Il Csm apra una pratica a tutela del gip di Caltanissetta del processo Montante, Graziella Luparello, che è stata “pesantemente attaccata” durante una seduta della Commissione Parlamentare Antimafia dal deputato Giorgio Mulè (Forza Italia), con espressioni che “oggettivamente delegittimano pericolosamente la figura di un magistrato particolarmente esposto anche in altri numerosi processi di criminalità organizzata”.
È la richiesta annunciata in apertura del plenum di Palazzo dei marescialli dal consigliere di Autonomia e Indipendenza Nino Di Matteo, che ha intanto espresso “piena e incondizionata solidarietà” alla collega.
Il processo di cui si è occupata Luparello si è concluso con la condanna dell’ex Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, “nonché di appartenenti di alto livello alle forze di Polizia ed ai servizi di sicurezza”, ha ricordato Di Matteo, richiamando che nelle motivazioni Montante viene definito “motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere che, sotto le insegne di una antimafia iconografica, ha sostanzialmente occupato, mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali”.
“Il giudice – ha sottolineato ancora Di Matteo – sulla base del materiale probatorio in atti aveva doverosamente affrontato anche una vicenda relativa alla circostanza, peraltro introdotta nel processo dalla difesa dell’imputato, della mancata pubblicazione sul settimanale ‘Panorama‘ (all’epoca diretto dall’oggi onorevole Giorgio Mulè) di documentazione offerta a quella testata giornalistica da altro giornalista siciliano, afferente i rapporti tra il Montante e soggetti appartenenti alle famiglie mafiose del Nisseno”.
Quindi Di Matteo ha fatto riferimento all’audizione, dello scorso 14 novembre, in Commissione Parlamentare Antimafia di Mulè :“la dottoressa Luparello è stata definita ‘cecchino della verità e del diritto’, la sua sentenza è stata definita ‘falsa, infamante e diffamatoria, una porcheria’. Il giudice è stato accusato di aver fatto ‘strame del diritto e della ragione'”.
Per questo, ha concluso Di Matteo, “credo che sia in questa sede doveroso far sentire la nostra solidarietà ad una collega che, come altri colleghi in quel contesto giudiziario particolarmente difficile, ha affrontato con coraggio, impegno e professionalità, il delicatissimo tema delle deviazioni illecite dei poteri istituzionali. Per questo, mi riservo, nei prossimi giorni, di chiedere al Comitato di Presidenza l’apertura di una pratica a tutela della collega”.