Carissimi, un giorno uscì inaspettatamente il “due in schedina” e ne vedemmo delle belle.
Fino a quel momento i più forti e i tracotanti sbattevano in faccia a tutti la loro presunzione perché mai e poi mai ci si sarebbe potuto aspettare un “due” e poi proprio in quel campo così forte dove tutto per loro sembrava sotto controllo, dove tutto s’immaginava esser concesso, dove non soltanto i “giocatori” ma tutto l’ambiente era forte e sicuro di se. Tutto era vincente finanche le porte e certi della propria “potenza” spesso e volentieri qualcuno si lasciava andare a gesti di poco stile e mortificanti per i “rivali”.
Ma che volete, come dargli torto, tutto girava da qualche tempo per il verso giusto e anche il sistema si era abituato all’idea che costoro fossero invincibili e anche quando nasceva un “dubbio” era più saggio e più conveniente non essere “pro reo” e così facendo si alimentò il mito.
Ma quando tutto ti va bene e naturale che ti venga la voglia di “andare fuori misura”, spinto anche da chi ti “sostiene” che nulla può sapere dei tuoi limiti e in modo spesso subdolo ti fomenta e t’invita a “andare sempre oltre” dando la sensazione che ti sia “bevuto il cervello”.
Diciamolo francamente, gli spettatori vogliamo vedere sempre “spettacoli cruenti” fin dai tempi delle “arene”, perché i miti, dopo averli creati e esaltati, godono immensamente nel distruggerli poiché ciò li tranquillizza nella loro dimensione di mediocri.
Però, come dicevamo, un giorno usci il “due” e fu clamoroso non solo per la circostanza che fece “felici” quei pochi (ed erano quanto le dita di una mano) che speravano e avevano scommesso che ciò potesse accadere, non prima o poi, ma in quel determinato momento, ma grazie al fatto che oltre che clamoroso fu devastante per chi non abituato a perdere, subendo una “défaillance” nel momento di massimo sforzo finisce per perdere la concentrazione, la tranquillità e alla fine la certezza.
E fu così che dopo quel “due”, giunsero altri “due” e il giocattolo si ruppe, anzi crollò come un castello di carte, poiché anche i “sostenitori” non proprio fidelizzati trovarono non più conveniente il loro sostegno, anzi si guardarono in giro in cerca di altri modelli in quel momento vincenti.
Chi “se ne sentiva” (come si dice dalle nostre parti) disse “alla scordata” che il grande errore non fu subire un “due” ma non chiedersi come e per quale motivo questo “due” si fosse subito, continuando imperterriti nello stesso atteggiamento, senza prendere consapevolezza della scarsezza del progetto iniziale basato non su un collettivo, non su “campioni” ma su quelli più “convenienti”.
Quel “due” rimase soltanto oggetto di chiacchiere nel tempo dietro un bicchiere di vino nelle “taverne”.
Morale della storia: se sei veramente forte, se ti sarai “allenato bene”, saprai dosare le tue energie e misurare i tuoi comportamenti così facendo sarà tutto sotto il tuo controllo, ma se non sei veramente così forte e i tuoi successi sono frutto di compromessi, di protezioni, debolezze altrui o peggio di furbate, basta una “folata di vento” in un momento di distrazione, basta un “episodio dimenticato” e anche il più insignificante dei giocatori, anche la squadra più scarsa ti farà “goal” quando meno te lo aspetti e si porterà a casa la partita.
Quindi attenzione non fare troppo gli “sbruffoni e i superficiali” mentre si vince, perché un “due” è sempre in agguato. Ma voi mi direte: “Che significa il totocalcio non esiste più!”
Si è vero, ma i “due” non escono soltanto in schedina.
Un abbraccio, Epruno.