Da oggi il decreto Ponte approda in Senato per la conversione in legge dopo il via libera definitivo della Camera la scorsa settimana. Relatore del decreto è il senatore messinese Nino Germanà, vice presidente della Lega a Palazzo Madama e segretario della Commissione Infrastrutture e Trasporti.
Intanto in riva allo Stretto continua il dibattito, alimentato anche a Palazzo Zanca dalla proposta, presentata congiuntamente dei consiglieri comunali Felice Calabrò (Pd) e Libero Gioveni (FdI) per un referendum consultivo sull’opera (QUI)
In Aula si è riunita la Commissione consiliare durante la quale, alla presenza del vice sindaco Salvatore Mondello sono intervenuti i rappresentanti della Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, associazione da 11 anni in prima linea per la costruzione del Ponte e di tutte le infrastrutture strategiche necessarie allo sviluppo della Sicilia e di Messina.
E’ stato il presidente di Rete Civica, Fernando Rizzo a sottolineare l’importanza della conversione in legge del decreto Ponte che consentirà di riavviare la Stretto di Messina, ripristinando i contratti con Eurolink (di cui è capofila Webuild) che già aveva vinto la gara d’appalto nel 2005, presentato il progetto definitivo nel dicembre 2010, approvato da Stretto di Messina a maggio del 2011. Entro 8 mesi il consorzio Eurolink provvederà ad aggiornare il progetto definitivo come previsto dalla legge.
“Il no pontismo” è solo pura ideologia catastrofista– ha commentato Rizzo– basti dire che dal 2011 ad oggi secondo i dati Eurostat, su 234 regioni europee, la Sicilia è ultima per occupati. Solo il 41,1% dei siciliani tra i 18 ed i 64 ha una occupazione ed un reddito lavorativo ma il dato si attesta al 32% per le donne. Ne consegue come solo 1 siciliano su 5 ha una occupazione e 1 su 5 è pensionato. Il resto dei 3/5 dei siciliani o studiano o vivono di sussistenza: ben 680.000 siciliani sono oggi percettori del reddito di cittadinanza e oltre 200.000 della pensione di cittadinanza”.
Il presidente di Rete civica ha ricordato anche la Sicilia è al 214° posto tra le regioni europee per competitività infrastrutturale ed in 20 anni si è svuotata di 700.000 abitanti, ridotti oggi a 4,850 milioni, con una perdita di quasi 35.000 cittadini in meno l’anno. Messina in particolare ha perso 45.000 abitanti rispetto agli anni ’90, passando da oltre 264.000 a meno di 220.000 residenti, un tracollo inarrestabile: 2.500 ragazzi ogni anno lasciano Messina già al momento della scelta universitaria. Nel frattempo anche il pil pro capite dei siciliani è crollato, nel 2019 a 17.721,00 euro ovvero in penultima posizione tra le regioni italiane (ultima è la Calabria).
Eppure Messina con 11 milioni di passeggeri l’anno, è il 1° porto d’Italia e il 5° d’Europa; con 2,2 milioni di mezzi gommati trasportati ogni anno con 3650 treni passeggeri e circa 1460 treni merci. Dagli aeroporti di Catania, Palermo, Trapani e Comiso volano ogni anno oltre 20 milioni di passeggeri e Catania è il 3° aeroporto d’Italia con oltre 12 milioni di utenti.
“La valutazione del ritorno economico del ponte deve essere macroeconomica valutando tutti i fattori economici di sviluppo- ha continuato Fernando Rizzo– per mobilità di persone e merci, di porti e ferrovie, di alta velocità, alta capacità e riduzione esponenziale dell’inquinamento da CO2, prodotta da aerei e navi”
Secondo la ricerca condotta nel 2020 dall’Istituto Bruno Leoni attraverso un modello econometrico è stato stimato il gap che l’insularità determina nei costi di trasporto: è stato accertato per la Sicilia una perdita del PIL pro capite pari a 1.308 euro stimando il costo annuale dell’insularità in 6,5 miliardi di euro pari al 7,4 per cento del PIL. Con il Ponte si potrebbe mirare ad equiparare i costi di trasporto di Sicilia con un aumento pari al al 6,8 per cento, quantificabile in circa 6,04 miliardi di euro. In buona sostanza se ci fosse il ponte le aziende e i cittadini siciliani abbatterebbero un gap di 6 miliardi di costi e avrebbero un incremento del PIL calcolato in 6,50 miliardi. Tradotto la Sicilia senza ponte tra costi e minore PIL ha una perdita di 12,5 miliardi l’anno certificati.
“Davanti a tali numeri appaiono stucchevoli quegli ideologi che si nascondo dietro l’economia dei pedaggi- continua Rizzo– Senza contare che con la continuità territoriale e il completamento della rete ferroviaria sino ai porti della Sicilia potrebbero essere intercettati milioni di teu, passanti da Suez che oggi, in mancanza di rete ferroviaria, approdano nei porti del nord Europa o in quelli dei porti di Genova o Trieste, Venezia”.
Rizzo ha poi sintetizzato cosa non è stato fatto per la Sicilia in 11 anni da quando il governo Monti cancellò il Ponte con un progressivo disinteresse verso l’isola e il totale isolamento.
Successivamente è intervenuto l’ing. Nino Musca autore, con l’ing. Giovanni Mollica di uno studio sulle emissioni di sostanze nocive di navi e gommato nello stretto che ha ricordato: “l’Agenzia Europea dell’Ambiente si premura di comunicare quanti grammi di CO2 sono emessi da chi viaggia in aereo invece che con un altro mezzo e, con dati riferiti al 2014, li valuta in 282 grammi per passeggero per km su un aereo con 80 persone a bordo. Un confronto impietoso con gli altri mezzi di trasporto che arrivano a 14 grammi per passeggero su un treno con 152 viaggiatori, 42 per chi è su un’auto con altre 4 persone e 104 grammi se a bordo dell’auto c’è solo una persona e mezza. Nelle intenzioni dell’Ue l’attraversamento stabile è funzionale anche a trasferire su ferro la quota più elevata possibile di persone e merci che viaggiano in aereo e su gomma”
Successivamente è intervenuta la prof. arch. Clara Stella Vicari Aversa, consigliera dell’Ordine degli Architetti di Messina, la quale ha approfondito le tematiche paesaggistiche e del recupero delle spiagge sul modello Barcellona: “Il Ponte non è solo fra Messina e Villa SG- RC, ma anche fra Palermo, la Sicilia, lo Stretto e il nord Europa. Da solo non risolve i problemi della Sicilia, dell’Italia e dell’Europa, ma, una volta inserito in un contesto, certamente cambierà tutto. Il Ponte è la parte di tutto, non solo fra Sicilia ed Europa, ma anche per Messina e l’area dello Stretto. La città sarebbe immediatamente liberata e alleggerita dal traffico e molto più connessa e collegata e infrastrutturata. Il Ponte porta con sé anche una linea metropolitana per cui sono previste le tre stazioni di Annunziata, Papardo ed Europa, in corrispondenza delle quali si prevede idonea riqualificazione paesaggistica ed urbanistica con sistemazioni a parcheggio ed arredo urbano”
Vicari Aversa si è soffermata sull’importanza delle opere connesse, che sono occasione per riqualificare, rivedere e rigenerare e riaprire finalmente al mare tutta la città di Messina. Nella zona dei laghi di Ganzirri e Faro, la riserva naturale non solo resterebbe intatta, ma ne beneficerebbe recuperando ampi spazi a verde per la collettività, divenendo molto più green e sostenibile di adesso. O ancora il parco urbano nella zona di Ganzirri-Torre Faro e, indirettamente sempre in ottica di recupero della fruibilità, del fronte a mare, esso finalmente liberato. E ciò sia a nord che a sud della storica falce del porto.
“Il Ponte è un elemento di un mosaico che potrà dare migliore vivibilità alla citta- ha continuato Vicari Aversa- A nord della falce la liberazione della rada di san Francesco sarà fondamentale per la città per riappropriarsi del suo tradizionale rapporto con il mare. La balneazione tornerebbe, come una volta, in pieno centro città. A sud della falce, con lo spostamento della stazione in una parte molto più a sud della stessa, si libererà una porzione privilegiata della città in pieno centro. Improvvisamente il nuovo affaccio a mare libero dalla cesura della ferrovia, permetterebbe finalmente il processo di apertura della città al mare che Messina merita e da tempo aspetta. Un po’ come Barcelona nel ‘92 con le Olimpiadi, proprio intervenendo sul tracciato ferroviario, o come ha fatto la dirimpettaia Reggio Calabria, anche Messina non darebbe più spalle al mare, ma proprio il cuore della città si aprirebbe come un bocciolo verso il mare”
Infine è intervenuto il prof. Pietro Busetta, già ordinario di statistica economica presso la facoltà di economia dell’Università degli Studi di Palermo e consigliere dello Svimez: “Scontato che l’Europa, l’Italia, il Mezzogiorno e la Sicilia avranno grande vantaggio dalla costruzione del ponte sullo stretto e delle altre infrastrutture. Messina ne avrà un vantaggio? Bisogna attivarsi perché un’occasione unica non venga persa dalla città in termini di compensazioni per i lavori che si svolgeranno per cinque anni e che evidentemente penalizzeranno in qualche modo la città, ma saranno di straordinario vantaggio in termini di assunzioni di giovani in modo da interrompere il processo migratorio che negli ultimi anni ha riguardato la città dello stretto. Ha auspicato che le Università dello Stretto si attivino per un grande centro di ricerca che approfondisca tutti i temi relativi ai collegamenti stabili, o gli studi sui materiali, sul modello di quanto fatto a San Francisco con la Berkeley University o tra le Università di Malmoe e Copenaghen oggi unite dal ponte sullo Stretto dell’Oresund per poter conseguire risultati sempre più ambiziosi”.