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Palermo, Corte dei Conti condanna dipendente del Policlinico: dovrà risarcire 1,288 mln di euro

giovedì 9 Dicembre 2021
policlinico

La sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei Conti ha condannato Maurizio D’Angelo, dipendente amministrativo del Policlinico di Palermo a risarcire l’azienda sanitaria con 1 milione e 288 mila euro per i servizi erogati dalla società che si occupava del trasporto dei pazienti all’interno dell’ospedale universitario. In primo grado il dipendente era stato assolto. In secondo grado è arrivata la condanna. Secondo l’accusa, sarebbero stati erogati servizi “in esubero” senza autorizzazione e liquidati senza controllo. A presentare la denuncia furono il commissario dell’ospedale universitario Fabrizio De Nicola, il direttore sanitario Maurizio Montalbano e quello amministrativo Fabrizio Di Bella.

La gara per le ambulanze fu aggiudicata nel 2012 al raggruppamento temporaneo di imprese composto da Italy Emergenza Cooperativa Sicilia e Ambulanze Città di Roma. I rapporti, però, sono stati intrattenuti soltanto con la Italy Emergenza. Il contratto fu prorogato fino a novembre 2017 in attesa della definizione della nuova gara.
Secondo la ricostruzione della Direzione generale, le fatture sarebbero state liquidate dal funzionario D’Angelo, nonostante non fossero stati rispettati gli obblighi contrattuali che prevedevano la consegna di un report sulle prestazioni effettuate. I giudici hanno accolto la ricostruzione della Procura contabile guidata da Gianluca Albo. L’accusa contestava un danno erariale da oltre due milioni di euro, ma una parte è andata in prescrizione.

Emerge chiaramente che la responsabilità del controllo sulla regolare esecuzione dell’appalto – si legge nella motivazione della Corte di appello presieduta da Giuseppe Aloisiogravava esclusivamente sulla direzione sanitaria e che tale controllo non veniva effettuato, ma veniva attestato con annotazione, dichiarazione di regolare esecuzione e sottoscrizione del funzionario responsabile Maurizio D’Angelo. La condotta di quest’ultimo risulta caratterizzata, quanto meno, da colpa grave, non potendosi ritenere provata la configurabilità del dolo, affermato ma non dimostrato“.

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