Narrano le cronache che l’imperatore Carlo V, re di Sicilia, rientrando dall’impresa di Tunisi sia sbarcato a Trapani dove abbia soggiornato per due settimane prima di recarsi a Palermo, passando da Monreale.
Di questo abbiamo diffusamente parlato in un precedente articolo.
Narrano altresì che a Trapani abbia lasciato, in segno di riconoscenza, due importanti doni predati in Tunisi: la splendida vasca di marmo quale Fonte Battesimale alla Chiesa di San Nicola, situata di fronte al palazzo Sieri Pepoli in cui era stato ospite, e due porte di legno e ferro al Santuario della Madonna di Trapani delle quali si è persa notizia.
Perché? Dispersi, o per più vicende non del tutto studiati, gli archivi e gli inventari del Santuario, nessuno si è mai posto il quesito, forse ignorando il fatto o piuttosto pensando che quelle porte potessero essersi deperite nel tempo e comunque essere state accantonate, magari in un magazzino di quelli che ogni tanto si sgomberano con sadici falò perché serve spazio.
Certo è che non le troviamo più citate nel tempo successivo dagli storici della città e dagli illustratori dei suoi tesori d’arte.
Due porte! Fosse stata un’altra scultura o un quadro o un importante monile come era all’epoca in uso donare da parte dei re al tesoro della Madonna di Trapani, immagine venerata in tutto il Mediterraneo e persino dai musulmani, certo sarebbe stato facile parlarne.
Ma due porte, quasi a far passare da taccagno quel ricchissimo sovrano.
E poi dove conservarle?
Eppure le storie più complesse hanno molte volte una spiegazione ed un epilogo insospettabilmente semplici, diciamo quasi banali.
Un recente restauro della facciata principale del Santuario effettuato grazie ad una privata elargizione ha richiesto anche di intervenire sui malandati portoni d’ingresso. Ho avuto l’opportunità di osservarli con attenzione.
Quello centrale, interamente foderato all’esterno di lamine di ferro martellato e chiodato, si nota composto, ben si vede all’interno, da due massicce ante di antico legno e magnifici ferri e cardini di possibile fattura islamica, così come islamica è la vasca in San Nicola. Sopra le ante un architrave chiaramente sovrapposto occupa la rimanente parte del portale ad arco a sesto acuto di stile chiaramontano, residuo dell’antica Chiesa precedente il rifacimento su progetto di Giovan Biagio Amico.
Mi sento di poter affermare, per dilettantesco intuito, che le due ante del portone principale con il loro sontuoso decoro di cardini e ferri e con il loro rivestimento esterno, poi replicato sulla parte alta dello stesso portone centrale e sulle due porte laterali, potrebbero essere le “porte di Carlo V“!
Aggiungo che la fattura dei ferri interni è assolutamente unica nel panorama dei pur eccellenti manufatti dei maestri fabbri trapanesi, e che un completo rivestimento esterno in lamina metallica costituisce anch’esso un unicum nella tipologia dei portali di Chiesa in Sicilia, e l’insieme molto richiama invece la tipologia dei portali di palazzi reali, o di moschee, o di cinte murarie delle più antiche città musulmane.
D’altronde quale più “utile” e “onorifico” uso potevano pensare i Frati Carmelitani del prezioso dono del re imperatore?
Solido presidio all’ingresso al tempio mariano all’epoca più venerato dell’area mediterranea. Simbolico tributo di sottomissione religiosa di una preziosità degli “infedeli” alla più alta e dolce espressione del culto cattolico.
E come più facilmente cala l’oblio delle origini su un oggetto, per quanto prezioso, di quotidiano uso, piuttosto che di specifica conservazione?
E quanto più è distratto l’occhio pur esperto dell’intenditore se non su un luogo di comune passaggio piuttosto che non in un luogo consacrato all’ammirazione?
E Giovan Biagio Amico, il sommo architetto che rifece nel settecento l’intera parte basilicare del Santuario, nell’escludere dall’intervento solo la facciata principale ne ebbe forse rispetto o fu mosso solamente dalla valutazione di conservare il portale chiaramontano ed il sovrastante rosone (peraltro all’epoca già molto rovinato)?
Lancio dunque questa “prima provocazione” a chi più e meglio di me ha autorevolezza e mezzi nel giudicare il mondo dell’arte antica e nel sapere della nostra storia. Si approfondiscano le questioni stilistiche, si cerchi nei dispersi archivi e nelle memorie civiche.
Questa oggi anche al fine di aprire nuovi squarci di luce sul Rinascimento Trapanese, periodo, come anche altri di questa bellissima città, ancora poco studiato e ingiustamente trascurato dalla storiografia e dalle celebrazioni artistiche ufficiali, con lodevoli eccezioni a livello locale.
Alla prossima “provocazione”!