Un turista cancella la sua prenotazione in un B&B del centro storico di Palermo: ha letto online che la zona è poco sicura. Quel messaggio, diventato un reel pubblicato dalla community Filis Palermo, il 26 luglio, scatena una reazione virale e una riflessione pubblica sulla città.
Una serie di screenshot che raccontano un’ultima cancellazione, un disagio, una fuga percepita. Il post, pubblicato a fine luglio, è diventato virale, ricevendo centinaia di reazioni da residenti palermitani, operatori e semplici curiosi.
Che ha fatto da detonatore per una dibattito collettivo nei commenti.
Commenti indignati ma anche propositivi – su pulizia urbana, sicurezza, servizi, responsabilità delle istituzioni – hanno trasformato il caso in simbolo. Il centro del dibattito non è più solo la zona di quel B&B, ma l’intero tessuto urbano: Ballarò, Capo, Vucciria e i loro limiti. Palermo appare divisa tra fascino e decadenza, potenziale turistico e fragilità sociale come già emerso in un precedente articolo dedicato all’overtourism nel centro storico, dove si descrive una città in continua espansione ricettiva ma senza un corrispondente sviluppo di un piano di gestione urbano e di crescita dei servizi collegati.
Palermo e “overtourism” in centro storico: la città che non dorme mai
Questo é un episodio che si trasforma in un indicatore di un problema sistemico: la gestione dei flussi turistici, la carenza di decoro urbano, la percezione di insicurezza nei residenti.
Il caso diventa così un’urgenza narrativa, capace di connettere visibilità digitale e geografie locali.
Palermo si guarda allo specchio: dai social un grido d’allarme che chiede più sicurezza e più cura
Sotto il reel pubblicato da “Filìis Palermo” sul proprio profilo di Instagram, sabato 26 luglio, che mostra un turista annullare all’ultimo una prenotazione a Palermo per timori legati alla zona e alla sicurezza, la discussione si è accesa.
La community Filiis Palermo è un’associazione attivista che da tempo opera in città con i suoi volontari che si occupano di pulizie straordinarie, raccolgono segnalazioni su degrado, rifiuti e sicurezza che vengono poi inoltrate alle istituzioni competenti, ottenendo buoni riscontri e risultati concreti. Il loro slogan, “Filiis”, richiama il legame profondo con la città e l’appartenenza come “figli di Palermo”: un impegno civico che valorizza responsabilità civile, collaborazione tra cittadini, e un’azione quotidiana per creare comunità viva, accogliente e rispettosa.
In questo caso il dibattito nei commenti del loro reel Instagram è diventato rapidamente un esercizio collettivo di autocoscienza, una seduta pubblica di riflessione sulla città.
C’è chi, come una donna, sposa senza riserve il punto di vista del visitatore: “Mi metto nei panni del turista e gli do pienamente ragione! Palermo si presenta come una discarica a cielo aperto, al di là dei cassonetti colmi, marciapiedi e strade fanno schifo!” Poi si chiede, con tono sarcastico e amaro: “Dove sono gli spazzini? Si sono estinti?”
Un altro utente, uomo, allarga il discorso e fa un parallelo con l’esperienza personale: “Dopo cinque anni al Nord mi sono trasferito a Palermo. Bellissima città, clima e qualità della vita buoni. Ma i primi mesi sono stati difficili. Differenze enormi: raccolta differenziata assente, confusione, pulizia urbana scarsa. Mondello d’estate è inaccessibile, la mobilità è complicata. Devi scegliere bene dove uscire la sera, evitare certi locali, comprare tutti gli antifurti possibili se hai una moto. Palermo ha potenziale enorme ma la mancanza di sicurezza e la sensazione d’incuria la rendono meno vivibile di quanto meriti”. Un’analisi dettagliata, senza rabbia ma con disillusione.

In un altro commento, un turista conferma il proprio amore per la città ma non risparmia critiche: “Palermo è bellissima, ci tornerò sicuramente. Ma le borgate hanno un odore nauseabondo, rifiuti organici in fermentazione per giorni. Se per un turista è insopportabile, immagino per chi ci vive tutto l’anno. Alcuni B&B sorgono in quartieri pericolosi, e molti turisti si basano solo sul prezzo senza informarsi. Però va detto: mai trovato altrove il calore umano dei palermitani”.
In mezzo alle critiche emergono anche osservazioni sul modello stesso di turismo diffuso, che negli ultimi anni ha trasformato porzioni intere del centro storico. Un utente scrive: “Molti B&B sono nel centro storico, e sappiamo tutti che lì vivono anche persone poco raccomandabili. Si pensava che i B&B avrebbero riqualificato le zone, ma se li apri in zone di delinquenza cosa ti aspetti? È tutto sbagliato: imprenditori e politica hanno fallito. Spero non diventi un trend, perché il turismo è il motore economico della città”.
C’è anche chi prova a suggerire soluzioni pratiche: “Prima di prenotare un B&B alla Vucciria o a Ballarò, si potrebbe cercare meglio. Anche in centro ci sono zone tranquille, basta informarsi un po’”. E un altro commento, più strutturato, propone una collaborazione tra privati: “I gestori dei B&B potrebbero unirsi in un’associazione e organizzare pulizie straordinarie, magari in aiuto alla RAP. A Ballarò ci sono progetti di riqualificazione con fondi regionali. Intanto si potrebbe agire in base alle proprie possibilità invece di restare a guardare”.
Una frattura crescente

I commenti non negano la bellezza della città, anzi: spesso la esaltano. Ma proprio per questo, il senso di frustrazione è maggiore. Lamentano uno scarto sempre più evidente tra il potenziale e la realtà. Tra la storia, la luce e l’arte da una parte, e la spazzatura, la paura e l’abbandono dall’altra.
Molti commenti puntano anche il dito sulla scelta stessa di alloggiare in certi quartieri. In diversi sottolineano che molti B&B sono nati nei vicoli meno curati del centro, dove il degrado, il problema della droga e del crack che circola per le strade è più evidente. E che i turisti, attratti dal prezzo o dalla posizione apparentemente centrale, spesso non si informano abbastanza.
Ma c’è una consapevolezza diffusa che le responsabilità siano più in alto: “Tutta colpa di una politica che non ha curato niente”, scrive un utente. E un altro avverte: “Tra spazzatura, rapine, scafazzati con gli scooter… tra due o tre anni non verrà più neanche mezzo turista”.
Una città che parla, ma ascolta?
La forza di questo caso non sta solo nello screenshot di una conversazione privata diventata pubblica. Ma nella potenza di una reazione collettiva che mette in fila problemi antichi – rifiuti, sicurezza, decoro urbano – e li proietta sulla scena del turismo.
L’impressione che emerge è che Palermo stia vivendo una fase di verità. Una città ancora viva e amata, ma sempre più in bilico.
Dove l’accoglienza non basta più a compensare i vuoti, dove l’entusiasmo non copre le fragilità, e dove lo sguardo del turista diventa – nel bene e nel male – uno specchio nitido per chi ci abita ogni giorno.
Palermo sotto osservazione: una domanda collettiva rivolta alle Istituzioni locali
Dietro le migliaia di visualizzazioni e le centinaia di commenti nel reel c’è un termometro del disagio cittadino che cresce nel tempo e di intensità. C’è la voce stanca di chi abita il centro storico e racconta di serrature rotte, auto violate, portoni forzati, biciclette scomparse. Ma anche quella dei proprietari di B&B che temono per i loro ospiti e la reputazione della città, mentre il turismo cresce a ritmi record. Episodi che ricalcano un quadro dell’ultimo periodo su furti, aggressioni e paura crescente in cui la città emerge sempre più fragile sul piano della sicurezza urbana.
Aggressioni, furti e paura in aumento: Palermo città fragile
Tuttavia, la paura da sola non costruisce soluzioni. Molti utenti invocano maggiore presenza delle forze dell’ordine, più controlli serali, una rete di videosorveglianza integrata e funzionante.
Altri propongono una diversa distribuzione dei flussi turistici, per evitare che alcune zone – come Ballarò, il Capo, la Vucciria – restino in bilico tra rilancio e degrado. C’è chi chiama in causa il Comune: “I quartieri popolari non possono essere lasciati a se stessi. La sicurezza è anche decoro, illuminazione, servizi”, scrive un residente.
I commenti social, con i loro toni spesso esasperati, non devono essere sottovalutati: sono un grido, una richiesta, un’opportunità. Palermo – che ha fatto della resilienza uno stile di sopravvivenza – ha bisogno ora di un progetto condiviso.
Che coinvolga istituzioni, cittadini, operatori turistici e residenti. Che non nasconda la polvere sotto il tappeto ma provi a disegnarne uno nuovo, più solido. Perché non basta dire “è sempre stato così”.
Da qui emerge una domanda collettiva, rivolta al Comune di Palermo, alla forze dell’ordine, alle partecipate comunali e a tutti gli attori locali coinvolti: come conciliare l’immagine della città con la sua realtà quotidiana?
E nel centro storico di Palermo, la realtà racconta altro. La sicurezza non è solo un sentimento: è esperienza concreta, fatta di vicoli evitati dai palermitani stessi al calare del sole, di voci preoccupate nei gruppi di quartiere e nelle community social, di turisti spaesati e che non vengono, gestori di B&B costretti a rassicurare e perdere clienti.
La percezione si può discutere, la realtà si vive. E chi Palermo la abita, o anche solo la attraversa, lo sa bene.