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La tradizione

“Dolce o torta Savoia?” Un esempio eclettico della gastronomia siciliana

giovedì 25 Dicembre 2025

Il periodo storico in cui si fa risalire il dolce Savoia o la torta Savoia fu quello dell’unità di Italia per ribadire e consacrare l’importanza e il blasone storico di un evento, che cambiò in modo netto l’assetto geopolitico dello stivale. La nascita di questo dolce si deve anche ad eventi storici come l’emigrazione svizzera del XIX° secolo, la quale scelse come meta di destinazione, tra le altre regioni, anche la stessa Sicilia. Che i pasticceri siciliani fossero abili artigiani appassionati e creativi resta fuori da ogni dubbio, al contrario qualche dubbio emergerebbe giustappunto sull’utilizzo di un ingrediente come il cioccolato, non essendo propriamente originario dell’isola.

A fugare il dubbio c’è appunto un evento scatenante come l’emigrazione svizzera del XIX° secolo dovuta a motivi militari, politici, economici e religiosi. Pertanto se la regola indiscussa del fattore migratorio è la conseguente contaminazione che ne deriva, allora risulta facile pensare alla diffusione del cioccolato svizzero in Sicilia. Infatti il dolce o torta Savoia si presenta come perfetta espressione di un’unità gastronomica attraverso il cioccolato delle Alpi, le nocciole delle Langhe per imprimere nel gusto la volontà unitaria del regno Sabaudo e le sapienti mani di pasticceri siciliani. Sulle origini del dolce non ci sono fonti attendibili in merito al suo autore, c’è un dibattito sulla paternità tra suore benedettine e un pasticcere di origini palermitane. Ad ogni modo l’ascendenza del dolce o torta Savoia lega tre province siciliane, catanese, palermitana e alla lontana anche quella ragusana. Fuori dall’Isola invece si rintracciano le orme della versione primordiale del dolce Savoia a Firenze che è stata capitale del regno d’Italia dal 1865 al 1871. Dunque si tratta di tracce antecedenti alle prime fonti ufficiali relativamente alla commercializzazione del dolce da parte di due note pasticcerie di matrice svizzera che hanno fatto la storia di città come Catania e Palermo.

La pasticceria svizzera Caflisch di Palermo legò il suo nome a quello del “dolce Savoia” e lo si evince da fonti pubblicitarie risalenti ai primi del novecento mentre la pasticceria anch’essa svizzera “Caviezel” di Catania fa risalire la sua “torta Savoia” agli anni venti dello stesso secolo. La dolce disputa tra le due città più rappresentative dell’isola era evidentemente già nota a quei tempi. Ragusa lega il suo nome a quello della torta Savoia in tempi molto più recenti e lo fa tramite un aneddoto legato alle abitudini dello scrittore Leonardo Sciascia il quale non disdegnava affatto gustare di tanto in tanto una fetta di torta Savoia seduto sui tavolini di una nota pasticceria ragusana negli anni sessanta del secolo scorso. La contaminazione davvero affascinante probabilmente si deve ad opera dei grigionesi, i migranti svizzeri che dal Cantone dei Grigioni presumibilmente prima di giungere in Sicilia, avevano appreso l’arte di produrre il dolce o torta Savoia proprio a Firenze. In quel di Firenze il dolce o torta Savoia era composto da strati sottili di biscotto, una farcitura al cioccolato e una copertura al cioccolato senza nessuna presenza di nocciole. Per certi versi un dolce, quello nella versione fiorentina, simile al dolce ungherese “Dubos” costituito da strati di pan di Spagna al posto del biscotto. Inoltre non è un dettaglio di poco conto la nascita nel XIX° di pasticcerie svizzere “Caflisch” sparse in altre città come per esempio a Napoli o proprio a Budapest in Ungheria. Fatte queste premesse non risulterebbe affatto bizzarro ipotizzare anche una contaminazione che ha valicato i confini nazionali giungendo, attraverso le migrazioni dei grigionesi, dall’Ungheria alla Sicilia passando attraverso la toscana. Il tutto condito dal tocco artistico lasciato dai pasticceri ad ogni tappa, come fossero delle pennellate di colore su una tela.

Oggi il dolce Savoia, detto anche torta Savoia si presenta nelle vesti di una torta da credenza con una longevità “shelf life” che può giungere fino a 20-30 giorni a temperatura ambiente. Un aspetto fondamentale legato proprio al modo in cui viene prodotto il dolce, che è rimasto fedele al metodo usato dai Caflisch più di un secolo fa e che ha dato risonanza al dolce proprio per la sua qualità mantenuta nel tempo a garanzia della sua stessa dispensabilità. Spostando l’attenzione sulla composizione del dolce, si distinguono 3 o 4 strati sottili di “biscuit” (simile al pan di Spagna ma in una forma diversa e soprattutto più umido e aromatico grazie alla presenza del miele) intervallati da una soave e corposa crema spalmabile al gianduia. Completa l’esecuzione dolciaria un sottile strato di cioccolato utilizzato per glassare l’intera prelibatezza. Ovviamente non manca mai l’iconica scritta rigorosamente in cioccolato “Savoia” a suggellare quanto una produzione regionale, abbia saputo raccontare ancora una volta, una storia insieme ai valori che essa stessa porta con se, uno su tutti quello dell’unità nazionale.

 

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