“Matteo Messina Denaro si è risvegliato dall’operazione che è andata molto bene, è vigile e attivo. E’ in terapia intensiva solo per prassi dopo interventi del genere“. Lo dice il garante dei detenuti in Abruzzo, Gianmarco Cifaldi dopo l’intervento a cui è stato sottoposto all’ospedale dell’Aquila il boss mafioso.
“La degenza in ospedale dipende dalla combinazione tra il consulto sanitario e gli approfondimenti del Dap che deve valutare le azioni per garantire la sicurezza interna ed esterna – afferma ancora Cifaldi – Tutte le azioni vanno a garantire i diritti costituzionali sia per il boss sia per tutte le persone libere“.
Quanto alla richiesta di scarcerazione annunciata dai difensori di Messina Denaro in quanto il regime del 41 bis sarebbe incompatibile con le condizioni di salute di Messina Denaro, Cifaldi sottolinea: “garantiamo il diritto alla salute con personale medico qualificato e tutte le Agenzie dello Stato stanno operando nel rispetto del dettato costituzionale, me compreso“.
“Analizzati i fatti e la documentazione, ci riserviamo di decidere la strategia più opportuna per presentare una istanza di scarcerazione”: così all’ANSA l’avvocato Alessandro Cerella del foro di Vasto (Chieti) che fa parte del pool di legali difensori di Matteo Messina Denaro.
“Lo sa il selfie con il medico lo sa com’è nato? Lui è stato uno di quelli che mi operò, il primo aiuto, al fegato; io ci andavo ogni mese, perché lui mi doveva visitare la ferita, me la curava lui, perché è una ferita abbastanza pesante. Ad un tratto mi alzo, ci salutiamo, perché avevamo un rapporto… ci davamo pure del tu, abbracci, bacio, eh, sto per girarmi e mi fa cosi: ‘Ce lo facciamo un selfie assieme?, e io che dico no?“. Così, nel corso dell’interrogatorio reso ai pm di Palermo a febbraio, Matteo Messina Denaro ha raccontato l’origine del selfie scattato con uno dei medici della clinica La Maddalena che tante polemiche suscitò dopo la cattura del boss. “Ma lui sapeva che mestiere faceva?“, gli chiede il magistrato. “Si, l’imprenditore agricolo, olio di olive“, risponde il capomafia.
“Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so, primo perché ho l’aggeggio che le cercava, che non l’avete trovato; e poi perché le riconosco”. Così, nell’interrogatorio reso ai pm di Palermo dopo l’arresto, Matteo Messina Denaro spiega come era in grado, da latitante, di individuare le videocamere piazzate nel trapanese dagli investigatori che gli davano la caccia. Al procuratore di Palermo che gli chiede dove avesse nascosto l’apparecchio usato per intercettare le telecamere, mai trovato nei covi del capomafia il boss risponde: “In un altro posto. No, a Campobello no, era un altro… non era in quella casa..”. “Poi c’era un’altra cosa: – prosegue il boss – molte di queste telecamere, quando le piazzavano – perché all’inizio, quando iniziarono, erano tutte di notte, poi anche di giorno – c’era un segnale, il maresciallo dei ROS c’era sempre lui; appena si vedeva lui con due o tre fermi in un angolo, già stavano mettendo una telecamera, anche se ancora non avevano messo”. “Va beh, ma lei non è che era sempre in giro?“, gli dice il magistrato.. “No, me lo dicevano. Amici miei, che non dico”.