Noi con l’Italia, la ‘quarta gamba’ del centrodestra lotta contro il tempo e contro i sondaggi per strappare la fatidica soglia del 3% (su base nazionale) che consentirebbe l’ingresso dei suoi deputati in parlamento.
Nella stagione in cui sono usciti di scena Angelino Alfano, Gianpiero D’Alia, Giuseppe Castiglione, Dore Misuraca, tutti centristi non ricandidati dopo l’implosione di Alternativa popolare, D’Alia in realtà era al di fuori di questo percorso, rimane in campo, con buone probabilità di successo, solo Saverio Romano, cresciuto nella fucina di Calogero Mannino che produsse l’esperienza politica di Totò Cuffaro. Una palestra democristiana in grado di reclutare grandi consensi, rappresentare istanze e territori e proporsi come modello riconoscibile agli elettori.
Questo succedeva una ventina di anni fa, e probabilmente, il merito più grosso dei centristi nella seconda Repubblica è stato quello di non farsi cancellare nella stagione del berlusconismo più acceso ed esasperato, che oggi ritorna sotto altre spoglie, ma più agguerrito che mai.
Ecco dunque che la partita al centro, nella coalizione che vede anche Salvini e Meloni, prova a rivendicare una cittadinanza piena per essere parte di scelte, metodi e rappresentanze, anche all’interno di quello che si presenta coma la prossima possibile esperienza di governo nazionale. Intanto Saverio Romano ha piazzato nella giunta regionale uno dei suoi fedelissimi Toto Cordaro, al Territorio, mentre si era distinto rispetto ad altre parti del mondo cuffariano per un minore ostracismo, sin dall’inizio della trattativa, alla candidatura di Musumeci a Palazzo d’Orleans.
Romano, che correrà nel collegio di Monreale, conta con Cantiere popolare quattro consiglieri comunali nel centro palermitano e parte con i favori del pronostico.
Il suo ruolo, più che da potenziale higlander di lungo corso dei post-democristiani, potrebbe anche essere quello di uno dei nomi da spendere per la squadra di governo. È già stato ministro delle Politiche Agricole nel governo Berlusconi, ma soprattutto in termini di strategia da tessere e rapporti da ricucire, anche in Sicilia, è il contrappeso di Gianfranco Miccichè nei rapporti con l’esecutivo regionale di Nello Musumeci, che si appresta a vivere un impegnativo banco di prova in vista della legge di stabilità regionale della prossima primavera.
La pattuglia siciliana di deputati, che prima di poter salpare per Roma, dovrà fare i conti con il boom annunciato dei voti dei 5stelle, potrebbe comprendere una delegazione di centristi proprio nel giorno in cui questa parte di collocazione politica nello scenario che rimane in piedi rischia di essere marginalizzata dal movimento di Di Maio e dai partiti più grossi nel centrodestra.