Antonio Gebbia metà palermitano e metà madonita, vive in Toscana da più di vent’anni dove lavora come ingegnere cartografo all’Istituto Geografico Militare di Firenze. A lui e all’Istituto fiorentino dobbiamo l’ultima versione della cartina geografica del nostro paese.
A quanti di noi sarà successo, soprattutto nell’ultimo periodo, di riprendere un vecchio libro di geografia per cercare di capire dove si trovassero esattamente Codogno o altri luoghi del contagio da covid19? Almeno così voglio sperare anche ai tempi della ricerca spasmodica sulla rete.
Ma Antonio oggi ci racconta una storia semplice e disarmante.
Lui vive a Campi Bisenzio, una cittadina di quasi cinquantamila abitanti, che porta addosso tutto il fascino dei paesaggi e delle architetture toscane.
Ho sempre pensato che le città attraversate da un fiume possedessero la seduzione malinconica del viaggio, l’acqua che scorre nelle viscere delle case, quel luccichio al tramonto sui ponti…
Ma questa è un’altra storia.
Ritorniamo ad Antonio, il nostro cartografo che un giorno a ritorno dal lavoro, ha trovato nella sua cassetta della posta una busta insolita. Non c’era un francobollo, né il mittente, ma una semplice dichiarazione d’amore: la Cina ama l’Italia. Al suo interno ben cinque mascherine in regalo.
Un atto di generosità inaspettato in un momento di grande paura. La comunità cinese ha pensato bene di donare a ciascuna famiglia della cittadina toscana una busta con al suo interno ben cinque mascherine, un gesto che commuove e fa riflettere soprattutto in questo momento.
Antonio Gebbia ci racconta che lavoro capillare deve essere stato distribuire tante buste nelle centinaia di cassette della posta di ogni palazzo di Campi Bisenzio. E per le case non raggiunte, la comunità cinese ha scelto di distribuire le mascherine proprio all’uscita dei supermercati per raggiungere quanta più gente possibile.
Abbiamo avuto notizie dei comportamenti corretti da parte delle comunità cinesi presenti sul territorio nazionale, a Prato ad esempio hanno subito chiuso le loro attività mettendosi in auto quarantena, ma l’immagine reale della solidarietà ci arriva dalle foto e dal racconto di Giovanni.
In questo momento non abbiamo più bisogno di cercare un nemico, ci serve tanta pazienza e un sano ritorno alla nostra umanità più profonda. Non gridare agli untori, ma stringerci in un rispetto silente per abbracciare tutti coloro che ogni giorno rischiano la loro vita per fermare questo virus che imperversa e che non riusciamo a comprendere ancora fino in fondo.