Cercavano di controllare tutte le attività economiche e politiche di Alcamo. E a volte ci riuscivano. Sei personaggi in cerca d’autore, tra cui un boss della principale famiglia mafiosa: Ignazio Melodia di 61 anni detto “u dutturi”. Medico dell’Ausl di Trapani, applicato all’Ufficio igiene, arrestato in più occasioni era stato scarcerato nel luglio del 2012. E’ lui l’obbiettivo principale e dell’operazione “Freezer” coordinata dalla Procura di Palermo, dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti Carlo Marzella e Gianluca De Leo. Secondo le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Trapani e della Dia il boss di Alcamo dopo l’uscita dal carcere aveva continuato a gestire le faccende della famiglia mafiosa. Assieme a lui sono stati arrestati Salvatore Giacalone di 62 anni, Antonino Stella di 69 anni, Filippo Cracchiolo 56 anni, Giuseppe Di Giovanni di 32 anni e Vito Turriciano, di 70 già arrestato e condannato a 12 anni di carcere in seguito all’operazione Cemento del Golfo del marzo 2016. Per intercettarli, gli agenti della Mobile, hanno dovuto nascondere delle microspie anche all’interno della cella frigorifera del negozio di ortofrutta di Filippo Cracchiolo, ad Alcamo. Da qui il nome dell’operazione.
Nell’indagine ci sono i tentativi di estorsione ma anche tanta politica. Link da sviluppare anche alla luce di altre operazioni di polizia. Uno di loro, Salvatore Giacalone (detto “il professore”, ex insegnante, già condannato per associazione mafiosa) nel 2012 “faceva intendere al sindaco Sebastiano Bonventre che la sua posizione lo esponeva a dei rischi e che “loro” erano pronti a intervenire a sua difesa“. Giacalone raggiunse il sindaco, che di professione fa il medico, in ospedale accreditandosi come uno “che era stato parecchio in giro”, riferendosi alle carceri visitate. La famiglia di Alcamo non aveva limiti e giusto la scorsa estate gli agenti della Guardia di Finanza avevano arrestato l’imprenditore Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Bonventre che negli anni novanta era stato «additato da alcuni collaboratori di giustizia come contiguo alla famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo, del quale sembrerebbe essere stato «uomo di riferimento» nel campo imprenditoriale ed all’interno dell’Amministrazione comunale di Alcamo». Poi ci sono le pressioni di Giuseppe Di Giovanni, autista di Melodia che in occasione delle elezioni amministrative del giugno 2016, ha procacciato voti con minacce anche a mano armata a favore della compagna Alida Maria Lauria, candidata per la lista civica “Insieme si può” a sostegno di Baldassare Lauria. La donna non fu eletta, ma ottenne 140 voti. Nel perseguimento delle finalità elettorali, il Di Giovanni coinvolse anche il Melodia, accompagnandolo presso la sede elettorale della Lauria e riferendogli il nome di chi si opponeva alla candidatura della compagna.
I Melodia facevano e strafacevano. Affiliati ai “corleonesi”, il vecchio patriarca è Nicolò Melodia (detto Cola) di 93 anni, in carcere da un po, ma anche altri familiari negli scorsi anni sono finiti in manette, tra cui Diego Melodia di 82 anni condannato a 17 anni e 3 mesi di galera in seguito all’operazione “Cemento Libero” e Antonino Melodia, anche lui coperto da condanna. Ignazio Melodia era stato investito dal boss latitante Matteo Messina Denaro in persona. Lo ha riferito il collaboratore di giustizia, Vincenzo Sinacori dicendo che il rito avvenne “a Dattilo, a casa di Michele Mazzara” (poi oggetto condannato con il patteggiamento per mafia e oggetto di confisca dei beni per un valore di 25 milioni di euro). Melodia è accusato di estorsione. Dalle investigazioni è emerso, inoltre, che l’attività della cosca si concentrava sulle estorsioni ai danni di imprenditori che lavoravano in quel territorio. Esemplare è l’estorsione consumata ai danni di un’impresa edile alcamese impegnata nella costruzione di ville estive ad Alcamo marina. L’impresa, dopo aver versato complessivamente 3500 euro, avrebbe dovuto pagare anche dai 1500 ai 2000 euro per ogni villa costruita, a seconda della cubatura. Melodia cercò di imporre il “pizzo” anche a un’impresa edile di Mazara del Vallo che stava eseguendo lavori nel suo mandamento. Per questo motivo, ribadendo con fermezza le rigide regole mafiose, ha cercato l’assenso del boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, per il tramite di Antonino Stella, originario di Marsala.