In queste settimane abbiamo deciso che la mia rubrica ospiterà il contributo di quanti sentiranno il bisogno di dire la loro su questo particolare momento storico. Storie di vita quotidiana, di difficoltà lavorative, di gestione emotiva degli spazi di condivisione a casa. Oggi è la volta di Maria Grazia Maggio, palermitana, insegnante, psicologa e autrice, assieme a me, di “Diario Inquieto di un’insegnate precaria”, Navarra Editore. Restiamo connessi con le parole, il pensiero non può rimanere ad un metro di distanza.
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Di Maria Grazia Maggio
Che giorno è oggi? Devo soffermarmi a pensare. Che giorno è? Mi sto trovando esattamente nella condizione psicologica che provo in estate quando finalmente tolgo l’orologio.
Mi capirete sicuramente tutti. Anche chi non è insegnante e sta continuando a fare il suo lavoro quotidianamente. Un silenzio assordante mi stordisce e mi offusca i pensieri. Ma proprio in questo momento i pensieri non ce li possiamo fare offuscare, nemmeno dal corona virus, questo illustre sconosciuto. Illustre perché è l’argomento di tutti, dai più piccoli ai più grandi, a livello mondiale, mentre, ancora rimane sconosciuto, perché non si sa da dove provenga e come ci si possa difendere.
Osservo i miei genitori anziani increduli e spaesati e il loro ricordo va ai sacrifici fatti durante la guerra, quando piccolissimi, si trovavano in casa con il lumino a gas e l’acqua l’andavano a recuperare fuori casa per lavarsi e lavare ogni cosa, e si coricavano molto presto perché allora il televisore non c’era e forse ci si amava di più, con semplicità e tante più parole.
Perché a pensarci bene, questa condizione di trovarsi a casa è davvero un banco di prova importante per le relazioni. E lo dico non solo da psicologa, ma anche da madre e moglie. Da quando la nostra casa è diventata il vero, unico rifugio sicuro, siamo a contatto H 24 e il modo più equilibrato di stare a casa è cercare di condividere comportamenti volti a rendere la giornata più frizzante ed entusiasmante.
Con i ragazzi, si cerca di avviarsi alla didattica a distanza con il meno stress possibile. E quelli che non sono dotati di dispositivi digitali? Che faranno? È il momento di uscire dal proprio guscio, dal proprio egoismo, metterci nei panni degli altri ed essere comprensivi ed accoglienti, oggi più di ieri.
Come faranno gli alunni dei quartieri più disagiati, dove non si sa cosa mettere nella pentola quotidianamente, cosa significherà per i loro genitori essere a casa? Mi metto nei panni di chi, non avendo un contratto di lavoro da dipendente statale, non riesce a sbarcare il lunario perché non può lavorare e parlo di tutti quelli che hanno accettato ogni, o quasi ogni, compromesso lavorativo.
Oggi, mi sento davvero una persona fortunata, perché il nostro Stato mi garantisce lo stipendio mensile, ma gli altri? Eppure non possiamo restare indifferenti. Mettiamoci a riflettere su come un paese possa far fronte ad una crisi che è, e rimarrà epocale.
I programmi televisivi sono tempestati di interventi di esperti di ogni settore che dispensano consigli e ahimè, anche angoscia di tutti i generi. Eppure, qualche contributo positivo questo virus ce l’ha già donato. Vi chiederete cosa. Ieri mentre tutti erano chiusi dentro le loro case e, paradossalmente le luci dai palazzi erano più sfacciate dell’illuminazione pubblica, respiravo, pienamente, nelle strade desolate dietro il mio palazzo e cosa mi arrivava? Una frase chiara e forte: il pianeta ringrazia.
Chissà se Greta Thunberg, come me, ha fatto la stessa riflessione! Strade deserte di macchine, di gente, di frenesia…ergo aria più pulita.
Forse una riflessione in più va fatta. Nel tempo dilatato e lento delle giornate fermate dal covid-19, che cosa ci siamo perduti della vita che è passata così velocemente? Mettiamo a frutto la nostra esistenza che ci obbliga oggi alla riflessione ed alla lentezza.
Leggiamo, recuperiamo il tempo per la lettura, rispolveriamo i vecchi testi scolastici, anche per i nostri figli, nipoti, dedichiamo il tempo al fare, all’uso delle mani operose che si dedicano alla cucina, ai sapori di una volta, alla cura delle cose che nel tempo hanno reso confortevoli le nostre abitazioni.
Ritorniamo a fare ordine nei cassetti, negli armadi, selezioniamo cose che non utilizziamo più per farne dono a chi ha bisogno. Parliamo, condividiamo pensieri con i nostri familiari, e cerchiamo di avvicinare di più generazioni che oggi, non condividono neanche il totem rappresentato dalla televisione perché ognuno ha i suoi programmi, i suoi interessi, i suoi canali e ci si perde nelle stanze della propria abitazione a cercare un po’ di privacy. Riflettiamo insieme e facciamolo con il tempo che il virus ci sta concedendo, sperando che non si accorga troppo di noi.