Dice di avere appreso “con stupore” da fonti giornalistiche “di essere indagato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa”. Giovanni Giordano, conosciuto come Johnny, uno dei capi della tifoseria ultras del Palermo Calcio, prende così le distanze da quanto emerso nell‘inchiesta Resilienza 2, coordinata dalla Procura di Palermo e che ieri ha portato a 13 arresti eseguiti dai carabinieri.
“Al momento – scrive l’indagato, in una nota predisposta dal suo avvocato, Giovanni Castronovo – non conosco la portata delle accuse che mi vengono mosse, se non attraverso i mass-media, non avendo ricevuto la notifica di alcun provvedimento giudiziario. Sono comunque fiducioso nell’operato della magistratura e con animo sereno, consapevole della mia assoluta estraneità ai fatti, dopo aver letto gli atti giudiziari, sarò disponibile a fornire il mio contributo agli inquirenti”.
Giordano, fondatore delle Brigate Rosanero, è accusato di avere fatto da tramite fra i capi mafia del Borgo vecchio e la tifoseria organizzata. Agli atti dell’indagine il tentativo di essere riassunto dal Palermo calcio, per il quale lavorava sotto la gestione di Maurizio Zamparini, e il rifiuto dall’attuale presidente Dario Mirri. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca aveva chiesto il suo arresto, ma il gip Filippo Serio non ha ritenuto sussistenti le condizioni per accordarlo.
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