Carissimi,
ci torno spesso perché fa parte della mia qualità della vita e penso della qualità della vita di molti di voi.
Malgrado parliamo spesso di globalizzazione, migrazione, integrazione non possiamo scordarci delle identità locali e di costumi che nascono in relazione e in conformità con le caratteristiche geografiche di dove viviamo. E’ ovvio che l’esquimese vive nell’igloo, il nord europeo vive in case con ampie vetrate per catturare la luce e il calore del sole, le tribù equatoriali vivono anche nelle capanne, insomma ognuno di noi si adatta a quello che è il territorio, per cui se mi addentro nella foresta mi aspetto un pista sterrata, se mi addentro nel deserto, neanche questo, ma se vivo alle mie latitudini benché ci sia chi sogna di trasformarle in una Puerto Escondido (dove malgrado la latitudine le strade probabilmente sono tenute meglio delle nostre), mi aspetto delle strade asfaltate e bene.
Non voglio entrare nel merito di come si fa una strada poiché attirerei soltanto l’attenzione di qualche tecnico, ma dell’uso della strada ne possiamo parlare tutti.
Ecco, la strada è l’esempio della convivenza in democrazia a qualunque latitudine, poiché su di essa si affacciano le case, le capanne, gli igloo e quindi collega i nostri rifugi, i nostri siti, permettendone il raggiungimento, la condivisione degli spazi, la vita comune.
Ora potremo essere capitale di qualunque cosa, potremo candidarci ad accogliere tutto il mondo, potremo avere l’amministrazione “vincitrice della coppa del mondo”, ma fin quando non mi aggiustate le strade, fin quando saranno scarnificate e piene di buche, fin quando saranno rattoppate con continue e successive sovrapposizioni e i marciapiedi saranno pericolosi e rotti, la città sarà pur sempre una città da terzo mondo, con tutto il rispetto del terzo mondo, che sta orgogliosamente nel terzo mondo, mentre io sto in Sicilia, regione insulare europea, in pieno mondo occidentale.
Puoi metterti il frac e tutti i gioielli addosso per distrarre l’attenzione, ma fin quando camminerai con le scarpe sfondate o sei uno scarparo o sei un “sfardato”.
La strada sfondata è analoga a quelle case in alcuni paesi della Sicilia lasciate non rifinite all’esterno ma ricche dentro. Un tale atteggiamento manifesta un disinteresse per la cosa pubblica e la cosa pubblica deve essere al centro dell’interesse della collettività. Cosa distingue a prima vista un lindo paese nordico dalla nostra città, la cura e l’interesse che un’amministrazione mette per le sue strade e gli spazi comuni.
Giorni fa, in moto, mi sono perso in un dedalo di viuzze di una zona periferica cittadina, è inutile dire che le condizioni delle strade erano quelle immaginabili, tranne qualche tratto di proprietà privata, ma la cosa che mi ha colpito è stata quella che anche nella traversina più dimenticata e chiusa al transito erano giunti gli scavi per il posizionamento delle fibre ottiche, delle autostrade informatiche. Ciò in un primo momento mi ha inorgoglito, pensando al fatto che questa città a brevissimo sarà interamente servita da linee telematiche velocissime, ma subito dopo ho pensato che sarebbe stato bello se oltre a quel ripristino di tappetino capitolare (privato) si fosse previsto un intero rifacimento (pubblico) del manto stradale.
Quanti incidenti, quante cause perse dall’Amministrazione per le cause del dissesto stradale. La strada è anche un biglietto da visita per chiunque arriva da fuori, è impressione mia o negli anni è andato tutto sempre di più peggiorando? Dove sono le authority per il coordinamento dei lavori che fanno sì che se in una strada si è già scavato e ripristinato per un lavoro, lo si debba rifare a pochissimo tempo di distanza per un altro lavoro? Trattasi di una mancanza di coordinamento? Trattasi di norme sbagliate? Ma le norme sbagliate come dico sempre si possono (si devono) cambiare, il perseverare nell’idiozia è veramente diabolico.
Da cittadino mi chiedo come vengano usati i soldi delle mie tasse, perché io le pago e pure salate se poste in riferimento ai servizi che mi ritornano. Si raccoglie di meno di quanto necessita? Si fanno male le classifiche delle priorità? Si coordinano male le attività? Chi comanda dovrebbe passare più tempo al tavolo a studiare questi problemi e poco importa se in giro non si conosca la sua faccia.
Un capo che ha lavorato bene spesso è quasi sempre pubblicamente nelle sue uscite meno invasivo. Avete costruito questi mostri “responsabili” da buttare in pasto all’opinione pubblica, ma non dimenticate che una “sana giustizia” vi verrà sempre a chiedere conto di una “culpa in eligendo” (e quindi della qualità della gente che vi sarete messi accanto) e di una “culpa in vigilando” (di come avrete svolto il controllo su chi avrete scelto come collaboratori) e quindi non si potrà scappare dai problemi dicendo sempre che la colpa e degli altri, di chi c’era prima, se alla guide del pullman ci siamo noi.
Un abbraccio, Epruno.