Carissimi
“Ha da venì baffone” si diceva una volta, ma adesso anche se venisse da quale parte sarebbe?
Chi rappresenterebbe baffone e soprattutto chi si identificherebbe in baffone?
Sappiamo bene che la storia e la politica non sempre condividono i loro giudizi sulle epoche e sui fatti e io penso di avere una maggiore predilezione per la storia e la “memoria” di certo più oggettive.
In qualche anno di attento ascolto e osservazione ho anche visto cambiare regole e schieramenti nella politica, basti pensare alla vera rivoluzione degli ultimi anni, l’eliminazione delle candidature a vantaggio delle nomine.
Se un eletto risponde a chi lo nomina e non al consenso popolare, sarà e farà riferimento certamente a chi lo ha nominato o qualcun altro che lo potrà rinominare, ma non di certo al popolo e al suo consenso. Un eletto può esser creato in provetta, un candidato di contro deve avere “le ruote” come mi diceva sempre un mio caro amico “ca sinni sienti” per essere elettoralmente spinto fino al successo.
A Palermo spesso si usava l’espressione: “scusi ma lei cu mi rappresenta?”
Proprio a voler intendere non solo a che titolo mi sta parlando, ma anche per mandato di chi.
Una volta esisteva, la sinistra, la destra e il centro e ognuno di questi sostantivi si portava dietro una storia di pensiero, ideali, una precisa idea di come dovesse esser governata la società e ancor più erano identificabili le figure di riferimento, spesso grandi statisti.
Quindi se ero di sinistra, il partito comunista e la Russia erano dei punti di riferimento, anzi addirittura i vertici di partito avevano stretti legami con la casa sovietica, ricevendo indirizzi e qualcuno dice non solo.
In verità ho avuto grandi dubbi sull’affermazione che “mangiassero i bambini” ma una cosa era certa, quell’assordante silenzio “dietro una cortina di ferro” che tentava di nascondere le limitazioni della libertà personale. In più non sfuggiva il loro ateismo e l’avversione per la chiesa, i preti e figuratevi i Papi.
Di contro, se fossi stato di destra, non avrei potuto nascondere una nostalgia per il ventennio e le sue idee, nella maggior parte dei casi tentando di prendere le distanze da ciò che aveva portato attraverso storture e deviazioni, a una dittatura, mantenendo una visione della società attraverso il rispetto di regole certe e soprattutto una fede indiscussa in uno al rispetto per la chiesa Santa Cattolica Apostolica.
Se eri di centro, eri tutto ciò che non erano i primi due, coprendo una prateria estesissima, ma soprattutto eri “parrinaru” e il simbolo del maggior partito te lo ricordava con una croce sullo scudo e la parola “libertas”.
Era facile identificarsi e schierarsi, poi si fecero le coalizioni e addirittura i raggruppamenti e si creò “il centro destra” e il “centro sinistra” quale figlio dell’implosione del centro con conseguente distribuzione dei “democristiani” il tutto con un solo scopo, far accettare al popolo, l’idea che come la DC e il grande centro avevano garantito libertà e benessere senza nuove derive autoritarie, così anche una sinistra o una destra avrebbero potuto governare (con questi apparentamenti con i profughi di centro) il paese senza pericolo di carrarmati, di squadre di picchiatori o di bambini mangiati a pranzo.
Centro-Destra, Centro-Sinistra e come nei punti cardinali dire sud-ovest o nord-est, non avendo più una direzione verticale o orizzontale chiara, ma una visione intermedia, di contro (con metafora calcistica) era come aver creato una squadra che si chiamasse Inter-Milan o Lazio-Roma ….. non voglio arrivare al paragone con un Palermo-Catania, impossibile, assurdo, inconcepibile.
O sei laziale o sei romanista, e così per gli altri, quindi o sei di sinistra o sei di centro, o sei di destra o sei di centro, questi annacquamenti a scopo elettorale hanno finito per confondere il popolino, ma prima di tutto per confonder loro per primi.
Un comunista che “non mangia più preti” va a messa la domenica, si fa la comunione, loda l’operato della chiesa e rinnega la “patria Russia”, “nsi po’ sentiri”, la destra che guarda con simpatia ad un dittatore sovietico figlio delle tante “democrature”, “nsi po’ sentiri”.
Se Giovannino Guareschi fosse in vita, scriverebbe di un “Peppone parrinaru”? E Don Camillo? Andrebbe a dire messa tranquillamente a Mosca e si abbraccerebbe con Kyrill? Chi lo sa?
Si narra che quella sera del 5 marzo 1953 in quella stanza della dacia di Kuntsevo, quando morì Iosif Vissarionovič Stalin, posizionato su un giradichi c’era ancora il disco del concerto per pianoforte e orchestra n. 23 in La maggiore, K 488, di Wolfgang Amadeus Mozart.
Baffone di umili origini, un dittatore e Mozart, cosa mai avrebbero potuto avere in comune?
Eppure, crediamo di conoscere tutto e di sapere tutto. Un abbraccio.