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Non mi Posso Dispiacere

venerdì 17 Novembre 2017
lacrime-buffon

Carissimi,
sarà mai io ho un’altra idea di quello che voi tutti chiamate “pallone” e perché dopo la cocente e attesa eliminazione con i “mobilieri d’assemblaggio e catenacciari” svedesi, dai mondiali di Russia, tutti oggi parlano di pallone per dire “schifiu”.
Schifiu lo dico io, ma non per l’eliminazione venuta da uno spareggio tra due seconde che può anche starci, ma dico schifiu per quello che sotto i nostri occhi è diventato questo calcio pieno di personaggi in cerca d’autore.
Lo posso dire perché da piccolo, giocavo per le strade non ancora pedonali, inframezzando le azioni con l’interruzione per il passaggio delle auto.

Lo posso dire perché io ho conosciuto un altro calcio, perché posso parlare di un bambino che andava il sabato pomeriggio, davanti al cinema Golden ad aspettare l’arrivo del Palermo che veniva al secondo spettacolo per vedere il film. Oggi come ce la porti “una babele di squadra” a vedere un film?
Come me tanti altri che da lillipuziani eravamo lì davanti, con il nostro pallone Super Santos sotto il braccio e una penna, pronti a raccogliere gli autografi di questi per noi giganti che altro non erano che giovani ventenni dentro le loro divise sociali, con le cravatte tutte uguali e il bavero del cappotto alzato per darsi un tono.
Bastava che un calciatore passasse tra di noi schiacciandoci l’occhio a mo’ di saluto che non avremmo dormito quella notte e l’indomani ci saremmo vantati con i compagni di classe di aver conosciuto Favalli e noi eravamo piccoli e loro erano pure piccoli, una squadra di serie B, ma ci bastava, perché attraverso loro sognavamo.

Rivedo quei quattro squattrinati di una volta, se paragonati ai milionari di oggi, giocatori di proprietà delle società e guardo questi “simil personaggi” con i loro manager e procuratori, tutti tatuati con la cresta sulla testa, o con tagli di capelli così orribili da far vomitare lo stesso Kocis mitico barbiere della leva militare.
Guardo quei ragazzoni semplici di una volta, anti divi, stampati sulle figurine panini, con espressioni più simili alle foto segnaletiche della questura, con facce tali da terrorizzare qualunque avversario e penso: “Dove sono finite certe figurine che eri disponibile a giocarti subito allo “ppa” nelle speranza di perderle, con certe facce che ti avrebbero in questo caso tolto il sogno di notte?”

Altro che fighetti viziatacci e piagnoni dopo le batoste.
Dove sono oggi i Mascalaito con quei baffoni truci, i Festa, i Beatrice, i tignusi Udovicich e Lodetti, i Polentes, i Panzanato, i Del Neri (allora ancora più brutto di oggi) ragazzoni che sembravano “patri di famigghia” per la loro serietà e autorevolezza ad appena vent’anni?

Che ne è stato di quel calcio con le magliettine senza scritte, dove scoprivi che quella era la magliettina del Foggia perché aveva le strisce più larghe di quelle del Milan che ne è stato di quel calcio dove “l’attaccamento alla maglia”, come direbbe Ibrahimović, era fondamentale? Che ne è stato di quel calcio dove il capitano diventava una bandiera e giocava per tutta la sua carriera nella stessa società?

Oggi il calcio è “spettacolo televisivo” e i Martellini o il sacro Nicolo Carosio hanno lasciato il posto a commentatori ex giocatori con la terza elementare, oggi il calcio spezzatino televisivo è diventata una ribalta su ciò che è la nostra società con tutti i suoi difetti.

Come spiegare Rivera, Sollier o Meroni e il loro modo (oggi diremmo garbato) di contestare il sistema a chi con una bravata ignorante, i suoi baffetti alla Hitler, la sua l’effige della repubblica di Salò sotto la maglia, esulta facendo il saluto romano rievocando a Marzabotto dolori, memorie e coscienze che grondano ancora di sangue?

Che cosa c’entra tutto ciò con il pallone?
Nel mio calcio dove le partite si giocavano tutte in contemporanea la domenica, ci poteva stare che si facesse melina passando la palla indietro al portiere. Poteva anche accadere che la squadra più scarsa si chiudesse per l’intera partita nella sua area di rigore facendo il peggiore dei catenacci “alla Rocco” nell’attesa del 90° (momento certo della fine dell’incontro) e poi magari su contropiede faceva goal, ma tutti avremmo gridato …… “clamoroso a San Siro”.
Un abbraccio Epruno.

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