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Il cous cous alla trapanese, una delizia di origine nordafricana

sabato 8 Agosto 2020

 

Il cous cous di pesce è uno dei piatti più importanti e rappresentativi della tradizione gastronomica trapanese, una bontà che ha impreziosito la cucina siciliana anche se le origini di questo piatto, come si può facilmente intuire dal nome, non sono italiane.

Il cous cous, infatti, vanta una storia millenaria.

Nacque in epoca medievale, molto probabilmente tra il VII e l’VIII secolo, nelle coste maghrebine e nell’Africa subsahariana, divenendo il piatto principale di queste regioni. È probabile che i nomadi berberi del Maghreb avessero imparato le tecniche di cottura del cous cous dalle popolazioni subsahariane. Ma uno dei primi riferimenti scritti risale all’XI secolo, nel Kitab fadalat al-Khiwan di Ibn Razin al-Tujibi, un’opera realizzata nella penisola iberica musulmana. E altre ricette del cous cous le troviamo nei secoli successivi in testi redatti sempre in Al-Andalus e in generale nel mondo musulmano del Mediterraneo occidentale. Invece andando più a Oriente il piatto sembra essere meno diffuso, essendo prevalente la cucina egiziana. Il cous cous nacque dall’esigenza di conservare facilmente e in tempi lunghi i cereali. Nato come piatto povero, fu per diversi secoli il principale alimento consumato dalle popolazioni nomadi berbere. Ancora oggi nell’Africa nord-occidentale si consumano grandi quantità di cous cous accompagnato soprattutto da verdure, carne di agnello o carne di montone e brodo.

Le prime testimonianze italiane sul piatto nordafricano risalgono al XVI secolo: nel 1550 Giovanni Battista Ramusio pubblicò un trattato geografico “Delle navigazioni et viaggi” dove, in riferimento alle abitudini alimentari del Marocco, troviamo le seguenti parole “sogliono anchora mangiare, et insieme cipolle et fave, ò pure l’accompagnano con un altro cibo, dito da essi Cuscusu”. Nei decenni successivi furono pubblicati altri trattati che testimoniano l’uso del cous cous nel nord Africa.

Ma quando arrivò il cous cous in Sicilia? Nella seconda metà dell’ottocento, l’antropologo e studioso Giuseppe Pitrè, in un saggio sugli usi e costumi culinari dei siciliani, riportò un episodio risalente al 1777 relativo ad un matrimonio tenutosi a Trapani con queste parole “fu regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata”. La testimonianza prosegue con la descrizione della preparazione del piatto che è uguale alla lavorazione nordafricana.

Alla luce delle fonti a disposizione risulta molto difficile poter dire se il cous cous sia stato introdotto nella cucina trapanese durante la dominazione musulmana dell’Isola, considerando che la cultura arabo-islamica esercitò forte influenza sui costumi siciliani fino alla metà del duecento, oppure se sia entrato nelle abitudini gastronomiche trapanesi in seguito alle relazioni e agli scambi avvenuti nei secoli successivi con le aree nordafricane. I libri di cucina in tal senso ci aiutano poco in quanto tendenzialmente riportano le ricette appartenenti alla cucina dei nobili e dei borghesi e il cous cous fu inizialmente un piatto popolare.

Le fonti diventano più generose alla fine del settecento: pensiamo al “Vocabolario siciliano etimologico” del 1785 che riporta il termine “cuscusu” descritto nei seguenti termini “Dicciano una sorta di pasta per lo più fatta di semola ridotta in forma di piccolissimi granelli, che cotta si mangia in minestra”. Nel corso del XIX secolo i riferimenti letterari aumentano a dismisura e alla fine del secolo, in particolar modo nel 1891, Pellegrino Artusi ci fornisce la ricetta completa del “cuscussù”. Nel 1910 Armando Cougnet nel suo ricettario “L’arte Cucinaria in Italia”, sarà il primo a indicare il cous cous come piatto tipico della tradizione gastronomica siciliana.

Secondo una leggenda il cous cous sarebbe antichissimo. Il racconto leggendario ha per protagonista re Salomone, innamorato follemente della regina Sabina ma non corrisposto da quest’ultima. Per cui, il sovrano, distrutto dal dolore provocato dalla delusione amorosa, perdette l’appetito ma anche l’energia e la forza necessarie per governare. Salomone uscì dal suo torpore grazie al cuoco di corte che gli preparò una ciotola di cous cous talmente appetitoso che il re non potette fare a meno di mangiarlo, riacquistando la forza perduta e potendo così regnare con equità e saggezza. Infatti, Salomone divenne un esempio per i sovrani dei secoli successivi e non a caso il cou cous nel mondo berbero e musulmano è simbolo di pace e amore.

Le varietà del cous cous sono innumerevoli: per esempio, in Egitto viene mangiato come dolce, condito con zucchero, cannella, uvetta e noci; in Marocco con lo zafferano; in Sicilia, invece, è prevalentemente accompagnato dalla zuppa di pesce. L’ingrediente principale del cous cous è la semola di grano duro incocciata con l’acqua. Ed è proprio l’incocciatura il procedimento cardine da cui dipende la buona riuscita di un cous cous di qualità. Infatti, la semola non deve venire né troppo grossa né troppo fine, deve essere setacciata a mano, per cui l’abilità del cuoco è fondamentale. L’incocciatura del cous cous è un vero e proprio rito. Nella cultura trapanese e siciliana il recipiente è chiamato mafaradda, un vaso di grandi dimensioni, spesso variopinto, espressione dell’arte ceramica isolana. Dopo l’incocciatura la cottura viene fatta a vapore nella cuscussiera, una pentola di terracotta smaltata che va posta su una più grande: in quella inferiore si cucina il brodo di pesce e in quella superiore la semola. La zuppa di pesce è costituita da scorfano, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, anguilla, pesce imperatore e vi si possono aggiungere altri pesci come gamberi o scampi.

Cous Cous di pesce

Trapani è la culla del cous cous siciliano che, non a caso, viene definito “alla trapanese”, il quale è stato inserito dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali tra i prodotti agroalimentari tradizionali siciliani. Il cous cous alla trapanese è un’eccellenza della cucina siciliana, una delizia per i sensi, figlio delle relazioni plurisecolari della Sicilia con le aree nordafricane. Un piatto che è entrato profondamente nelle abitudini e nella cultura alimentare trapanese, tant’è vero che a San Vito Lo Capo, dal 1998, avviene il Cous Cous Fest, una manifestazione internazionale nella quale prendono parte cuochi provenienti da diverse parti del mondo, a testimonianza della vocazione millenaria della Sicilia nel dialogare con culture diverse. Un dialogo e un incontro di culture che ha permesso l’elaborazione di un vero e proprio capolavoro gastronomico.

 

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