Sta per finire il secondo anno di Pandemia di Coronavirus. Il 2021, però, non sarà ricordato solo per questo, ma anche per l’avvio della più grande campagna di vaccinazione mai vista nella storia dell’uomo. Il 2021 è stato soprattutto l’anno dei vaccini contro la COVID-19, la malattia causata dal Coronavirus responsabile della Pandemia.
Dopo una convergenza globale senza precedenti di ricerca e risorse e con sfide logistiche inedite, il 2021 dell’Italia e degli altri paesi europei è iniziato con le prime somministrazioni dei vaccini. Più precisamente, le prime somministrazioni sono iniziate il 27 dicembre, mentre altri paesi avevano già iniziato la campagna di vaccinazione, come Regno Unito, Russia, Cina, Israele e Stati Uniti. I vaccini hanno dato speranza al mondo, già fiaccato da quasi un anno di pandemia (primi casi ufficiali in Cina a dicembre 2019) e da tutti i suoi effetti nocivi: restrizioni della vita sociale, morti, stato di emergenza perenne, difficoltà economiche e stress sui sistemi sanitari. I primi ad arrivare sono stati quelli a mRNA, l’RNA messaggero, prodotti dalle aziende statunitensi Pfizer (con l’ausilio della tedesca BioNTech) e Moderna.
Gli studi degli anni passati su questa tecnologia hanno così trovato sfogo nei primi vaccini contro il Coronavirus. L’mRNA potrebbe essere una delle scoperte scientifiche più importanti del secolo, che potrebbe dare un contributo decisivo al contrasto di altre malattie. I vaccini a mRNA non sono stati gli unici ad essere prodotti e approvati per il contrasto della COVID-19: altri basati su piattaforme più tradizionali come i vaccini a vettori virali, a sub-unità proteica o contenenti virus inattivati hanno contribuito a diverse latitudini a combattere la Pandemia. Dove si sono registrati alti tassi di copertura vaccinale, la situazione è cambiata in meglio, con una diminuzione delle ospedalizzazioni e dei decessi, consentendo una vita quasi “normale” – se paragonata ai mesi di lockdown rigido con tutte le attività non essenziali chiuse – e permettendo ai governi di eliminare alcune restrizioni e far respirare l’economia, pur vivendo ancora in presenza di una pandemia. I vaccini hanno dimostrato un’efficacia decisiva nei confronti dell’abbattimento del rischio della malattia severa e del decesso, anche nei confronti della prevenzione del contagio.
Questi vaccini sono stati basati però sulla prima “versione” del Coronavirus. Circolando e replicandosi miliardi di volte, il virus tende a mutare, cambiando alcune sue caratteristiche. Così, il 2021 è stato anche l’anno delle varianti del virus, che ne hanno migliorato la capacità di contagio, e di eludere, in parte, la protezione data dai vaccini nei confronti delle infezioni e quindi della trasmissione da persona a persona (che resta però decisamente alta nei confronti delle ospedalizzazioni e dei decessi). La nascita di nuove varianti ha reso lampante il problema delle iniquità nell’accesso ai vaccini su scala globale. Le varianti del virus sono venute fuori da luoghi in cui il virus è circolato indisturbato o per l’assenza di restrizioni rilevanti (come nelle prime fasi del Regno Unito) o proprio per i scarsi livelli di vaccinazione (altre varianti sono provenute da Brasile, India, e Sudafrica). Dopo le iniziali difficoltà per la carenza di dosi e le difficoltà logistiche, oggi si è toccato il traguardo di 9 miliardi di dosi somministrate nel mondo, e il 57,4% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose di vaccino. In Italia, il 78% della popolazione ha completato il ciclo di vaccinazione primario, circa 46,2 milioni di persone. Nell’Unione Europea, il il 67,8% della popolazione ha completato il ciclo, una percentuale simile a quella del Regno Unito (69%).
Gli Stati Uniti sono invece arrivati al 60%. Si è visto che l’efficacia dei vaccini diminuisce nel tempo, e così, i paesi che sono partiti per primi con le vaccinazioni adesso stanno procedendo con la terza dose di richiamo (Israele è giù alla quarta). Ma la situazione è molto diversa a seconda di quale parte del mondo viene presa in esame. Solo l’8,3% della popolazione dei paesi meno sviluppati ha ricevuto almeno una dose. L’iniquità dell’accesso al vaccino si sta ritorcendo contro gli stessi vaccini. L’ultima variante arrivata, Omicron, proviene dal Sudafrica, un paese con bassi livelli di vaccinazione, dove solo il 26,3% della popolazione ha completato il ciclo, un livello toccato dall’Italia a giugno. Si è visto che Omicron rende meno efficaci i vaccini nel prevenire i contagi per la sua straordinaria capacità di trasmettersi che sta portando i nuovi casi a livelli mai visti. Ammettendo che comporti sintomi più lievi (ma i dati sono molto incerti a riguardo) la sua capacità di raggiungere più persone in meno tempo potrebbe nuovamente mettere sotto pressione i sistemi sanitari, con i rischi che ne conseguono.
L’OMS aveva posto l’obiettivo globale del 40% di copertura totale della popolazione entro la fine del 2021 e il 70% di copertura totale della popolazione entro la metà del 2022, per ogni paese. Nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto: 98 paesi non sono riusciti a vaccinare il 40% della loro popolazione. Si stima che circa 1,4 miliardi di persone debbano essere vaccinate con urgenza, molte delle quali fanno parte dei gruppi a più alto rischio di morte e malattie gravi. L’accesso ai vaccini potrebbe risultare decisivo nel contrasto alla pandemia, anche per proteggere gli stessi vaccini, e quindi le persone, dai cambiamenti del virus. In alcune parti del mondo le persone hanno già ricevuto la terza dose, in altre c’è chi ancora non ha ricevuto la prima ed è totalmente esposto al virus. Nel frattempo, la ricerca non si ferma: dopo i 17 vaccini approvati e in uso nel mondo, altri 113 sono in fase di test. Se il 2021 è stato l’anno dei vaccini, il 2022 dovrebbe essere nuovamente l’anno dei vaccini, ma per tutti.