Il tema dello sviluppo e del rilancio economico della Sicilia è rimasto un po’ in ombra in questa campagna elettorale da parte delle forze politiche in campo, ma anche da parte delle rappresentanze del mondo del lavoro e delle imprese. Quello che doveva essere uno dei temi centrali del confronto elettorale è stato trattato come una questione settoriale.
Si parla un po’ di tutto, ambiente, turismo, beni culturali, infrastrutture, fondi strutturali, semplificazione amministrativa, tutte questioni importanti ma slegate da un progetto complessivo di sviluppo per il futuro della Sicilia. Nessun riferimento ai gravi problemi che travagliano le imprese, alle difficoltà che incontrano, alla dura realtà che devono quotidianamente affrontare.
Vi è stata, in verità qualche lodevole iniziativa da parte delle associazioni delle cooperative e degli artigiani, e, a tal proposito, si è notata anche l’assenza d’iniziative da parte della Sicindustria, forse per scrollarsi la critica di essere stata nel recente passato troppo compenetrata con la politica e il governo.
Il prossimo governo e la nuova assemblea regionale, tuttavia, non potranno permettersi di tergiversare di fronte al declino economico, alla desertificazione produttiva del territorio, al quasi mezzo milione di disoccupati, la continua emigrazione di giovani laureati e diplomati, la chiusura di tante aziende.
C’è ancora tempo, comunque, per recuperare e ricollocare al centro del confronto elettorale questa drammatica realtà che coinvolge tanti imprenditori e tanti lavoratori, alternando fiducia e rassegnazione, quando questa non sfocia in disperazione.
E non saranno certo i programmi dei singoli candidati che, pur contenendo analisi e proposte di indubbio interesse, potranno ripristinare un clima di fiducia verso le istituzioni e la politica se queste non sono in grado di orientare indirizzi, suscitare interesse, sollecitare energie, indicare soluzioni.
E’ importante, a tal proposito, evitare discorsi a vanvera, farciti da incompetenza, luoghi comuni e demagogia, non imitando quel che si racconta di un dirigente politico (ma non vi sono prove documentali a riguardo) che la mattina a un’assemblea dei costruttori propugnava la ripresa dell’edilizia eliminando ogni tipo di lacci e lacciuoli e il pomeriggio a un’assemblea degli ambientalisti s’impegnava per imporre vincoli più restrittivi all’edificazione.
Se, pertanto, l’animo dei siciliani è pervaso da scetticismo e preoccupazione, questo sentimento è, a maggior ragione, presente tra gli imprenditori, delusi e ingannati da politiche che nell’ultimo quindicennio hanno incrementato lo stipendificio regionale ignorando le istanze e le esigenze delle imprese.
Ancora si aspetta quella famosa legge sullo sviluppo che avrebbe dovuto contenere concreti sostegni alle imprese, promessa dal governo Cuffaro e ripromessa dai suoi successori.
Ora non è più tempo di generiche promesse anche perché la realtà richiede grande rigore, coraggio e realismo politico. Occorrerà, infatti, spiegare alle forze più deboli, ai disoccupati, ai ragazzi e alle ragazze in cerca di lavoro che il miglioramento delle proprie condizioni e il loro futuro non potranno più essere affidati alle precarie risorse della finanza pubblica ma alla capacità dell’iniziatica privata.
Il Lavoro, ormai, non si cerca ma si crea e a crearlo è l’impresa e dunque l’impresa è il soggetto da rafforzare, sostenere e promuovere.
Occorre che tutti, pertanto, abbiamo la consapevolezza che il vero cambiamento della Sicilia deve fondarsi sulle imprese e il lavoro produttivo. Senza questa svolta si continuerà sulla vecchia strada dell’assistenzialismo, a galleggiare sulla crisi, ad essere sempre dipendenti dalle scelte e dalle volontà del potere centrale per cui la regressione economica, sociale e democratica della Sicilia sarà irreversibile.
Da questo punto di vista sarebbe importante un forte segnale di volontà politica da parte dei candidati alla presidenza della Regione, impegnandosi pubblicamente e formalmente a varare nei primi novanta giorni di governo precisi e concreti provvedimenti che, oltre a dare un sostegno immediato alle attività imprenditoriali, restituirebbero fiducia nel futuro.
Scelte veloci e razionali a cominciare dalla prima legge finanziaria e dal bilancio che, di fatto, continuano a svolgere il ruolo di grande ammortizzatore sociale, distribuendo stipendi sussidi, prebende e contributi vari, mente non trovano mai alcuna allocazione le attività produttive e le imprese.
Primo atto concreto: spostare almeno il 30% delle spese correnti al sostegno per la crescita e lo sviluppo dei settori produttivi.
In secondo luogo misure immediate per sbloccare l’attività edilizia e le opere pubbliche, anche attraverso strumenti e procedure eccezionali per rivitalizzare un comparto che sta morendo e che invece produrrebbe risultati immediati sia sul terreno dell’occupazione sia sull’indotto che gravita attorno a questo settore e che dà lavoro a tantissime aziende.
Rendere agevole l’accesso al credito potenziando i fondi di rotazione per Irfis, Crias e Ircac, attivando anche una nuova moratoria per i crediti agevolati. E infine il pagamento dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione per prestazioni e servizi resi.
Tutte misure che consentirebbero di rilanciare la domanda interna e sbloccare un mercato che allo stato attuale è ingessato per poi procedere a impostare processi riformatori incisivi e funzionali al nuovo modello di sviluppo che serve alla Sicilia.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre che nei mesi precedenti abbiamo assistito al fenomeno delle morti per suicidio di imprenditori che non potevano far fronte agli impegni assunti e alle difficoltà che si presentavano. Un disagio sociale che si è trasformato in tragedia.
Occorrono dunque segnali precisi e concreti. Solo così si potrà sanare la profonda rottura che si è determinata tra il mondo produttivo e la Regione, tra le imprese diffuse nel territorio e la classe politica.