Anche quest’anno la ricorrenza del 25 aprile non è immune da polemiche insulse e pretestuose che puntano a delegittimare e a ridimensionare la portata storica di quel straordinario avvenimento che fu la Resistenza, quel grande movimento di popolo che restituì agli italiani la libertà e cancellò la vergognosa pagina del fascismo.
Vi è il tentativo, infatti, di recidere ogni legame con questa storia e, cosa ancora più grave, si dà spazio e legittimazione a vecchie e nuove formazioni neofasciste che, peraltro, un ministro degli interni avrebbe il dovere di sciogliere e perseguire come impongono la Costituzione e le leggi della repubblica.
Questo disegno di falsificare arbitrariamente questa storia avviene in modo rozzo e volgare, ma anche in modo subdolo, a cominciare dalla falsificazione della natura e dei caratteri della Resistenza.
Per costoro, infatti, non fu una lotta di liberazione ma una guerra civile, mettendo sullo stesso piano i morti della Resistenza con quelli della repubblica di Salò.
Ora non vi è alcun dubbio che anche verso quei giovani che, in nome di quella repubblica, sacrificarono la loro vita occorre mostrare rispetto, ma la loro morte non è sovrapponibile a quella dei partigiani.
Una guerra civile, infatti, è frutto di una lacerazione all’interno di uno Stato, dove si contrappongono visioni, interessi e valori diversi. In questo caso si trattò, invece, di una guerra di liberazione da un occupante straniero, i nazisti di Hitler, spalleggiato da un governo fantoccio che non aveva nessuna legittimità e rappresentanza.
Nessuna confusione quindi con chi ha combattuto per la libertà e la democrazia, e non solo attraverso le formazioni partigiane, ma anche con semplici e quotidiani atti di coraggio individuali, offrendo cibo, nascondendo i partigiani e i perseguitati dai nazifascisti per le loro idee o per il loro credo religioso come gli ebrei. Si rischiava la galera, la tortura e la fucilazione per avere distribuito un volantino o recato un messaggio a chi stava in montagna, le famose staffette formate prevalentemente da donne.
Dall’altro lato vi erano coloro che sostenevano e collaboravano con l’occupazione nazista della nostra terra, nel tentativo disperato di sopravvivere in un mondo dominato da Hitler, prolungando così le sofferenze del popolo italiano.
L’altra falsificazione storica che si tende ad accreditare è che in fin dei conti si trattava di un movimento comunista e, come tale, da considerarsi un retaggio del passato. Un derby tra fasciati e comunisti, così lo ha definito il ministro Salvini.
Ora non vi è dubbio che i comunisti furono quelli che pagarono il prezzo più alto in questa lotta per la libertà, basti pensare al numero dei morti, a quello degli arrestati, a quello dei confinati ed ebbero un ruolo maggiore anche perché furono l’unica forza politica che, nonostante la ferrea e feroce dittatura fascista, mantennero una presenza e una rete organizzata nel paese.
I comunisti furono quindi una parte importante ma una parte, mentre attorno alla Resistenza si formò la nuova classe dirigente che liberò prima il Paese e poi lo ricostruì anche moralmente.
Sono da ricordare personalità come Ferruccio Parri e Pietro Nenni del mondo socialista e azionista, per citarne solo alcuni. E poi tantissimi esponenti del mondo cattolico e della stessa Chiesa, come Luigi Sturzo, e tantissimi esponenti della destra monarchica e liberale, per non parlare di Benedetto Croce uno dei più grandi filosofi del Novecento e ancora tra i democristiani Tina Anselmi e Alcide De Gasperi che peraltro fu colui che istituti il 25 aprile come festa della liberazione.
Non a caso all’interno dello schieramento antifascista si confrontarono, a volte in modo anche aspro, concezioni e visioni diverse.
Vi era una componente di destra (monarchici e liberali) che avrebbe voluto limitare la lotta a una serie di atti di sabotaggio, affidati a gruppi ristetti e sotto la guida delle truppe alleate.
La sinistra, (il PCI, il PSI, il Partito d’Azione e anche importanti forze del mondo cattolico) propugnava una lotta di massa guidati dal CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale, che collaborasse con gli alleati ma con una piena autonomia.
Una scelta questa dettata anche dall’esigenza che, a guerra finita, la riconquistata libertà non fosse solo merito degli alleati ma anche del contributo del popolo italiano. Le forze di destra, anche per questo, non volevano che la lotta si stendesse dalle montagne alle città, proprio per impedire che il movimento antifascista assumesse dimensioni di massa e, pertanto, osteggiavano la saldatura della lotta partigiana con gli scioperi e le proteste popolari che cominciavano a manifestarsi.
Anche sul ruolo del CLN vi erano due diverse concezioni. Le forze di destra lo volevano solo come organismo unico e di vertice, mentre per la sinistra il modello CLN doveva estendersi anche nelle città, nei comuni, nelle fabbriche, in sostanza organismi di partecipazione popolare.
Il dissenso tra la destra e la sinistra e i cattolici democratici era essenzialmente frutto di una diversa concezione della Democrazia. I primi propugnavano un ritorno alla democrazia prefascista, mentre i secondi pensavano a una democrazia di tipo nuovo in grado di eliminare le radici del fascismo costruendo una società più libera e più giusta, che troverà, infatti, uno sbocco concreto nella nuova Costituzione repubblicana.
In sostanza lo schieramento antifascista, anche per il peso esercitato dal PCI, non separò mai la lotta di Liberazione dai contenuti sociali, considerando questa scelta il primo passo per costruire una nuova società, portando alla fine su questo terreno anche le forze moderate dello schieramento antifascista.
In questo grande merito è da attribuirsi al PCI e, in particolare al suo leader Palmiro Togliatti, perché nonostante le diverse posizioni non vi fu alcuna lacerazione e si realizzò un’ampia unità antifascista, anche perché, altro merito di Togliatti, si evitò di scegliere in quel momento la scelta tra monarchia e repubblica che avrebbe diviso le forze antifasciste, ma si decise che questa scelta fosse affidata direttamente al popolo italiano, a Liberazione avvenuta, per mezzo di un Referendum.
Nella realtà di oggi un capitolo nuovo può essere aperto nella storia politica del Paese a partire dalla lunga storia nata dalla Resistenza. Una storia che non va imbalsamata ma deve vivere nelle coscienze soprattutto delle nuove generazioni, come è avvenuto nella lotta contro la mafia.
Lotta alla mafia e lotta al fascismo sono le facce della stessa medaglia. Due storie che devono costituire un richiamo, una forza aggregante non solo da celebrare ma per stimolare tutti ad operare per un avvenire libero da ogni forma di oppressione.