Spettinato è spettinato. Col suo bomber verde e gli scarponi da scalata è sicuramente il più atipico tra i candidati alla carica di primo cittadino a Palermo. Anche il più giovane. Ce la farà? Poco importa, in fondo. Di sicuro la sua candidatura non è acne giovanile. Le idee sono chiare e l’importante è il cimento.
Per il debutto nell’agone politico non è che abbia scelto proprio una passeggiata. Palermo è città dai molti volti, dai tanti appetiti leciti e meno leciti. E le trappole sono disseminate ad ogni angolo della strada. La battaglia sembra talmente impari che lui stesso si definisce novello Davide nell’arena dei tanti Golia.
E’ così Ismaele La Vardera. Prendere o lasciare. Le mezze misure confliggerebbero con i suoi 24 anni. Vuole la rivoluzione, se lo può permettere perché non è un millennials ma poco ci manca. Non solo a quel pubblico, però, vuole parlare. Trasversale nell’approccio alle categorie tradizionali della politica, altrettanto acuminato è lo sforzo di tagliare fettine di elettorato di ogni età, parlando a loro di una città possibile.
Facciamo le presentazioni, dunque. Coi suoi occhiali sbarazzini, non più di quattro anni fa, Ismaele decide di mettere a soqquadro gli equilibri politici di Villabate, svelando le tresche di un voto amministrativo non tanto limpido, alla fine dei conti. La ribalta nazionale, le lectures nelle scuole e il balzo dalla parte giusta del tubo catodico in fascia prime time. Insomma, lui potrebbe tranquillamente fottersene.
Ma il carattere del giornalista d’inchiesta è quello che è. Lo svela in parte quella nota rossiccia della capigliatura, col ciuffo sempre pronto a mettersi di traverso. In fondo, se oggi i politicanti della politica dei politicanti devono far di conto con la capigliatura e la candidatura di Lavardera è anche per colpa loro. “Hanno iniziato a chiamarmi un po’ tutti – racconta, mentre sorseggia un caffè bollente appena soffocato da due sbuffi di panna – Ismaele di qua, Ismaele di là. Vieni con noi, candidati… Insomma un percorso di seduzione politico bello e buono”.
Diciamoci la verità, volevano il brand del giornalista legalitario e antimafia? “Il sospetto l’ho avuto. Ho ringraziato tutti e ho risposto di no. Poi è venuta la proposta dei Movimenti civici e lì, sinceramente, mi sono sentito libero di decidere. Ho detto ancora no ma ho cominciato a rifletterci su..”
E quindi hai deciso di correre da solo.. “E perché no? Mi sono detto. Se tutti mi vogliono, magari è perché vedono in me del talento politico. Tanto vale provarci. Mettiamo su un gruppo di persone perbene e vediamo che succede. Senza partiti e oltre la politica. Insomma, ci metto la faccia”.
Quindi inutile parlare di destra e sinistra o centro.. “Io voglio parlare a tutti. e dialogare con tutti. Sono un candidato 2.0. Certo, a me viene più facile parlare con i più giovani. Stesso linguaggio, stessi stili di vita e stessa montagna di problemi da scalare. Ma in fondo, con un po’ di pazienza sono convinto di catturare l’attenzione anche di chi ha qualche anno in più di me. E i problemi di Palermo sono talmente tanti che sarebbe bello risolverli insieme”.
Allora parliamo della città. Se diventi sindaco, qual è la prima cosa che fai? “Rivoluzione della burocrazia. Puntando su una “riforma” digitale e sulla valorizzazione delle risorse umane. Che non può prescindere dalla rotazione dei dirigenti e dalla definizione di strategie politiche per rendere efficiente la burocrazia. Il nodo è quello. Se la politica detta le linee guida e poi la burocrazia blocca tutto, il sistema va al collasso”.
Ma non è che per caso parli di Palermo e pensi a quel che è successo a Roma con la sindaca Raggi e i suoi city manager ? “Certo che ci sto pensando. Perché è sbagliato fare esperienza? Non è un caso e non è un problema che riguarda un partito sì e l’altro no. Nella gestione della cosa pubblica dobbiamo smetterla con la scusa che le cose accadono all’insaputa…”
Bene, e dopo le rotazioni… “E dopo le rotazioni dei dirigenti, metterei mano alla mobilità. Partendo da un obiettivo trasparenza sull’Amat. Dalla lettura del bilancio sembrerebbe che soltanto dieci milioni di euro sono i proventi dei ticket. Insomma, bisogna fare qualcosa per fermare il fenomeno dei portoghesi. E cambiare le regole dei collegamenti rafforzando i servizi e puntando alle manutenzioni che, da quel che so io, non è che siano proprio tempestive. L’officina di via Roccazzo deve diventare un punto di riferimento per tutto l’autoparco comunale. Va messa a reddito per le casse comunali. E poi, parlando di mobilità – e lasciando per un attimo da parte i mega progetti – io credo che vada fatta una seria riflessione sulla ztl. Così non funziona, così rischia di indebolire ancora di più il tessuto economico e sociale del centro storico. Un massacro da evitare”.
Hai studiato bene i dati del bilancio comunale?“E’ il minimo. D’altronde io facevo e faccio inchieste. Provo sempre a documentarmi con correttezza e precisione. Poi, lasciami dire, vorrei introdurre un sistema digitale. Una sorta di tessera del cittadino. Per pagare i tributi, per ottenere servizi. Una specie di credit score del modello anglosassone con delle premialità per i cittadini più virtuosi. Chi ben si comporta ottiene dei benefici”.
Arriviamo al punto dolente. Palermo e la mafia. Come evitarla in campagna elettorale? Come evitare le infiltrazioni? “Tolleranza zero. Non ci sono alternative. Il volto della mafia è cambiato e spesso si può celere dietro le sembianze dei manager, dei comitati d’affari. Alla ricerca degli appalti, i gruppi mafiosi vogliono mettere le mani sulla cosa pubblica. Bisogna controllare, controllare e controllare ancora, per far sì che neanche un centesimo finisca nella mani di chi, anche lontanamente, può essere assimilato ai gruppi mafiosi. E non basta.”Non basta, e quindi?“Bisogna anche affrontare il tema del racket del pizzo. Le estorsioni agli imprenditori sono una delle forme più violente di ricatto su un territorio. Ben venga il lavoro delle associazioni antiracket. Ma gli enti locali devono fare la loro parte e accompagnare il percorso di liberazione da questa piaga”.
Come?“Da sindaco punterei sulla creazione di uno sportello di legalità e di un assessorato al settore. Utilizzando le tecnologie, anche in questo caso, si potrebbero creare delle banche dati, delle analisi di settore e degli strumenti operativi per tutelare il lavoro delle persone oneste e mettere la società al riparo”.
Ismaele, quello che tu racconti è un mondo possibile. Ma se la tua campagna dovesse andare male?“Non andrà male in nessun caso. E’ banale sostenere che l’importante sia partecipare. Ma sono sicuro, incontrando le persone di ogni quartiere di questa città, che in ogni caso verrà creata una rete di persone che puntano al bene comune. Ed è un tesoro che non verrà mai disperso. Vada come vada, stiamo creando qualcosa di importante. Accetterò il risultato delle urne, qualsiasi esso sia, con la certezza di aver fatto tutto il possibile per cambiare, in meglio, questa città”.