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A rischio la pesca artigianale

Granchio blu in Sicilia e l’esempio Tunisia, Messina (Ugl): “Programmare azioni efficaci”

venerdì 18 Agosto 2023
Giuseppe Messina

Non c’è pace per i pescatori siciliani. Affrontati il covid, gli effetti indiretti dalla guerra in Ucraina, il caro carburanti e le strette Ue (solo per citare alcuni scogli che il settore ha dovuto fronteggiare negli ultimi anni), adesso arriva un nuovo nemico: il granchio blu.

COS’E’ IL GRANCHIO BLU E COME E’ ARRIVATO IN SICILIA

Il Callinectes sapidus, è un grosso crostaceo, originario dell’Atlantico. Rispetto ai granchi che siamo abituati a vedere lungo le nostre coste, il granchio blu ha dimensioni decisamente superiori e caratteristiche chele blu. I pescatori operanti lungo il Po ormai lo conoscono molto bene. La nuova specie aliena, infatti, sta colpendo gli allevamenti di cozze, vongole e orate, lungo la costa nord dell’Adriatico ma anche nel Tirreno, a partire dalla Toscana..

E’ difficile scoprire come il ‘killer dei mari’ sia riuscito ad arrivate dall’oceano alle nostre acque. Una delle tesi più avvalorate è che possa essere stato trasportato dalle stive delle navi.

Altra caratteristica importante, che spiega anche la sua rapida diffusione, è la veloce riproduzione. Ogni femmina, infatti, produce anche fino a due milioni di uova. Considerando che si tratta di una specie abbastanza aggressiva, capace di distruggere le attrezzature dei pescatori, e vorace di frutti di mare, l’animale si candida a essere una seria minaccia per il nostro ecosistema.

Adesso è arrivato anche qui in Sicilia. I primi e più consistenti avvistamenti sono stati nello Stagnone di Marsala.

I PESCATORI SICILIANI SI FARANNO PRENDERE ALLA SPROVVISTA?

Sull’Isola al momento il fenomeno è circoscritto nello Stagnone, a parte qualche caso sporadico nel Siracusano e in altre piccole aree. Ma certamente una terra come la Sicilia, fondata in larga scala sulla pesca artigianale, deve farsi trovare pronta a qualsiasi evenienza.

Ugl Sicilia, Giuseppe MessinaData per certa l’enorme diffusione nei nostri mari, è possibile sostenere che il granchio blu non scomparirà. Ciò che si può fare sono solo azioni di contenimento a cominciare dall’incentivarne la cattura a fini economici per il consumo, fresco o per le industrie di trasformazione“. A dichiararlo è stato Giuseppe Messina, segretario di Ugl Sicilia.

In tal senso come Ugl – prosegue – pressiamo verso le istituzioni preposte affinché si possano utilizzare, nel modo più efficace, strumenti di pianificazione dell’attività di pesca utilizzando il granchio blu come risorsa, intervenendo per ristorare la pesca artigianale dagli eventuali inziali danni economici dovuti alla sua diffusione. Programmare azioni efficaci – aggiunge – significa anche investire in studi e ricerche mirate per controllarne la popolazione e proteggere le attività di pesca, di acquacoltura, oltre all’ambiente marino“.

NUOVE FRONTIERE

Nell’attesa di idee e azioni concrete, che possano aiutare ad arginare la diffusione del grosso crostaceo, è possibile osservare e magari prendere esempio da alcune realtà. Prima ancora che in Sicilia, sono state Tunisia e Grecia a fare la conoscenza del Callinectes sapidus. Nei due paesi infatti la presenza è ormai fortissima da anni e sono state sviluppate delle nuove vie, trasformando quello che potenzialmente poteva essere un gravissimo danno all’economia in un’opportunità.

Il paese africano ha reagito all’emergenza creando una vera e propria filiera. Poco meno di quattro anni è stata sviluppata una fabbrica all’interno della quale la polpa del granchio viene estratta, lavorata e venduta anche al di fuori dei confini nazionali. L’Asia si è rivelato un mercato abbastanza proficuo e la richiesta è altissima. Un’economia già fortissima anche negli Stati Uniti, dove si parla di circa 58.000 tonnellate l’anno consumate. La Tunisia, dunque, insegna come la pesca e la cattura di questa specie sia l’unica soluzione (almeno al momento) per non solo arginarne la diffusione ma trarne anche profitto.

I rapporti tra Tunisia e Sicilia in realtà sono già partiti da tempo.Il distretto produttivo delle pesca di Mazara del Vallo – spiega Messina – entro la fine dell’anno concluderà uno studio intrapreso con le autorità e la politica tunisine e l’Università di Palermo proprio sulla la presenza del granchio blu e dei suoi effetti. Questo sicuramente potrà dare ulteriori indicazioni. Tra l’altro il distretto che ha già fatto un bando di evidenza pubblica e nelle prossime settimane, verso la metà di settembre, distribuirà alle aziende e ai pescatori che hanno partecipato delle nasse, utili, costruite e realizzate ad hoc proprio per la cattura di questo enorme granchio“.

L’attenzione non è rivolta solo all’estero ma anche verso la nostra penisola. A Mestre è nata un’azienda volta proprio alla trasformazione del granchio blu. L’idea nasce dalla volontà di sfruttare al meglio alcune caratteristiche organolettiche dell’animale.

Il crostaceo sarebbe infatti ricco di vitamina B12 e avrebbe un ottimo sapore. Così, dal granchio blu al rosmarino all’insalata di granchio alla veneziana fino agli spaghettoni all’aglio saltati al granchio, pescatori e chef si sono sbizzarriti nel creare nuove e succulente ricette. A incentivare maggiormente questa nuova frontiera sono i prezzi, attualmente alla portata di chiunque, intorno ai dieci euro al chilo.

Un rovescio della medaglia dunque esiste.

INTERVENTO DEL GOVERNO

Nelle scorse settimane anche il Governo Meloni si è mosso stanziando 2,9 milioni di euro per contrastare la diffusione del crostaceo. I fondi sono stati destinati principalmente ai consorzi e alle aziende di acquacoltura impegnate nella cattura e nello smaltimento del granchio blu. “Abbiamo una vocazione strategica nell’affrontare i problemi e ragionare non solo su quello che avviene oggi ma su quello che non deve avvenire in futuro e su questo elemento in particolare ci sono idee che vengono portate avanti dalle associazioni, dai nostri tecnici del ministero. Dobbiamo definire non solo le aree ma anche le modalità di intervento e le misure più idonee da intraprendere“, aveva spiegato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità e delle Foreste Francesco Lollobrigida.

Arriveranno risorse anche in Sicilia?

Attualmente il fenomeno è circoscritto.  Se dovesse arrivare ai livelli della zona adriatica, o della Tunisia, non vedo ragione per cui non assumere lo stesso atteggiamento anche per le marinerie siciliane, calabresi, campane o sarde“. Ha dichiarato Messina che ha concluso rimarcando come sia necessario “fare attenzione per capire l’impatto e intervenire subito per sostenere le famiglie che vivono di pesca artigianale, quelle che maggiormente rischiano di essere colpite“.

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