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Quando ha finito di parlare, un discorso a braccio, con momenti di grande intensità, l’intera sala si è alzata in piedi per applaudirla. Non un gesto formale nei confronti di Rula Jebreal, giornalista e scrittrice che per le sua battaglie contro le violenze sulle donne aveva appena ricevuto, durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Messina, il dottorato honoris causa in Scienze Politiche.
Un applauso sentito perché, come spesso Rula Jebreal dice, le parole hanno più forza dei fucili e sono le parole a cambiare il percorso della nostra vita, a darci quella spinta a rialzarci, a lottare per i nostri diritti.
Tutti in piedi, docenti, studenti, autorità.
“Studiare ha cambiato la mia vita- ha detto Rula Jebreal- In questi giorni ho riflettuto molto sul mio luogo di partenza, un luogo martoriato dalla guerra (ndr,la Palestina) La mia lotta continua attraverso la mia carriera, che è una dichiarazione di guerra alla guerra. Alle ragazze oggi dico che quando ero piccola la mia era lotta per la sopravvivenza. Nei luoghi di guerra le donne non hanno voce. La mia storia è iniziata nel 1948 con una donna che rubava tempo al conflitto per farci innamorare della letteratura, della cultura, ci ha fatto capire che noi possiamo cambiare il mondo”.
Il riferimento è a quella donna che nel collegio a Gerusalemme dove lei è stata mandata dopo il suicidio della madre, è diventata una seconda madre e le ha davvero cambiato le vita.
“Quella comunità dove studiavo è diventata la mia famiglia e io oggi sento che questa università è una famiglia. Le ragazze afgane che sono qui sono ambasciatrici di futuro come lo sono stata io nel mio orfanotrofio. Non dimenticherò mai che a 8 anni la scelta di mio padre tra medicine per lui e libri per me lui non ha esitato. Mi ha dato l’istruzione”.
Da palestinese ha vissuto le sofferenze della violenza, le umiliazioni della violenza.
“E’ legittimo essere traumatizzati davanti ai fucili e ai carri armati. Mentre oggi stiamo parlando di guerra, di morte, vorrei ricordare una generazione di chi ha costruito la pace dopo due guerre mondiali. Ai giovani dico non date per scontata la democrazia. Vi imploro di impegnarvi, difendete questi diritti straordinari. Ho conosciuto il dolore dei campi profughi, dei campi di concentramento. Ho incontrato chi sapeva che rischiava di essere torturato, ucciso, imprigionato. Siamo tutti chiamate a scegliere da che parte stare. Oggi pensavo che i miei genitori non sapevano scrivere.Mio padre è morto giovane, sperando di vedere l’arco della giustizia compiersi. Oggi tutto dipende da voi, da come forgiate questo arco. Dobbiamo creare una comunità fatta di persone diverse ma che condividono i valori di giustizia, libertà, democrazia.”
Durissima nei confronti di Putin “un dittatore sanguinario, un folle e sapevamo che era così-ha detto ai giornalisti prima della cerimonia- Per troppi anni abbiamo fatto finta di nulla, abbiamo permesso che Putin usasse l’odio e la corruzione, assassinasse giornalisti, oppositori, chiunque fosse contrario alla sua propaganda, zittisse l’opposizione politica, desse linfa alle correnti sovraniste contro la NATO e contro l’Europa. Sapevamo benissimo chi fosse Putin, non è una sorpresa quello che è avvenuto. La vera domanda è chi siamo noi davanti a questi dittatori? Perché li incontriamo, stringiamo loro le mani e a volte li premiamo pure come accaduto con Al Sisi in Egitto. Oggi stiamo assistendo ad un’Europa che sta reagendo, che si sta unendo che sta facendo sentire la sua voce”.