E’ stato il primo appuntamento di un fronte che torna a riorganizzarsi per dire no al Ponte. Le ragioni che uniscono le diverse associazioni e movimenti sono diverse ma l’obiettivo è lo stesso: dire no all’opera.
L’assemblea, che ha visto 300 persone partecipare, si è tenuta a Torre Faro, nella piazza dell’Angelo e sarà la prima di una serie di iniziative che andranno di pari passo a quello che il governo Meloni sta mettendo in campo dopo il cosiddetto decreto Ponte e la riattivazione della società Stretto di Messina.
Un movimento trasversale che sottolinea gli svantaggi del Ponte sia sotto il profilo ambientale, che su quello della progettazione, del rischio sismico, ma anche dell’invivibilità della città per i prossimi dieci anni. C’è chi infine dice no perché convinto che ancora una volta resterà solo propaganda o chi ha dato voce a quanti sono preoccupati per le espropriazioni di terreni e ville nell’intera area.
Ad intervenire sono stati gli storici no pontisti, come Gino Sturniolo, Antonio Mazzeo, Citto Saija, e sono state riannodate le fila di un movimento trasversale contrario all’opera.
Il ponte sullo Stretto è innanzi tutto devastante sotto il profilo ambientale, spiegano i contrari, e d’altra parte ha una resa in termini di occupazione molto bassa rispetto ai miliardi spesi. Causerebbe un vero e proprio caos non solo nella zona nord interessata ai cantieri, ma in tutta la città che finirebbe con l’essere attraversata da camion h24. L’impatto dei numerosi cantieri sarebbe un vero e proprio “sfregio” al paesaggio, per non parlare dei tempi lunghissimi e dei timori per quelle opere di compensazione per le quali non c’è alcuna certezza. Insomma a pagare le spese del Ponte sarebbe Messina. C’è poi chi si è soffermato sulle lacune del progetto rispetto ai rischi nonché quelle ingegneristiche e chi infine ha posto l’accento sulle espropriazioni.
Quel che conta per gli organizzatori dell’assemblea è che da ieri c’è un nuovo start delle opposizioni all’opera. Il fronte del no è nuovamente in campo.