E se alla fine Angelino Alfano fosse lasciato da solo con Alternativa popolare sia a destra che a sinistra?
Se fosse tutto un complotto sotterraneo con inconfessabile regia romana, da Forza Italia a Renzi per isolare, neutralizzare e condannare all’oblio il ministro agrigentino nel difficilissimo uno-due delle elezioni regionali prima e nazionali poi?
Fantapolitica di agosto certo, ma esiti potenziali non molto lontani dalla premessa di questo scenario, almeno fino a ora, se entrambe le coalizioni dovessero cedere ai veti di chi non vuol dentro Ap, nella corsa per le prossime elezioni regionali.
Corteggiato, cercato e alla fine respinto, il leader di Alternativa popolare. Da entrambi gli schieramenti.
Nel centro destra le premesse belligeranti non sono nel tempo mancate nei confronti di chi non ha mai perdonato i ‘salti’ del passato di Alfano. Un astio mai sopito che oggi riemerge severo, insinuandosi tra i problemi.
Nel centro sinistra sin dalle cronache romane di aprile scorso, con annessi singoli episodi di vita parlamentare, l’atteggiamento di mal sopportazione di Renzi verso il mondo di Alfano, traspariva palpabile.
A dare una mano al gioco del complottiamo a tavolino, arriva poi lo spontaneismo contingente dei sicari dei piccoli partiti di entrambi i raggruppamenti delle aree politiche.
Ricostruendo i fatti, fino a questo momento, l’atteggiamento dei due poli verso il partito neo centrista che ha perso, la ‘d’ della destra (Ncd) è stato di entusiasmo a corrente alternata.
Miccichè, non proprio un estimatore del recente passato di Alfano, addirittura pronto a rifare il Ppe in Sicilia da un lato, i Dem interessatissimi a corteggiare il ministro agrigentino. Ma anche di lunghe pause che sono passate da conviviali riflessioni sull’apparentamento al Senato in occasione delle prossime elezioni politiche (Berlusconi offriva un accordo in tre regioni, Renzi manda avanti Delrio per chiudere l’accordo con Ap).
Infine di veti bipartisan.
Ad Alfano vengono a dire di no, a casa sua, in Sicilia, prima i leghisti e poi la Meloni del 2% alle elezioni amministrative di Palermo. Il più elegante di tutti nel mostrare qualche perplessità è stato proprio Musumeci che ha fatto presente come era complicato spiegare ai propri elettori il ravvedimento all’ultimo minuto di chi aveva governato con Crocetta con l’assessore Vermiglio in giunta.
Dal centro sinistra ieri è arrivata poi la fumata nera del tavolo capitanato da Orlando, replicante del modello Palermo che lascerebbe fuori proprio gli alfaniani in nome della discontinuità, argomento ammazzacandidati portato avanti dal sindaco di Palermo e da Salvatore Cardinale (Sicilia Futura)
«Speriamo che questo tavolo non faccia troppo danno», del resto era stato il commento di uno dei big del Pd, raggiunto telefonicamente alla vigilia dell’incontro di ieri. E il danno invece è arrivato con Orlando, Sinistra italiana e Mdp pronti a lanciare la candidatura del rettore di Palermo Micari.
Una scelta di rottura che arriva, di fatto, anche nei confronti del Pd, dove già qualcuno tra i democrat guardando alle nazionali, teme che l’obiettivo dei bersaniani di Sicilia possa essere quello di mettere in cattiva luce Renzi per rimescolare successivamente le carte nel Pd in proiezione futura.
Adesso lo scenario si complica. Non poco. Il 10% potenziale di partenza di cui Ap e Centristi per l’Europa vengono accreditati è sufficiente in un panorama così frantumato già ai blocchi di partenza, per essere presi ampiamente in considerazione.
In un mondo come la politica dove nulla è mai casuale, affiorano improbabili casualità, schegge impazzite logoranti che puntano a sfiancare Angelino Alfano, da sempre grande appassionato di strategie politiche.
Come potrà uscire dalle corde adesso il leader di Ap?
Castiglione nei giorni scorsi aveva annunciato una conferenza stampa con il nome del candidato centrista. Una mossa sottovalutata dallo stesso Pd che riteneva di potere differire i tempi ancora di qualche giorno. E invece centristi per l’Europa di D’Alia e Alternativa popolare potrebbero già convocare per martedì prossimo i giornalisti per comunicare il nome a cui affidare le proprie aspirazioni di governo per la Sicilia.
Una vera e propria partenza a cui agganciare pezzi di coalizioni che da entrambi i lato trasudano perplessità e incertezza. A partire dai cuffariani in cerca d’autore.
O tutto o niente insomma. Ecco la contromossa di Alfano che pone fine al tempo di attesa e chiama dentro il partito di Renzi in Sicilia.