“Stiamo preparando e lavorando a un decreto per combattere le liste d’attesa, lo presenteremo nei prossimi 15 giorni”. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Orazio Schillaci.
“Vogliamo che finalmente in Italia, Regione per Regione, con una regia centrale (che sarà affidata ad Agenas), si possa controllare dove e quali prestazioni mancano. Perché se vogliamo intervenire realmente e risolvere un problema, dobbiamo sapere dove mancano le prestazioni e quali mancano – prosegue -. Solo partendo da questo si può cercare di rispondere alle domande. Inoltre, coll’Istituto superiore di Sanità metteremo a punto finalmente delle linee guida che siano univoche su tutto il territorio nazionale, che diano certezza ai medici che prescrivono gli esami senza rischiare nulla”.
Le liste d’attesa più lunghe si concentrano in particolare al Sud (Campania, Calabria e Sicilia) costringendo i pazienti a fare le valigie in cerca di cure negli ospedali di Lombardia, Emilia e Veneto spostando un flusso di denaro che, secondo i dati del 2022, solo per i ricoveri era poco meno di 3 miliardi.
In Sicilia
Al 31 dicembre scorso il sistema sanitario ha registrato un abbattimento delle liste di attesa, dell’88,2% per i ricoveri e del 92,7% per le prestazioni ambulatoriali. In alcune province, come Trapani, le stesse sono state azzerate completamente. Il risultato è stato ottenuto grazie a un doppio accertamento sulla reale sussistenza dei richiedenti effettuata dall’assessorato alla Salute che ha appurato in maniera capillare se le persone iscritte nelle liste d’attesa per un lungo periodo di tempo fossero ancora interessate a ricevere la prestazione. La Sicilia ha inoltre puntato sulla collaborazione tra privato e pubblico per far fronte al problema della fuga dei medici dalle aziende sanitarie pubbliche. Queste sono le informazioni della Regione.
“La situazione ed i dati attuali non li sappiamo. Non conosciamo, quindi, di quanto sia il vero abbattimento delle liste d’attesa e se ci sia mai stato, al di là della “pulizia”, in considerazione che ad oggi, per una prestazione, che sia un esame diagnostico o una visita specialistica, i tempi non rispettano mai quelli previsti dalla ricetta”. Ad evidenziarlo è Francesco Lucchesi della segreteria regionale della Cgil.
“Ci sono Asp e ospedali che ti danno l’appuntamento dopo sei o dodici mesi – sottolinea -. Risultato anche di strutture con macchinari obsolescenti o non funzionanti che non sono stati ancora cambiati coi fondi del Pnrr. Grazie alla Decreto Legge n.124 del 1998 è possibile ricorrere al privato se la lista d’attesa per una visita medica specialistica o per effettuare esami diagnostici è troppo lunga, chiedendo il rimborso delle spese sostenute all’Asl di competenza, pagando, quindi, solo il ticket. Non tutti però lo sanno e stiamo aprendo degli sportelli in tutte le Camere del lavoro provinciali, per aitare ad effettuare la richiesta. A Palermo lo sportello è già attivo”.
Il Piano di Schillaci
Il piano straordinario varrebbe fino a 600 milioni l’anno da replicare fino a fine legislatura. Parte dei fondi serviranno per pagare il lavoro extra di medici e infermieri e saranno assegnati dal Ministero della Salute direttamente alle singole Asl. Una quota sarà destinata all’acquisto di prestazioni nel caso le strutture pubbliche non abbiano posti, alle aziende private accreditate.
Obiettivo primario è quello di tagliare del 20% le prescrizioni che sono ritenute non appropriate. I medici, infatti, dovranno indicare nella ricetta il quesito diagnostico legato alla prestazione (secondo lo standard internazionale Icd-9-cm). Questo permetterà di tracciare bene tutte le prestazioni per aree diagnostiche. Verranno calcolate le ricette potenzialmente attese per i pazienti dei singolo medici di base e, nel caso di superamento di questo tetto di prescrizioni, verrà inviata una segnalazione alla Regione che dovrà intervenire per capire le ragioni delle troppe ricette e rimettendo così in linea i gruppi di medici o i dottori che prescrivono in modo anomalo. Altra arma contro la medicina difensiva è lo scudo penale a cui si sta lavorando e che già sono in atto delle dinamiche per tutelare il medico.
In previsione sembra anche esserci la possibilità per le aziende ospedaliere di comprare direttamente pacchetti di prestazioni dai propri medici che svolgono la libera professione intramoenia.
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