“Con questo piano ci facciamo ammazzare, già volevano farmi cadere proprio sui rifiuti ma non ci sono riusciti”, sussurra Rosario Crocetta all’assessore all’Energia Vania Contraffatto, per la verità assorta in altri pensieri mentre il governatore lancia quello che definisce il “modello Sicilia”, il progetto su cui sta lavorando a stretto gomito con Maurizio Pirillo, dirigente del dipartimento rifiuti, per tentare di far decollare il piano dei rifiuti, che si muove molto a rilento. Il cuore del progetto sono le “stazioni”: una sorta di aggregato di impianti di compostaggio, gassificazione e inertizzazione dei rifiuti. Impianti che secondo i calcoli di Crocetta potrebbero essere realizzati in tre mesi e a costi “assolutamente sopportabili” con l’obiettivo principale di mandare definitivamente in soffitta l’ipotesi dei termovalorizzatori (due maxi o 5 mini) e di chiudere il ciclo dei rifiuti a impatto ambientale zero e creando le condizioni per ridurre le tariffe e le tasse a carico dei cittadini.
“Ma sappiamo che in questo modo tocchiamo interessi grossi, c’è chi lavora affinché il sistema dei rifiuti rimanga paralizzato”, accusa Crocetta. E’ convinto che il suo modello tolga una buona fetta di giro d’affari alle lobby dell’immondizia ma anche a chi trova ristoro dall’inefficienza. Tra i “nemici” il governatore indica alcuni gestori di discariche senza comunque fare nomi e alcuni comuni che secondo lui giocherebbero sporco attraverso gli Ato di cui sono soci e a cui non versano le tariffe contribuendo ad aumentare i debiti di queste strutture che continuano a gestire i servizi in molti territori ma in maniera del tutto illegale perché già da tempo avrebbero dovuto cedere il posto alle Srr, costituite per legge ma ferme al palo. Si tratta per il governatore degli stessi “nemici” che tenterebbero di boicottare anche la raccolta differenziata, che stenta soprattutto nei grandi comuni. Ma qual è il giro d’affari attorno a questa montagna d’immondizia? Si parla di un miliardo di euro per un sistema che si regge su appena cinque discariche pubbliche e su quelle in mano ai privati, eredità questa lasciata dal governo di Raffaele Lombardo.
Tra i più attivi è il gruppo Oikos della famiglia di Domenico Proto (in foto) arrestato per corruzione, con la società affidata dalla Prefettura di Catania ai commissari che hanno affrontato la spinosa vicenda della discarica di Motta S.Anastasia. I suoi rapporti politici riportano a Raffaele Lombardo e all’ex senatore Domenico Sudano: l’Oikos insieme alla Ipi società romana, si aggiudicò il servizio di igiene urbana a Catania sotto l’amministrazione dell’ex An Raffaele Stancanelli e l’attuale sindaco Enzo Bianco gli ha di recente prorogato il contratto di servizio su cui vuol vederci chiaro l’ufficio speciale per il monitoraggio della differenziata, guidato da Salvo Cocina. Sempre nel catanese opera la famiglia Leonardi che a Misterbianco gestisce l’impianto di compostaggio attraverso la Sicula Trasporti e abbanca nella discarica di Grotte San Giorgio. A Mazzarà Sant’Andrea la gestione discarica in quota Tirreno Ambiente era in capo a Giuseppe Antonioli, anche lui finito in guai giudiziari. Altro businessman del settore è l’imprenditore Giuseppe Catanzaro, vice presidente di Sicindustria, che controlla la discarica di Siculiana. Ma quanto costa smaltire i rifiuti in discarica? L’affare è grosso. Per una tonnellata a Trapani costa 138 euro a Siculiana 60 euro. A Palermo lo smaltimento è 127 euro, mentre i comuni che scaricano a Sciacca pagano 91 euro. A Gela, struttura pubblica, scaricare costa 100 euro a tonnellata, a Castellana 125 euro. Una giungla, insomma. Comune che vai, prezzo che trovi. Anche per queste tariffe il debito degli Ato ha toccato il record di un miliardo e 400 milioni.