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Il colloquio

Politiche industriali in Sicilia, non decolla la riconversione verde per il rilancio dell’economia. Di chi la colpa?

martedì 14 Maggio 2024
Gabriella Messina
Gabriella Messina

E’ ancora lunga la strada verso la svolta per le politiche industriali, insieme agli investimenti in grado di creare lavoro e affrontare le tante crisi aziendali aperte. Ci si continua ad affidare al mercato attraverso incentivi automatici e generalizzati al sistema delle imprese, che non incidono sui meccanismi di produttività, sulla dimensione aziendale e sulla distribuzione del reddito.

Il tema è ampio e complesso e la mancanza di un disegno strategico nazionale per il Mezzogiorno e soprattutto per la Sicilia ha progressivamente impedito alla politica industriale regionale di intaccare i nodi strutturali – di crescita e di modernizzazione – del sistema produttivo dell’Isola. E i nodi da sciogliere sono tanti.

Come avviare un’efficace sistema di incentivazione di politica industriale regionale? Occorre infatti evitare che il Sud si presenti disarmato nella fase in cui il sistema delle imprese è chiamato ad affrontare l’impatto della crisi internazionale; crisi che ha colto l’economia meridionale in una fase di particolare fragilità, mentre si stavano avviando processi di aggiustamento, volti a fronteggiare l’accresciuta pressione competitiva internazionale.

Ad aprire un focus sul quadro complessivo della piccola e media industria in Sicilia è Gabriella Messina, componente della segreteria della Cgil Sicilia, responsabile delle Politiche industriali, dell’innovazione e dell’energia. Da un lato, spiega Messina, gli strascichi del Covid hanno accentuato la crisi delle aziende siciliane, dall’altro vengono tagliati gli investimenti pubblici, aumentano i ritardi e le incognite sull’attuazione del Pnrr. E il Piano nazionale di Ripresa e resilienza è certamente un tema centrale considerato che “Nel piano non sono state previste le risorse per i settori altamente energivori e che fanno uso di fossili. La mancanza ha posto una domanda: quali saranno, allora, le risorse per la transizione di questi comparti? Storicamente, in Sicilia gli stessi hanno avuto un rilievo importante. Siamo una regione in cui abbiamo alcuni complessi industriali, ad esempio il Petrolchimico di Siracusa, c’è il sito di Milazzo e quello di Gela. Quest’ultimo ha già affrontato una prima transizione anche se non era partito all’insegna del cambiamento climatico, ma era nata la necessità di pensare ad una nuova industria eco-compatibile con quel territorio. Per quanto riguarda invece la transizione del Petrolchimico di Siracusa, con l’ultimo governo regionale si era riflettuto sull’ennesima area di crisi complessa, la Regione Siciliana è l’unica che ne ha due con quella di Gela e di Termini Imerese, aggiungere la terza non era il massimo. Tuttavia, pur di affrontare il percorso per la transizione si era aperta una discussione. Con l’attuale governo regionale, purtroppo, non c’è alcun dialogo su questo aspetto. La politica non sta mettendo al centro dell’agenda la transizione di questi grandi impianti altamente energivori”.

E c’è di più. “Per quanto concerne il green power e la produzione di pannelli fotovoltaici non abbiamo visto una particolare attenzione sulla pianificazione e programmazione delle fonti rinnovabili in Sicilia. Il fatto che nel Pnrr non sia stato previsto nulla lascia un vuoto in Sicilia”.

Le grandi transizioni ambientali e tecnologiche richiedono un cambiamento profondo – e non più rinviabile – degli indirizzi di politica economica e sociale. Soprattutto a fronte della crisi climatica che in Sicilia fa sentire tutti i suoi effetti con l’emergenza siccità, poi l’assenza di una strategia industriale sulle tecnologie digitali rischia di porre l’Isola ai margini dell’innovazione tecnologica.

La crisi climatica gioca un ruolo da non sottovalutare. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato ed esiste una correlazione strettissima tra cambiamento climatico, riscaldamento del pianeta e utilizzo delle fonti fossili. Questo è uno dei nodi da affrontare.

La nostra è una regione che ha una vocazione geografica importante sulle fonti rinnovabili. Tuttavia, l’energia che viene raccolta dalle fonti rinnovabili ha la necessità di essere accumulata perché non è costante. Però servono gli investimenti, e da questo punto di vista ci sono già degli interventi di pianificazione che riguardano grandi aziende nazionali come Terna ed Enel che stanno reinvestendo, ma la necessità di supportare lo sviluppo e l’ammodernamento delle reti elettriche ci riguarda da vicino per la nostra produzione industriale. Abbiamo ereditato un pezzo di industria, abbiamo una serie di distretti come quello della chimica, della gomma plastica e quello del gas e del tessile, e che rappresentavano una eccellenza territoriale caratterizzando le nostre piccole e medie imprese. Dall’altro lato assistiamo ad una mancanza di visione di prospettiva sulla transizione di queste filiere”.

La transizione ecologica rappresenta, inoltre, una grande opportunità occupazionale, affrontarla con ritardo significa correre il rischio di assistere ad una perdita di posti di lavoro. Ecco perché promuovere in tempi rapidi le politiche e gli investimenti pubblici, in grado di governare la riconversione industriale e produttiva verso filiere strategiche sul piano ambientale, è terreno decisivo per favorire la competizione delle imprese siciliane. Ma non solo, programmare una strategia per stare al passo con l’innovazione è decisivo per ridurre i costi energetici. In questi anni è stata tangibile l’alta volatilità dei prezzi del petrolio e del gas, a causa del conflitto russo-ucraino. Fino a qualche tempo fa, gas e petrolio erano ritenuti convenienti perché il loro prezzo era basso e tendenzialmente in calo. Si tratta però di materie prime di cui il nostro Paese non dispone, da qui la dipendenza da altri Paesi terzi e da meccanismi di prezzo estremamente variabili che schizzano verso l’alto in presenza di tensioni internazionali. La scelta deve essere mirata: rendere possibile l’affrancamento dal gas e dal petrolio, investendo sulle fonti rinnovabili ed è possibile farlo perché le tecnologie necessarie a sostituire i combustibili fossili sono già sostanzialmente presenti. Mobilità elettrica, pompe di calore, batterie, pannelli fotovoltaici e produzione eolica sono le componenti chiave della transizione, con fattori – quali prezzo, prestazioni, rischi, impatto ambientale, accettabili – dalla popolazione.

L’industria era una parte importante dell’economia siciliana, l’emergenza pandemica ha imposto una riflessione sul futuro. Le due aree di crisi complessa di cui parlo hanno anticipato l’urgenza di mettere in atto un piano di rilancio, partendo da una innovazione culturale e del concetto dell’industria. La Sicilia va messa al centro per la sua posizione geografica e da questo punto di vista penso ai futuri scambi economici e commerciali che possono esserci tra la nostra regione e i paesi dell’area del Mediterraneo. In più la Sicilia è vocata ad essere hub del Mediterraneo e può essere volano per tutta l’Europa, dobbiamo far leva su tutti i programmi europei. Ma dobbiamo sostenere nuovi processi per favorire gli investimenti finalizzati alla riconversione verde dell’economia”.

Poi, va colta la sfida della digitalizzazione che rappresenta l’altro grande pilastro su cui si giocherà il futuro.  Non è un caso che una buona percentuale dei fondi, originariamente previsti nel Pnrr, siano stati destinati al tema della transizione digitale in maniera trasversale, con l’obiettivo di portare l’Italia nel gruppo di testa in Europa entro il 2026.

 

 

 

 

 

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