Carissimi
Intontiti dal caldo che come sempre a questa latitudine riesce a dare il meglio di sé ci stiamo apprestando alla fine della nostra estate, intesa astronomicamente, e non passerà una settimana che quasi tutti saremmo ritornati alle nostre consuetudini, ai nostri lavori, alla nostra vita quotidiana.
Certo, sento anche io i notiziari parlare di controesodo e di chi ha atteso fino adesso per poter andare in ferie (poi mi spiegheranno che tipo di lavoro fanno costoro), probabilmente c’è chi si può permettere di assentarsi quando tutti gli altri rientrano o perché è padrone della baracca o perché non conta un caz.. nella stessa baracca e la sua assenza potrà tranquillamente passare quasi inosservata.
Ma oggi vorrei occuparmi di chi decide di passare la sua estate, anche se non necessariamente in stato vacanziero, in quella che è la sua città.
Esiste ancora una città che e riesce ad avere due configurazioni, quella estiva è quella consueta per tutto l’anno, e quindi basterebbe fare una fotografia di alcune strade per poter identificare a posteriori in quale stagione questa sia stata scattata.
A prescindere dalle zone blu, dai vari pass, in questo periodo si trova facilmente posteggio e non è poco per chi non riesce a fare a meno di muoversi con l’auto, probabilmente invogliato dalla presenza all’interno dell’auto dell’aria condizionata.
La prima riflessione che mi viene in mente e quella “se c’è meno gente in città si dovrebbe tranquillamente scorrere e guidare con una maggiore celerità”.
Eppure no, perché il palermitano è unico anche in questo e riesce a creare ingorghi, a far casino, pure con le strade libere.
Il giorno in cui l’uomo palamito si convincerà che transitando accodati alle altre auto (come avviene in tutto il mondo) potrebbe avere la gradita sorpresa di giungere prima alla propria metà, forse avremmo realizzato una rivoluzione culturale locale da scrivere di certo negli annali.
Invece no, l’uomo palamito utilizza l’auto con lo stesso spirito con il quale utilizzava il ciclo motore nei tempi della sua gioventù, quando neanche esisteva l’obbligo dell’uso del casco, e quindi è avvezzo alle gincane, all’inserirsi negli spazi improponibili neanche per gente con due cataratte, ma pur con l’ambizione di dire io, questo io immenso che pervade anche il più inutile dei miei concittadini, agli incroci, pur non avendo la precedenza, deve far prevalere la sua arroganza, inserendosi nel senso di marcia, guadagnando la posizione e la priorità, per poi rallentare il transito, ma forte della soddisfazione di esser passato per primo.
Non sottovaluterei questi piccoli dettagli che sono retaggi di una dominazione spagnola, ma mentre a quel tempo incrociandosi si dovevano rispettare determinate convenzioni, titoli nobiliari, santi in famiglia e onorificenze varie per aver ceduto il passo, oggi per noi il palermitano passa, perché lui è lui e come direbbe “poi nna discurrimu”.
Questi retaggi permangono ancora in alcuni di noi, uomini di una certa età, abituati a cedere il passo innanzitutto alle donne, alle persone più anziane, il tutto per grande rispetto, ma mentre fino a qualche tempo fa davanti a un gesto di grande cavalleria, si riceveva anche attraverso un solo cenno, un ringraziamento per essere stati così cortesi, oggi financo le ragazzine impegnate in una continua conversazione al telefonino approfittano dal gesto di cavalleria ricevuto andando avanti senza alcun cenno di ringraziamento con una manifestazione di grande vastaseria proveniente di certo da nobili insegnamenti familiari.
Difatti (e ne sono stato testimone oculare), comincia a prender piede la pessima abitudine di non lasciare più il passo ma di sbattere porta, portone o cancello in faccia a chi sopraggiunge, per non avere nemmeno la necessità di porsi il problema a chi spetta il passo.
Vedete, di cose come queste ci si accorge in momenti in cui siamo più rilassati, magari con la mente in vacanza seppur noi siamo ancora impegnati contemporaneamente nella nostra attività, ma esiste un momento in cui il cervello va in vacanza e se ne fotte di tutto e tutti, senza alcuna autorizzazione, poiché non è semplice vivere con 40 ° di temperatura costante, o passare nottate a letto senza alcuna ventilazione, con uno umidità pari a 80%, e con la pia illusione di poter dormire utilizzando il condizionatore d’aria all’interno della nostra camera da letto, senza tener conto che questa condizione di apparente benessere finisce per ibernare i nostri cervelli che già normalmente davano apparenti segnale di un’attività celebrale che ……… AVICA.
Pertanto, pur potendone approfittare, evito quando posso di mettermi per strada in mezzo a tutti questi “zombi” e guardo la mia città dalla finestra apprezzandola i suoni, i rumori prettamente estivi, di sera ormai soppiantati dalle varie percussioni provenienti dai vari concertini, nelle zone centrali residenziali frutti di abitudini questa volta certamente spagnole, legate al termine di “movida” e penso a quando i suoni della strada erano affidati all’abbannio degli ambulanti che auguravano un fresco risveglio con un urlo delicato: “ASTURA V’ARRIFRISCANU”.
Un abbraccio Epruno