Nuccio Pepe – l’autore del racconto “Di amori, di libri, di rivolte” Navarra editore, in questi giorni in libreria – sente forte il richiamo della Storia, parlo della storia con la S maiuscola, visto che proprio essa diviene cornice essenziale e costante della sua scrittura. Proprio quest’ultima fatica letteraria – dopo “Il Dubbio” che racconta una pagina oscura della seconda guerra mondiale e “La Guerra è della Morte” che sposta l’attenzione sul dramma della Grande Guerra – ne è ulteriore dimostrazione.
Il racconto, che utilizza un registro di scrittura che richiama molto la narrativa del primo novecento si snoda, infatti, in una Sicilia attraversata da eventi epocali, quelli che segnano la poco gloriosa fine del regno borbonico e, dopo l’avventura garibaldina, il plebiscito e l’annessione al Regno d’Italia, fatti che suscitarono nelle masse grandi speranze e altrettante forti delusioni.
Tutto il racconto ruota attorno ad protagonista che, per essere nato nel giorno dell’Ascensione di Nostro Signore, porta appunto il singolare nome di Ascensio, una circostanza questa che appare un vero e proprio presagio rispetto al suo futuro percorso di vita, non per niente si dice, infatti, nomen omen. E, dunque, i diversi personaggi che intervengono nella storia, a cominciare dalla marchesina Cloe che entra casualmente, ma direi anche provvidenzialmente, nella sua vita e gli cambia in modo radicale il destino avviando quel percorso ascensionale verso una consapevolezza matura della sua vera vocazione interiore.
L’incontro casuale con Cloe lo sottrae infatti al destino di contadino ignorante costretto, come lo sono stati i suoi avi da generazioni e generazioni, a lavorare una terra troppo spesso avara di frutti e di gratificazioni. Ascensio abbandona infatti il Paese delle Madonie dove era nato, recide i legami forti con la sua stessa famiglia, in cerca della sua mentore che, intanto, si era trasferita in città. La marchesina la ritroverà dopo qualche tempo e, come se non ci fosse stata soluzione di continuità, riprenderà con lei quel rapporto amoroso, interrotto dopo la sua partenza. Ma si tratta di un rapporto complicato, in cui ciascuno dei due attori sembra recitare una parte, un rapporto non troppo profondo e appassionato, che assomiglia piuttosto ad un ingenuo gioco fatto di complicità e di forte attrazione fisica.
Per Ascensio, tuttavia, quegli incontri che lo portano in una delle biblioteche più interessanti di Palermo, parlo di quella del monastero di San Domenico dove può annusare e godere fisicamente del contatto con i suoi amati libri, è soprattutto soddisfazione di quel desiderio di conoscenza la cui scintilla era stata accesa dalle conversazioni con la giovane. E proprio seguendo questo percorso, fatto di scoperte che da un lato lo allibiscono e dall’altro arricchiscono il suo spirito e la sua mente – è il caso del tomo di Castronio nel quale c’è una incisione che rappresenta il Pentagono – incontra anche la storia che incombe, che lo vuole partecipe e protagonista ma che riceve solo una superficiale adesione. Ascensio non è, infatti, fatto per l’azione quanto piuttosto per l’incanto della scoperta, per “seguir virtute e canoscenza” come direbbe Dante.
Il vero interesse di Ascensio, la sua stessa storia ruota, infatti, tutto attorno alla scoperta di orizzonti culturali nuovi, e la sua decisione finale di inseguire l’amata Cloe – la farfalla con cui avrebbe voluto volare insieme in un’estasi che non ammetteva rimpianti e che intanto aveva lasciato Palermo per seguire la famiglia oltreatlantico – non appare solo il desiderio di ricongiungersi a lei ma, ancora una volta, la soddisfazione di quella voglia irresistibile di conoscere sempre nuove verità, nuovi spazi oltreché fare nuove esperienze di vita.