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La Polizia ha confiscato beni per oltre 150 milioni di euro ad Andrea Impastato, 72enne di Cinisi, considerato esponente di spicco di cosa nostra. Le indagini hanno permesso di ricostruire il patrimonio illecito di cui Impastato risultava poter disporre direttamente o indirettamente.
L’indagine è stata indirizzata alla verifica di eventuali profili di sproporzione esistenti tra il patrimonio disponibile e il profilo economico e finanziario anche in relazione alla platea di prestanome e fiduciari che gli hanno consentito, nel tempo, di realizzare un “impero economico” costituito da numerose imprese operanti nel settore edile, in quello dei trasporti, dell’estrazione del materiale da cava, del turismo, da numerosi beni immobili.
Andrea Impastato è figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu“, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi, in costante relazione con i Badalamenti, e fratello di Luigi, già indiziato mafioso ed ucciso a Palermo a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato di mafia il 22 settembre 1981, agli inizi della guerra di mafia finita con il predominio dei corleonesi.
Il patrimonio confiscato comprende: aziende edili e di estrazione di materiale da cava, complessi industriali, capannoni, terreni, beni mobili, conti correnti, depositi e titoli, e un complesso turistico-residenziale a San Vito Lo Capo, località del Trapanese, costituito da numerosi appartamenti e alcune villette. I provvedimenti di confisca sono stati disposti dai giudici del tribunale di Palermo.
Andrea Impastato era stato arrestato il 2 ottobre 2002 per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta su Pino Lipari, finito in manette il 24 gennaio 2002 e condannato in quanto consulente finanziario di Provenzano. Dall’esame del materiale informatico sequestrato a casa di Lipari è emerso che Impastato era stato indicato da Provenzano come amministratore delle ricchezze dei boss.
Le successive indagini hanno portato a far emergere una serie di contatti, sia personali che economici, di Impastato con numerosi personaggi di spicco di Cosa nostra, come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. L’8 giugno 2005 Impastato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e libertà vigilata per un anno: era stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa. Il 5 gennaio del 2009 scattò il sequestro dei beni che oggi ha portato alla confisca.