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Il caso

Gelo al Comune di Palermo, il patto fra Lagalla e Lombardo crea scompiglio nel centrodestra

mercoledì 16 Ottobre 2024

La forma che ciela la sostanza. Parole di circostanza propedeutiche ad evitare tensioni potenzialmente dannose per degli equilibri già precari. Ma il termometro del centrodestra palermitano presenta comunque temperature artiche. La decisione di Roberto Lagalla di federarsi all’MpA di Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè ha causato un altro scossone alla coalizione a suo sostegno e al dialogo fra il Comune e i vertici regionali.

Dopo i problemi nei rapporti con Palazzo d’Orleans causati da alcune uscite sopra le righe dei renziani, oggi arriva un’altra mazzata all’alba dell’ennesima infornata per le società Partecipate del Comune di Palermo. Il vicesindaco Giampiero Cannella ha provato a spegnere le polemiche con alcune dichiarazioni concilianti rilasciate in occasione di un evento al Museo Riso. “Sono certo che le avvisaglie di crisi siamo assolutamente rientrate“, ha dichiarato il coordinatore della Sicilia Occidentale di Fratelli d’Italia. Ma qualcuno non è stato proprio d’accordo. Una categoria in cui rientra il deputato regionale della Lega Vincenzo Figuccia, il quale accusa il sindaco Lagalla di essere, “su una serie di temi, dal gay pride alle Partecipate, in perfetta continuità con Leoluca Orlando”.

La presa di posizione di Roberto Lagalla

Historia magistra vitae” scriveva Cicerone. Roberto Lagalla, a dire la verità, non è mai stato un uomo politicamente di destra, anzi. La sua ideologia lo ha posto molto al centro, in una posizione di forte dialogo con associazioni e comitati civici. Assessore regionale nell’era di Totò Cuffaro e in quella di Nello Musumeci, Lagalla è sempre stato un tecnico con posizioni moderate. Uno stile che ha tenuto anche nel suo ruolo di Rettore all’Università di Palermo. I parametri che lo hanno condotto nella sua azione sono stati mirati al merito e alla competenza.

Un concetto che ha portato avanti contro tutto e tutti. Anche, a volte, contro la propria coalizione. Lo dimostra la sua ferma resistenza nel tenere Marco Betta in qualità di sovrintendente alla Fondazione Teatro Massimo, così come lo scudo politico utilizzato per proteggere gli assessori di Lavoriamo Per Palermo, in particolare Totò Orlando. Eppure, Lagalla, oggi si trova ad un bivio, costretto a prendere una posizione per avere maggiore peso specifico. Ci aveva provato in passato firmando il documento dei sindaci di Antonio Tajani. Ci riprova oggi con due volpi esperte della politica come Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè.

L’Mpa non ha consiglieri comunali, quindi sono certo che l’accordo con il sindaco non crea alcuno scompiglio“, ha dichiarato il numero due di Palazzo delle Aquile Giampiero Cannella. Ma è chiaro che, come avvenuto sul casus belli dei renziani in maggioranza, tale giustificazione appaia come una forzata exit strategy. Un modo per uscire dall’angolo e dare operatività ad un Comune che, a breve, dovrà affrontare sfide importanti. A cominciare dalle nomine sulle società Partecipate e dal prossimo rimpasto. Manovra che, con ogni probabilità, Roberto Lagalla dovrà portare avanti senza i margini di manovra garantiti dal ddl enti locali. Ciò visto che il testo, qualora avesse il via libera dall’Ars (e non è così scontato), avrebbe efficacia a partire dalla prossima legislatura.

Un rimpasto senza assessore aggiuntivo

Senza assessore aggiuntivo, cassato dal ddl enti locali,  Roberto Lagalla dovrà fare i conti con una coalizione in cui, in molti, chiedono maggiore spazio. A cominciare dalla DC di Totò Cuffaro che, con cinque consiglieri a Sala Martorana, vanta solo un assessore (Giuliano Forzinetti). Lavoriamo Per Palermo, compagine civica del sindaco, a parità di esponenti in aula vanta tre esponenti in Giunta (Fabrizio Ferrandelli, Totò Orlando e Maurizio Carta). C’è poi il conflitto irrisolto fra Forza Italia e Fratelli d’Italia. I meloniani reclamano una pedina in più per pareggiare i conti con gli azzurri. Ma l’operazione non appare semplice. Roberto Lagalla proverà, in quest’ultimo caso, a controbilanciare le richieste con i posti di sottogoverno, in particolare con le società Partecipate.

La partita delle società Partecipate

Proprio ai meloniani spetterà, con ogni probabilità, la nomina del futuro presidente di Amap. Il favorito resta ancora Antonio Tomaselli, già amministratore unico per ben due volte di Palermo Energia. Sempre a Fratelli d’Italia dovrebbe spettare la nomina del futuro leader della Fondazione Teatro Biondo. Poltrona per la quale si parla di un nome voluto dagli ambienti politici di Roma. Profilo che potrebbe rispecchiare il casertano Valerio Santoro. Sul fronte Fondazione Teatro Massimo invece, Marco Betta attende solo una chiamata dal Ministero della Cultura. Sul rinnovo del suo contratto sembrano esserci pochi dubbi. In casa Gesap si attende il ritiro delle dimissioni da amministratore delegato di Vito Riggio, anche se sulla società che gestisce l’aeroporto la partita sembra giocarsi sulla privatizzazione dello scalo palermitano. Fronte sul quale, manco a dirlo, sembra esserci uno scontro in atto proprio fra Roberto Lagalla e il presidente della Regione Renato Schifani. Visioni differenti che dovranno, prima o poi, incontrarsi. Ciò al di là delle posizioni di civismo apparente e di girotondi politici.

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