No, forse non è (solo) colpa della movida di città. Forse l’aria che gira non è solo casualmente più elettrizzata di altre fasi, recenti o antiche del corso della nostra storia.
Probabilmente non c’entra la microcriminalità, il reddito di cittadinanza che non rimbalza più nei vicoli stretti della città che da sempre sa mettere pressione a chi se la passa meglio ed è improbabile, altresì, che ci si stia tutti abituando alla normalizzazione della violenza. QUI
Allora da cosa dipende l’escalation dei fatti criminosi che stanno minando alla base la serenità dei palermitani?
È un poco come per i femminicidi; il problema della violenza sulle donne c’è sempre stato, ma adesso ha solo fatto un grosso salto di qualità in termini evidentemente negativi.
Allo stesso modo Palermo è meno sicura, ma non è mai stata Ginevra o Locarno.
Se ci affacciamo dalla Bandita o dal molo di Sant’Erasmo l’adrenalina non si placa fino ad arrivare al suo minimo, come se stessimo contemplando il Lago di Como.
“È la nostra terra bellezza”, verrebbe da dire così se non fosse per il limite impraticabile della rassegnazione che affronta inoltre il dovere morale, ancora più alto, dell’indignazione di fronte a chi sostiene la tesi che molto dipende dal minor controllo dei territori da parte della mafia.
Andiamo bene!
Ha ragione piuttosto il sindaco di Palermo Roberto Lagalla che ama tenere distinti i campi e ama le precisazioni.
Non possiamo combattere questi fenomeni a colpi di regolamenti comunali, mentre è già alto il richiamo di chi già sospira ad alta voce “Ci vuole l’esercito” e rimanda a una comprensibile richiesta di aiuto, preso atto del fatto che carabinieri e polizia, pochi o molti che siano, ben messi in campo o migliorabili nel loro utilizzo, da soli non bastano.
Lo tengano ben presente i ministri del governo della destra dell’ordine, i prefetti e tutti coloro che fanno parte della filiera del controllo della sicurezza. A ciascuno la sua responsabilità. Palermo comincia già a essere stanca.