Dopo aver assistito allo spettacolo “Andrè y Dorine“, in scena al Teatro Libero di Palermo, ci è parso chiaro perché la pièce abbia avuto negli anni così tanto successo di pubblico e critica.
Centinaia di repliche in decine di nazioni diverse, premi e richieste per un racconto che, senza parole e senza volti, emoziona e diverte come raramente accade.
La semplicità, infatti, scotta nelle mani di crea.
La compagnia Kulunka Theatre, nata a Bilbao (Paesi Bachi) per volere di Garbiñe Insausti e José Dault, sul palco insieme a Edu Cárcamo, ha scelto, come poetica personale, la strada composta da diverse forme espressive che confluiscono in un messaggio accessibile a tutti.
La formula vincente sta tutta nel binomio physical theater e maschere, che permette di trascendere le barriere linguistiche e di universalizzare la comunicazione.
Musica francese di sottofondo e sulla scena l’interno di un appartamento senza luogo e senza tempo, dove i pochi arredi puntellano decenni di una relazione solida e felice, allegra e spensierata fino al giorno dell’infausta diagnosi.
Marito e moglie, con sovradimensionate maschere dagli occhi vuoti, trascorrono le giornate alternando piccoli corto circuiti, anche sonori: lei suona il violoncello ma il ticchettio della macchina da scrivere del marito la distrae, e ogni tanto l’arrivo dell’unico figlio, del quale si contendono pochi minuti di attenzione, interrompe la routine.
Tutto cambia, tra momenti ilari e divertenti, quando un nuovo inizio di vita insieme viene imposto dal morbo di Alzheimer.
Atti sbagliati, dimenticanze, aggressività frutto di un non riconoscimento generato dalla malattia, coadiuvato da un intelligente uso delle maschere, e soprattutto lo smarrimento generale.
Azioni e sentimenti che chi ha conosciuto, nella vita reale, la malattia non può che riconoscere come plausibili e, in un processo catartico, si trova ancora una volta preso per mano per vivere l’esperienza con l’ausilio dell’arte.
Gli attori sono bravissimi nel veicolare dolcezza e fermezza in gesti e movenze, in cambi maschere e abiti che gli permettono di aggiungere personaggi al racconto. Si ride e ci si emoziona: il ricordo del primo incontro e della gravidanza, il bigliettino conservato da sempre nel fondo di un porta fotografie e poi la resa all’inevitabile.
La musica è l’altra vera protagonista dello spettacolo che ritorna a sottolineare il passato e il presente.
A chiudere il racconto, tra simbolismi e suggestioni, la fine di una vita, nel corpo/violoncello, e la promessa di un nuovo arrivo. Solleva, a fine replica, vedere i volti luminosi e sorridenti degli attori che ricevono, anche a Palermo, meritati applausi.