A tessere le fila del dopo-voto sarà il siciliano più illustre dello Stivale. Sergio Mattarella da Palermo, uno che ne ha viste più di qualcuna: salendo sul colle più alto sapeva che un giorno come quello vissuto ieri dagli italiani sarebbe potuto arrivare con grande probabilità.
Partirà da un incarico esplorativo? Proverà subito a rompere gli indugi dando mandato al governo di coalizione con il centrodestra? Attenderà oltre il dovuto, facendo stemperare gli animi?
Lo vedremo a suo tempo. Forse non prestissimo. Certamente non subito.
Chissà se peseranno, nelle considerazioni del presidente della Repubblica, i numeri che risuonano, pesantemente, del 28-0 che incidono forse anche più del 61-0 del 2001, posto che a infliggere il cappotto è stato il Movimento 5 stelle e cioè la lista non in coalizione che ha battuto le coalizioni. (Nel 2001 autore del risultato fu il centrodestra).
Un fatto è certo, gli italiani, e tra questi, in massa i siciliani, hanno deciso di procedere col voto per tentativi. Andando quasi per esclusione. Da un profeta all’altro, da una nemesi a un’auto-punizione, almeno nel recente passato. Da ieri le scuse sono finite anche per i due partiti più vicini alle logiche anti-sistema, M5s e Lega di Salvini (in Sicilia per lui un buon 5%).
Le rendite di posizione “parassitarie”, come le ha definite Antonello Caporale, a proposito di M5s e Lega, basate sul fatto di non avere assunzioni di responsabilità legate all’azione di governo devono considerarsi concluse.
Niente alibi più per nessuno.
Ha ragione inoltre il leader dei 5stelle in Sicilia Giancarlo Cancelleri, che ieri, in una nota, ha detto chiaramente, che il voto espresso sui 5stelle non è un voto di protesta, ma una richiesta di affidare precise responsabilità di governo.
Se anche non fosse così, con i numeri che sono usciti dalle urne c’è poco da fare filosofia. La democrazia si basa sui numeri e non sulle sfumature.
Mattarella sa questo e sa tutto il resto. E ne terrà ampiamente conto quando sarà il momento.
La Sicilia è un chiaro promemoria.