una strategia condivisa per affrontare le future crisi sanitarie con più coordinamento, trasparenza ed equità.
Sebbene non si tratti di un trattato vincolante in senso stretto, il Patto stabilisce una serie di impegni comuni che rappresentano un cambio di paradigma nella gestione della salute pubblica globale.
I pilastri del Patto
Il primo pilastro è la prevenzione. Ogni Paese dovrà dotarsi di un piano nazionale aggiornato e compatibile con quelli degli altri Stati, per non farsi cogliere impreparato da una nuova emergenza sanitaria. L’obiettivo non è solo reagire, ma prepararsi insieme, in anticipo.
Il secondo elemento chiave è la condivisione trasparente delle informazioni. Una delle lezioni più dure della pandemia è stata la lentezza nella circolazione dei dati tra governi e istituzioni scientifiche. Il Patto prevede l’istituzione di canali rapidi per lo scambio di dati epidemiologici, sequenziamenti genetici e risultati di laboratorio. Perché un virus non aspetta – e la comunicazione non può più permettersi ritardi.
Il terzo pilastro è l’equità nell’accesso a vaccini, cure e dispositivi di protezione. Non possiamo più accettare che alcune nazioni restino senza strumenti salvavita mentre altre accumulano scorte inutilizzate. L’equità non è solo una questione morale: è una condizione essenziale per la sicurezza globale.
Infine, il Patto prevede un impegno concreto alla solidarietà operativa. Gli Stati si impegnano a sostenersi reciprocamente con personale sanitario, competenze, logistica e risorse strategiche. Perché, quando scoppia un’epidemia, nessuno si salva da solo.
La sanità italiana? Un malato cronico
La discussione non può non toccare la condizione del Servizio Sanitario Nazionale, più volte sotto pressione negli ultimi anni. Bassetti non ha dubbi:
“La sanità italiana è un malato cronico. Non è malata da tre anni, ma da molti di più. Servirebbero interventi straordinari, ma anche e soprattutto una maggiore appropriatezza degli investimenti”.
“In questo Paese, negli ultimi vent’anni, abbiamo buttato tanti soldi in modo inadeguato – prosegue -. Bisogna tornare a fare uno sforzo di appropriatezza: non solo nei fondi da spendere, ma nelle risorse da potenziare. Parliamo sempre di liste d’attesa, di persone che aspettano mesi per una visita, ma nessuno dice che forse anche le richieste sono esagerate”.
“Sto parlando di prestazioni sanitarie – visite specialistiche, esami radiologici – che spesso non sono realmente necessarie – aggiunge –. Il cittadino non può sapere se poteva farne a meno, ma noi medici sì. Dobbiamo fare uno sforzo di responsabilità, perché ogni prescrizione inutile è un’altra persona che aspetta sei mesi per una risonanza”.
Il virus torna, l’Italia arretra
Nel frattempo, mentre l’Italia si chiama fuori, il Covid torna a fare paura. Secondo l’ultimo alert dell’OMS, la variante NB.1.8.1, ribattezzata “Nimbus”, sta portando a una nuova crescita dei contagi, con un tasso di positività globale dell’11%.
Nel nostro Paese, nella settimana dal 15 al 21 maggio, i casi sono saliti a 298, con 5 decessi, in aumento rispetto ai giorni precedenti.
“Il Covid oggi non è più una minaccia per tutti, ma lo è ancora per anziani e immunodepresso – sottolinea -. Abbiamo abbassato troppo la guardia sul piano vaccinale. Negli ultimi due anni non si è vaccinato praticamente nessuno. Se il virus torna a circolare, ci troverà impreparati”.
“La pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo. Dimenticarlo oggi significa fare un passo indietro nella cooperazione globale e uno in avanti verso la prossima crisi , con i più fragili che, ancora una volta, pagheranno il prezzo più alto“, conclude.