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Contrabbando di sigarette tra Tunisia e Sicilia: ecco come operavano le bande

martedì 30 Novembre 2021
foto d'archivio

Le casse di sigarette le chiamavano “i gialli”, il “fieno”, le “fragole”, usavano un linguaggio criptico, erano prudenti, temevano le “attenzioni” degli investigatori. Ma la circospezione non è bastata ad evitare loro il carcere. Parte da una intercettazione sul pregiudicato tunisino Samir Kacem l’inchiesta della Procura Europea, nella sua articolazione palermitana, che oggi ha portato al fermo di 13 persone indagate per un maxi contrabbando di tabacchi lavorati esteri.

Kacem sarebbe stato il trait d’union tra due distinte organizzazioni criminali che operavano tra la Tunisia e la Sicilia. Due bande ben organizzate con decine di componenti ciascuno con un ruolo preciso legate, scrivono gli inquirenti, “da una sorta di reciproca fidelizzazione commerciale”.
A capo dell’organizzazione con articolazioni internazionali era Walid Mirghli. Base nel trapanese, la banda aveva rapporti diretti con il capo della cellula tunisina, Ahmed Zaabi con il quale organizza l’introduzione in Italia delle sigarette spedite dalla Tunisia a bordo di pescherecci e trasbordati in acque internazionali su imbarcazioni di medie e piccole dimensioni che partono dall’Italia.

L’organizzazione avvia i suoi traffici nel 2020 con la creazione di una struttura stabile in grado di veicolare enormi quantità di sigarette di contrabbando provenienti dalla Tunisia, introdurle in Italia e curarne la successiva commercializzazione sul territorio nazionale, a partire da una prima spedizione di tre tonnellate a bordo di un peschereccio con destinazione le coste trapanesi. Attratti dalle favorevoli condizioni economiche, aderiscono all’iniziativa in tempi diversi e ciascuno col proprio contributo Kacem, Mehdi Ammari, Francesco e Bartolomeo Bertuglia Mohamed Baili, Vito Agnelllo e Giuseppe Licata. II gruppo si preoccupa di raccogliere la somma necessaria per finanziare il pagamento dell’acconto richiesto per le sigarette, armare le imbarcazioni idonee al trasporto, dotandole anche di dispositivi satellitari per le comunicazioni in mare, individua i punti di approdo dove scaricare le casse in sicurezza e noleggia gli autoveicoli per il trasporto a terra verso i depositi dove nasconderle.
La banda opera in accordo con i referenti trapanesi.

Avuta la disponibilità degli ingenti carichi di contrabbando, vengono avviati i contatti con i potenziali compratori palermitani e in particolare con il gruppo criminale capeggiato da Antonino Lo Nardo che poi vende al dettaglio. Lo Nardo dirige le attività di tre diverse bande di contrabbandieri. Le due organizzazioni, definiti gli accordi sul prezzo, sia telefonicamente che attraverso incontri di persona, alcuni dei quali documentati ed osservati dalla polizia giudiziaria, adottano precise modalità per organizzare la cessione.

Il gruppo criminale palermitano organizza la ricezione ed il trasporto a Palermo dei tabacchi lavorati esteri acquistati, utilizzando due o tre auto, in genere prese a noleggio da terzi estranei al traffico, e realizzando un vero e proprio sistema di staffetta per anticipare, lungo il tragitto, le autovetture che trasportano la merce illecita, per segnalare la possibile presenza delle forze dell’ordine.

Il gruppo tunisino-trapanese, secondo gli inquirenti, ha il monopolio del contrabbando sulla rotta marittima tra il nord Africa e la Sicilia.

 

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