Carissimi
Oggi basta che qualcuno si metta una magliettina con una scritta, una spillina nell’asola, o addirittura una fascia a tracolla che si sente autorizzato (non solo a parlare, poiché questa è stata una grande conquista per tutti noi) ad avere un auditorio (è questo non è cosa da poco) e a sparare “minchiate” nella stragrande percentuale dei casi.
Grazie al cielo c’è ancora quella minima percentuale di oratori, intrattenitori, presentatori che, quando parlano sanno che cosa dire e per parte nostra è sempre bello poterli ascoltare per accrescere anche culturalmente il nostro sapere, ma se tutti parlano, posso avere ancor prima di ascoltarli quanto meno il diritto di sentir parlar bene la nostra lingua?
Vi sarete resi conto che i palinsesti televisivi, oltre che di “improbabili famosi tenuti in cattività nelle isole caraibiche o impegnati in viaggi al limite della sopravvivenza in Asia”, ormai sono pieni dei nuovi “intellettuali” della nostra era, da questa nuova categoria dorata e privilegiata, stellata tanto quanto gli ufficiali dell’esercito, che tutti chiamano chef, parola francese che in qualche modo In Italia e riconducibile ai prestigiosi “capo dei cuochi”.
Come si ambiva in passato a fare i calciatori, oggi il sogno proibito è diventare chef, e seppur non riconosciamo più nessuna autorità a persone meritevole di grande stima, quali insegnanti e maestri o a qualunque figura gerarchica nelle nostre organizzazioni lavorative, davanti alla parola dello chef, tutti si prostrano.
“Si, chef”.
Ci troviamo in casa attraverso la tv figure ormai caricaturali, copiate da format anglosassoni che hanno sostituito mestieranti degni di tutto rispetto, con figura di “sergente dei marines” al limite della farsa che finiscono per essere dei dépliant commerciali di prodotti del settore o della moda, ad iniziare anche dal loro stesso look, dalle giacche e le cravatte accompagnate da scarpe da tennis bianche, occhiali multicolore accompagnati da giacche con quadrettati improponibili ad uso solo per le tovaglie da tavola bavaresi il giorno di festa, e più si va avanti più costoro guadagnano di autorevolezza e vengono anche spesi per altri tipi di programmi divulgativi che non si limitano solamente alla tavola, ma ormai divulgano la loro esperienza commerciale e gestionale tipo quella alberghiera per la quale in passato era necessaria, anni di studi.
Oggi basta solo avere lo chef al quale riservare l’ultimo voto, quello determinante, che potrebbe confermare o mettere in discussione il tutto.
Mi può stare bene, (vige sempre la facoltà del telecomando per cambiare o spegnere la TV) vogliamo giocare? Ci può stare.
Ma posso pretendere che la televisione, almeno quella fatta da canali di stato e commerciali a diffusione nazionale, abbia anche il ruolo nel fare cultura, aiutando la gente nel rispetto del “beato” (poiché oggi se non fosse stato già santificato dovrebbe essere quantomeno beato) Maestro Manzi che aveva fatto per anni in TV davanti a quella lavagna l’alfabetizzazione del popolo italiano confortandoci con l’affermazione “non è mai troppo tardi”.
Posso pretendere che la televisione sia condotta da gente che conosce la nostra lingua italiana e che, quando parla sappia usare correttamente le parole e la grammatica italiana?
Posso pretendere che i conduttori non siano soggetti che di lingua madre straniera, parlano la nostra lingua storpiandola?
Non dico che costoro non debbano fare televisione ma in questo caso esiste un mestiere fantastico bellissimo molto professionale e dignitoso, che si chiama doppiatore, come accadeva una volta nei film italiani con gli attori che non avevano una giusta inflessione o problemi di dizione.
Posso pretendere che sia facile distinguere in una parola la “d” dalla “t” (degna un tempo della straordinaria pronuncia di un importante segretario della DC) o addirittura distinguere la “b” dalla “p”?
Posso pretendere che una cucina “sia di incubo”, semmai ciò può avere un significato, e non “di incupo”, poiché sono certo c’è in qualche parte in questo paese ci sarà un idiota poco alfabetizzato che imparerà ad avere gli “incupi” la notte e non gli “incubi”.
Siamo abituati a parlarci di sopra e stiamo perdendo anche l’attenzione per ciò che sentiamo.
Non voglio arrivare all’esagerazione di network internazionali quali la BBC dove i lettori di notizie hanno una pronuncia accademica, poiché la mia generazione è cresciuta con Don Lurio (che non era un sacerdote ma un ottimo ballerino), che visse più di mezzo secolo lavorando in TV in Italia senza riuscire a parlare correttamente la nostra lingua, ma era americano e nel dopo guerra gli americani godevano di tutta la nostra gratitudine, solo, solo per la quantità di cioccolato che inondò la nostra povera gente.
Pertanto, volete proprio sbattere nei palinsesti a qualunque ora del giorno le nuove star che si chiamano chef (che io continuerò a chiamare cuochi o capo cuochi) in Italia abbiamo tanti di questi meravigliosi professionisti che non solo parlano l’italiano in termini forbiti ma che hanno pure alle spalle un proprio bagaglio culturale senza bisogno di aggiustamenti nel look per crearsi personaggi.
Io in tv e alla radio voglio sentire parlare bene la mia lingua, senza la necessità di dover aspettare la mattina del fine settimana trasmissioni di nicchia specializzate come “la lingua batte” sul nostro meraviglioso servizio nazionale di Radio RAI 3.
Un saluto, un abbraccio e Adios!