Passato e futuro, antichi mestieri e sostenibilità: sono questi i temi principali della quarta puntata di Tuna Clip, il format a cura del Dipartimento della pesca mediterranea della Regione Siciliana e realizzato nell’ambito del progetto Accademia del tonno rosso in Sicilia.
Per rivivere l’antica tradizione della mattanza questa volta ci siamo spostati a Milazzo. La penisola, dove sorge l’antica città fortificata, è uno scrigno di bellezze naturali mozzafiato incastonato tra il Mar di Ponente, sul Golfo di Patti, e il Mar di Levante, sul Golfo di Milazzo, e che affaccia sulle Isole Eolie. Queste acque sono diventate uno dei luoghi prediletti del tonno rosso, che ha trovato proprio in questi fondali l’habitat migliore per riprodursi. Ciò ha fatto si che lungo la costa sorgessero non una ma molteplici tonnare, divenute con gli anni il cuore pulsante dell’economia locale. La più importante fu sicuramente quella del Tono, che sorgeva proprio nell’omonima baia.
“Se ci prendessimo il lusso di tralasciare la cultura storica degli antichi mestieri faremmo un grave errore nei confronti del popolo siciliano“. Così il dirigente generale del Dipartimento della pesca mediterranea, Alberto Pulizzi, ha ribadito l’impegno della Regione per “rilanciare queste attività. Abbiamo in programma corsi e studi per valorizzare gli antichi mestieri“.
IL MUSEO ETNOANTROPOLOGICO E NATURALISTICO “DOMENICO RYOLO”
“Ci è stato dato in concessione questo piccolo spazio per adibirlo a museo. Nasce da tutta questa attrezzatura donataci dai barcaioli di un tempo o da coloro che costruivano le botti, tutti mestieri che non si praticano più“. A spiegarcelo è stata la guida Enzo Giuffrè.
Entrare all’interno del museo è come fare un viaggio nel tempo: un tuffo nel passato tra attrezzi, remi, parti di imbarcazioni e ricordi risalenti al periodo in cui le tonnare erano il cuore pulsante della penisola e la mattanza l’evento più atteso. Tutte testimonianze di antichi mestieri che ad oggi non esistono più, come il maestro d’ascia, professione di spicco dei vecchi cantieri navali, quando le imbarcazioni venivano ancora costruite prevalentemente in legno. A darcene testimonianza è stato Gianni Chillemi che ha dedicato la sua vita a questo mestiere tanto faticoso quanto affascinante.
Al museo siamo stati raggiunti anche da un pescatore discendente da una famiglia composta interamente da tonnaroti, Salvatore Salmeri. “A Milazzo c’erano 6 tonnare, il mare e la pesca erano le attività principali. Mio nonno – racconta – ha iniziato a lavorare alla tonnara di Vaccarella, il mio rione dei pescatori, dove sono nato, quando aveva circa 10 anni e faceva il lanciere. Ricordi ce ne sono molti: quando con un colpo di coda di tonno si ruppe un paio di costole o quando, per salvare delle imbarcazioni della tonnara, durante una mareggiata, rischiò di morire annegato. La tonnara di Vaccarella non era grande come la tonnara del Tono o del porto di Milazzo ma era di ‘leva e monta’: aveva un paio di stanze dove si faceva solamente la mattanza e prendeva sia i tonni di corso che di ritorno, cioè quelli che si accingevano a ritornare nell’oceano Atlantico“.
IL MUSEO DELLA TONNARA
Dal museo etnoantropologico ci siamo spostati al museo della tonnara, guidati da Domenico Sapienza e Vittorio Cernuto, dell’associazione “Tonosolemare”.
“Il museo si trova presso il monastero delle benedettine, all’interno della città fortificata di Milazzo. Questa location ci è stata concessa dall’amministrazione comunale e si affaccia sulla baia del Tono di Milazzo, sede dalla più importante tonnara della città“. Ci ha spiegato Domenico Sapienza, che in giro per il museo ha fatto anche un excursus storico della tonnara.
“La pesca del tonno risale al periodo dei fenici, poi ci furono i greci, i romani e gli arabi che perfezionarono il sistema di pesca. Idearono un edificio sottomarino – ha aggiunto – che consentisse la circuizione dei tonni e una facile pesca sfruttando la necessità del tonno di riprodursi in un ambiente quanto più idoneo alle sue esigenze. Dunque il tonno tornava sempre negli stessi luoghi a procreare“.
La tonnara era un vero e proprio microcosmo, dove si “viveva in maniera condivisa. I tonnaroti abitavano tutti nella zona di Vaccarella, attraversavano la zona del castello e venivano a ponente, dove c’era la tonnara. Lì si lavorava dal mese di maggio fino a luglio. C’era anche una fase di preparazione della calata della tonnara: gli operai creavano le condizioni perché questo potesse avvenire, riparavano le barche, calavano le boe e così via. Successivamente c’era una parte che riguardava la lavorazione del tonno“.
Vittorio Cernuto ci ha illustrato, attraverso un plastico, come avveniva la pesca e tutte le sue fasi. “La tonnara era composta da un pedale, lungo 800 metri, che partiva dalla spiaggia fino al largo dove c’era la nassa, altri 800 metri. I tonni – racconta – generalmente venivamo da sud verso nord, quindi dal golfo di Patti, incontrando la rete del pedale, ed erano obbligati a girare ed entrare nella bocca, grande circa 50 metri. Alcuni di questi tonni che non entravano facevano il giro più largo e incontravano un’altra rete che li faceva tornare indietro. Sulla bocca c’erano delle barche con dei marinai che avevano delle lenze lunghe con delle pietre. Quando i tonni davano il segnale al rais e lui decideva se alzare la rete. I tonni – conclude – entravano poco alla volta nella culica, l’unica camera dove c’erano le reti sul fondo“.
I plastici, come ci hanno raccontato Sapienza e Cernuto, hanno una notevole importanza. Infatti tramite questi modelli in miniatura mostrano ai ragazzi delle scuole come avveniva la mattanza in passato. Una missione importante quella portata avanti dal museo: tramandare e rendere ancora vive, per quanto possibile, tradizioni che mostrano ai più giovani le loro radici e le loro origini. “Il tonno non si pesca più con la tonnara. Facciamo questa opera di memoria e di identità per dimostriamo che il nostro territorio era pieno di realtà da tramandare, altrimenti perdiamo l’aspetto più importante della nostra società“.
IL TONNO ROSSO E’ COME IL MAIALE: NON SI BUTTA VIA NIENTE
Già… del tonno non si butta via nulla. E ce l’ha dimostrato Stefano Vitale, commerciante e produttore di bottarga, spiegandoci tutte le fasi di lavorazione.
“I tagli – ci ha mostrato – vengono vengono messe in salamoia e lasciate riposare per alcune ore, anche 12-24 ore, in base ad alcuni fattori. Poi viene svuotata, lavorata e messa in un ricovero ricoperta di sale e pressata. In base alla grandezza della bottarga ci vogliono circa 30-40 giorni di lavorazione. Parte fondamentale di tutta la lavorazione è il sale. Una volta uscita – conclude – viene appesa, essiccata e si passa alla fase della stagionatura“.
Ma non solo: la ventresca, il filetto, il tarantello o il mosciame… sono veramente tante le parti ricavabili, da lavorare e da gustare.
Molte di queste preparazioni sono anche tipiche di uno specifico periodo dell’anno. E’ proprio il caso della bottarga o della ventresca, molto richieste sotto le festività natalizie.
SOSTENIBILITA’ DEGLI ECOSTISTEMI MARINI
Dal passato siamo ritornati al presente e abbiamo trattato temi di grandissimi attualità, come la difesa degli ecosistemi marini e la sostenibilità.
“Il tonno è un grosso pelagico che segue delle rotte anche nel sottobacino del tirreno, dove appunto ci troviamo. L’Area Marina Protetta non è votata alla protezione specifica di questa specie ma porta comunque avanti delle buone prassi legate alle pratiche di conservazione dell’ambiente, di tutela dell’habitat“. A dichiararlo è stata Giulia Visconti, direttrice dell’Area Marina Protetta “Capo Milazzo”.
“Tra le tecniche di pesca attuali quella artigianale, come ormai sostenuto da tanti studi sia a livello nazionale che internazionale, è tra le più sostenibili. L’Area Marina Protetta – conclude – collabora costantemente con la marineria garantendo le buone prassi e divulgando l’attività di pesca sostenibile“.
Di questi temi ne abbiamo parlato anche all’Università di Messina con un ricercatore di zoologia, Gioele Capillo. “Creare una stima delle quantità di tonno rosso nell’area, considerando che è una specie migratoria, sarebbe difficile. Sicuramente possiamo dire con certezza che nello Stretto di Messina, area anche di riproduzione dove trovano nutrimento in abbondanza, insistono e sono presenti tutto l’anno“.
“Sostenibilità e pesca sono due termini che potrebbero sembrare contrastanti ma dobbiamo andare a focalizzarci verso quale sostenibilità ci interessa: delle catture, ambientale o economica. Possiamo andare a considerare quella che è la sostenibilità delle attività di pesca in diversi casi, che tendono a basarsi sulla conoscenza degli ecosistemi. Le tipologie di pesca – conclude – sono numerosissime e diversificate in base al target“.
LA RICETTA
Al termine della puntata ci siamo spostati in cucina, dal nostro chef Roberto Cascino. Per l’occasione la ricetta a base di tonno rosso che ci ha proposto è la trance di tonno alla messinese: una preparazione semplice, gustosa per tutti i palati, e pensata per soddisfare tutta la famiglia. Per riprodurla, conoscere gli ingredienti, tutti i segreti e le curiosità basta vedere la puntata.