Cateno De Luca oggi fa il compleanno (ebbene sì, anche lui invecchia politicamente oltre che fisicamente), ma il regalo più gradito glielo stanno facendo gli avversari.
Centrodestra e centrosinistra impantanati in logiche tafazziane non riescono a uscire dal guado nel quale sono entrati sin da quando, a dicembre, hanno pensato all’ennesimo annuncio di dimissioni “a salve”.
“NO GRAZIE”
A due mesi dalle elezioni mentre Basile imperversa con De Luca in lungo e in largo con auto e furgoni vintage e candidati nuovi di zecca, i suoi rivali si concedono il lusso di attendere Roma, Palermo, vertici locali, nazionali, interplanetari. E mentre a Palermo c’è la ressa di chi vuol candidarsi sindaco, a Messina c’è il fuggi-fuggi e il “no, grazie”.
O peggio il “ci devo pensare” che è come quando da ragazzina non avevo il coraggio di dire subito no al corteggiatore di turno e lo lasciavo a bagnomaria per una settimana salvo scaricarlo con ipocrita diplomazia “sei lo zito che ogni donna vorrebbe avere ma io ho un malo carattere” . Nel frattempo le elezioni si avvicinano
LE LEZIONI DEL 2013 E 2018
Ma c’è di peggio. Le due lezioni del 2013 (vittoria di Accorinti) e del 2018 (vittoria di De Luca) sono state dimenticate dalle coalizioni che ancora oggi pensano di poter studiare a tavolino secondo principi geometrici ciò che geometrico non è. Accorinti era un topolino che vinse contro la corazzata guidata da Francantonio Genovese. Il candidato del centrosinistra, Felice Calabrò perse per un soffio (46 voti) il primo turno e al ballottaggio vinse il topolino. Eppure la corazzata delle liste di centrosinistra sembrava invincibile (ma tradimenti e voto disgiunto infransero i sogni di Calabrò, rimasto indietro rispetto alle liste). Stessa cosa nel 2018 con l’aggravante che c’erano due corazzate: centrodestra e centrosinistra, guidate da candidati molto noti in città ed una sfilza di liste. Eppure non bastarono. Il candidato del centrosinistra, Antonio Saitta, perse voti rispetto alle sue liste e non andò al ballottaggio che fu il cavallo di Troia per Cateno sindaco.
IL PATTO DELLA ‘GHIOTTA
Adesso, invece di studiare a memoria gli ultimi 10 anni le due coalizioni che fanno? Studiano la strategia del tutti contro Cateno. Inizialmente si pensava al modello Draghi (o Ursula), ma adesso si sta seguendo il modello Draghi camuffato. Il patto della ‘ghiotta insomma.
L’idea è quella di candidati interscambiabili, moderati, che piacciano sia a destra che a sinistra in modo da poter dirottare i voti del ballottaggio in base a chi supera il primo turno. Così a destra si cerca il candidato più tecnico e più centrale possibile e a sinistra il famoso papa straniero o moderato simil-centro.
A CHI PIACE CROCE
Dal tavolo degli “11” di centrodestra è venuto fuori il nome di Maurizio Croce, che è stato ex assessore di Crocetta in quota Beppe Picciolo quindi piace a Sicilia Futura, è è commissario per il dissesto idrogeologico e piace a Musumeci (così come piaceva prima a Lombardo), piace a Luigi Genovese e sembra piacere a Gianfranco Miccichè (ma i mal di pancia in Forza Italia ci sono). Croce in sintesi piace tantissimo sia a chi nel tavolo è entrato da poco (come Beppe Picciolo), a chi ha i numeri (Luigi Genovese) sebbene non un partito “big” di riferimento e a chi guida Forza Italia. Soprattutto piace sull’altra sponda, quella del gruppo Navarra. E piace nell’ottica ballottaggio in chiave anti-De Luca.
IL GUASTAFESTE
Chi sta provando a guastare i piani è Nino Germanà, parlamentare della Lega e finora l’unico che ha dimostrato di volersi candidare rispetto al fuggi fuggi generale, scatenando le ire di chi aveva già preparato gli accordi. Il deputato lancia la sfida “riportiamo la politica in primo piano“, in chiave anti-tecnico e “non vergogniamoci di essere centrodestra“. Ma la strada della candidatura ufficiale è ostacolata.
IL GIOCO DELL’OCA
Sull’altro tavolo, il centrosinistra c’ è stato come il gioco dell’oca. All’inizio si pensava a Franco De Domenico, che invece ha il pallino fisso dell’Ars dove ha lasciato il tantissimo lavoro fatto, a metà per la contesa sul seggio con Laccoto. Dopo un mese alla ricerca del papa straniero, libero professionista-tecnico-moderato che piace alla gente che piace. Dopo una serie di no, alla fine si è tornati alla casella di partenza.
A CHI PIACE DE DOMENICO
De Domenico infatti, pur essendo segretario cittadino del Pd, è uno di quei moderati che ha rapporti con la base (quella vera) e non rientra tra i radical chic. Soprattutto non è un Pd di lungo corso (il suo ingresso risale al 2017 quando si candidò con la cosiddetta corrente accademica nel partito). Viene dal mondo universitario ma è molto vicino anche agli imprenditori. E piace anche a chi, in questo momento è nella coalizione di centrodestra.
SE IL CENTRODESTRA PERDE PEZZI
In queste ore c’è la fila di chi gli chiede di dire sì. Lui aspetta anche di vedere cosa accade nella coalizione opposta dove le acque sono agitate sia in Forza Italia che tra alleati. Il tavolo degli “11” potrebbe anche perdere pezzi e questi pezzi (anche singoli) potrebbero spostarsi nel centrosinistra (o ritornare).
VAI AVANTI TU
Entrambi gli schieramenti attendono che sia l’altro a fare il primo passo, a uscire con il nome ufficiale, in modo da “aggiustare” eventualmente il tiro in casa. Insomma non è mai accaduto che il centrodestra scegliesse un candidato “insieme” al centrosinistra e viceversa. La tentazione di scegliere uno il candidato dell’altra coalizione o trovare candidati “double face”, c’è, ed è fortissima.
IL BALLOTTAGGIO NON E’ MATEMATICA
Tutto questo pur di battere Cateno che li sta aspettando al varco del ballottaggio, quando, chiuse le urne, si profila un’elezione del tutto nuova. Chiuse le urne del primo turno chi è stato eletto è dentro il Consiglio comunale e chi non è stato eletto è fuori. Si innescano dinamiche feroci, tradimenti, vendette, alleanze last minute o disinteresse per le sorti del candidato sindaco. Il rischio è che chi vuol preparare la ghiotta senza aver fatto i conti con l’oste finisca per doversela mangiare anche se indigesta.
Nel frattempo il 29 maggio si avvicina e Basile corre. Ma, come dice il consigliere comunale Massimo Rizzo parafrasando un detto: “L’attesa del candidato non è essa stessa il candidato?”