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La vertenza Pfizer di Catania e il ‘vizietto’ antimeridionalista della Lega

mercoledì 23 Marzo 2022
Elio Sanfilippo

Da alcuni mesi la Sicilia è attraversata da una serie di vertenze sindacali in difesa del posto di lavoro, a conferma che alla faccia di una conclamata ripresa dell’economia.

Siamo, infatti, in presenza, di un aumento della disoccupazione, molte aziende chiudono o sono in difficoltà, mentre i prezzi aumentano a cominciare da quelli di prima necessità, il potere d’ acquisto di salari e pensioni falcidiato e, a volte a sproposito, tutto ciò si giustificava ieri con la pandemia, oggi con la guerra di aggressione all’Ucraina.

Tra le vertenze che travagliano l’isola spicca la vertenza della Pfizer di Catania, vuoi per il nome che porta essendo l’azienda del vaccino più diffuso nella lotta contro il Covid, vuoi per la ingiustificata decisione di tagliare i posti di lavoro.

Non si tratta, infatti, di una piccola o media azienda siciliana, di un imprenditore in difficoltà che ha visto ridotte le commesse, ma di un colosso, di una multinazionale americana che in occasione della pandemia ha visto aumentare enormemente i suoi profitti.

Perché dunque tagliare e ridimensionare un punto di produzione attivo e qualificato in un settore farmaceutico che alla luce dell’esperienza del Covid dovrebbe essere invece potenziato?

Vuoi vedere che, proprio per questo, il colosso americano sta procedendo a una sua ristrutturazione finalizzata a questo obbiettivo privilegiando altri siti e che siamo di fronte, pertanto, a una strategia di dismissione che parte dalla Sicilia ritenuta l’anello più debole e considerata ancora una volta una colonia da sfruttare?

Contrastare questo disegno richiederebbe oltre all’impegno dei sindacati siciliani che non è venuto meno anche quello dei suoi vertici nazionali e, soprattutto, del governo nazionale presieduto da Draghi che si spende in impegni nei confronti del Sud, ma finora solo a parole.

Improvvisamente “mirabile dictu”, o meglio, “horribile dictu” il ministro Giancarlo Giorgetti, numero due di quella Lega Nord, che da qualche anno ha messo piede, e più che un piede, in Sicilia, ha fatto capire che il caso Pfizer non può essere considerato una vertenza di importanza nazionale, relegandola di fatto a un fatto locale.

L’interlocutore della Multinazionale, quindi, per il signor ministro non è il governo centrale come avviene in tutti gli altri paesi, ma il governo della Regione siciliana che, come tutti sanno, a cominciare dal ministro, non ha alcun potere, tranne il sostegno politico che in verità vi è stato e la solidarietà che di questi tempi non si nega a nessuno.

Siamo di fronte ad una posizione inaccettabile, per molti versi miope che non trova giustificazione alcuna e che conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, l’anima nordista e anti meridionalista della Lega.

Vuoi vedere, infatti, che quando la strategia di dismissione della Pfizer toccherà un comune del Nord, come ad esempio Milano, quella vertenza diventerà un problema nazionale?

L’onorevole Giorgetti, tuttavia, passa per persona accorta e abile e sicuramente avrà avuto le sue ragioni per dare quella dichiarazione che, ovviamente, non sono le ragioni della Sicilia.

Vuoi vedere che vi è un accordo sottobanco che tutela le strutture di Pfizer al centro nord in cambio delle mani libere in Sicilia? Come diceva il vecchio Giulio Andreotti “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”.

Comunque vi è un solo modo per smentire queste malignità, che il governo nazionale assuma l’impegno di intervenire su questa vertenza convocando immediatamente le parti.

Nel frattempo aspettiamo di vedere fioccare interpellanze e interrogazioni al parlamento nazionale da parte dei deputati siciliani, l’intervento del PD, in particolare del suo vice segretario Provenzano che è siciliano ed è stato ministro del sud nel precedente governo, del vice ministro grillino e siciliano Cancellieri, che si faccia sentire Mara Carfagna che del sud è l’attuale ministro.

In particolare però, aspettiamo che si muovano i leghisti siciliani che si sono arruolati nelle truppe di Matteo Salvini.

Quale migliore occasione per dimostrare di tutelare gli interessi siciliani prendendo le distanze dal ministro Giorgetti.

In caso contrario dovremmo costare con preoccupazione che in Sicilia si sta rinnovando l’antica pratica dell’ascarismo, attraverso cui gli interessi e i diritti dei siciliani vengono svenduti e sacrificati sull’altare degli interessi del partito nazionale, in questo caso lombardo, in cambio delle proprie fortune o della propria sopravvivenza politica.

Gli ascari, infatti, erano soldati indigeni delle colonie italiane, che si arruolavano a sostegno delle truppe di occupazione.

Aspettiamo e ci auguriamo, però, di essere smentiti perché nel caso contrario la Sicilia avrà un nemico in più di cui si pensava si fosse liberata.

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