«L’uomo è per natura un animale politico», diceva il filosofo greco Aristotele, uno dei primi a dare una definizione di “politica” , intesa come l’amministrazione della “polis” per il bene di tutti.
Un concetto, questo, ai nostri amministratori evidentemente sconosciuto. La Sicilia, terra che storicamente ha subito sempre numerose dominazioni, è vista come l’ago della bilancia per le sorti della politica nazionale. Da qui sono partiti i grandi cambiamenti politici del nostro Paese: dallo sbarco dei Mille con Garibaldi, a quello degli alleati nella II Guerra Mondiale, fino all’inizio della seconda Repubblica con l’avvento delle stragi.
Insomma, la più grande regione d’Italia (che è al contempo quella più penalizzata dal divario economico Nord-Sud), nonostante l’autonomia e lo statuto speciale, oggi è il fulcro del cambiamento. Avere in pugno “le chiavi” della Sicilia significa oggi essere sulla rampa di lancio per vincere le ormai imminenti elezioni politiche del 2018.
Lo hanno capito bene i grillini. Che non fanno altro che ripetere che dalla Sicilia “conquisteranno” l’intero Paese per mandare la vecchia classe politica “a casa”. I giovani rampanti Di Maio, Di Battista e Cancelleri sfilano in lungo e largo nello Stivale per accaparrarsi il sostegno degli scontenti e di chi non va più a votare da anni.
L’astensionismo è infatti il vero vincitore delle ultime tornate elettorali. E per evitare la vittoria dei 5 stelle gli altri partiti si mobilitano per sconfiggere quella che definiscono “deriva demagogica e populista”.
Ecco dunque che si presenta, puntuale come un orologio svizzero, il solito ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, domani in Sicilia, per l’inaugurazione del nuovo tracciato ferroviario “Campofelice di Roccella – Ogliastrillo“ (almeno questo è il motivo ufficiale). Le malelingue invece sostengono che la presenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – insieme agli Amministratori Delegati di RFI e di Italferr, Maurizio Gentile e Carlo Carganico – sarà una chiara sponsorizzazione politica del progetto di Fabrizio Micari, candidato governatore in Sicilia per il centrosinistra.
Anche per le Comunali di Palermo Delrio era sceso in Sicilia con la scusa di “inaugurare” i cantieri del passante ferroviario, salvo concedersi poi i chiari apprezzamenti per il candidato sindaco Leoluca Orlando. Sarà stato anche per questa importante sponsorizzazione che Orlando ha stravinto? Può darsi. I soldi promessi e gli appalti da sbloccare significano lavoro. E il lavoro in una terra arida, “bellissima e disgraziata“, significa voti. Da lì a tramutare i cantieri in realtà, ce ne passa…
Prova ne è il famoso “Sblocca Italia” di renziana memoria, che qui non ha sbloccato proprio nulla. I treni in Sicilia viaggiano ancora sulla rete borbonica che risale all’Unità d’Italia e quasi tutta la rete è ancora a binario unico. Altro che “Alta velocità light” o raddoppio della Messina-Catania-Palermo! Le previsioni ottimiste parlano almeno vent’anni per realizzarlo…
Il divario Nord-Sud è ancora troppo evidente. E il governo nazionale non può ricordarsi dei siciliani solo a pochi giorni dalle elezioni e ad ogni tornata elettorale. L’autostrada Palermo-Catania è ancora monca del famigerato “viadotto Himera” e le altre autostrade sono un vero colabrodo.
E se il candidato del PD Micari dice sì al Ponte sullo Stretto, c’è da giurare che Delrio dirà qualcosa in merito. Un’opera faraonica che viene alla ribalta, anch’essa, ad ogni tornata elettorale. Anche i lettori de ilSicilia.it hanno scelto nel sondaggio il Ponte anziché il ferry boat. Dimostrazione che il Ponte è un richiamo di voti per eccellenza. Poco importa se ci sono costi altissimi economici e ambientali, o se la rete ferroviaria e autostradale attuale sia vergognosamente arretrata. Tutti sul “carro” del Ponte per ottenere voti.
Anche il centrodestra non babbìa, sempre con la fissa del Ponte: da Berlusconi, a Schifani, ad Alfano fino a Musumeci. Richiamo popolare e strumento per arringare le masse. Ma anche – diciamoci la verità – per catturare l’attenzione di chi ha altri interessi, non proprio “puliti“.
L’unico (oltre ai pentastellati) ad opporsi chiaramente al Ponte è Claudio Fava, candidato della sinistra: «Micari fa tre autogol: da candidato, da rettore e da ingegnere. Da ingegnere – aveva detto nei giorni scorsi Fava – perché Micari dovrebbe sapere l’infinita precarietà di questo progetto? Da rettore perché sa quanti studi ci sono stati nel tempo che hanno confermato l’insostenibilità economica dell’opera e da candidato. Perché dovrebbe conoscere i dati sulla velocità media dei treni in Sicilia? Ma lui sembra rimasto agli anni Sessanta».
E mentre loro litigano, i siciliani sono costretti ad accontentarsi di essere l’ago della bilancia per spartirsi incarichi e poltrone.